n. 10 - ottobre 2023

 Andrea Esposito, AORN Santobono-Pausilipon- Napoli

Utilità dell’ecografia tiroidea nel follow-up dei pazienti sopravvissuti al cancro infantile dopo radioterapia

Horm Res Paediatr. 2023 Sep 18;1-11. doi: 10.1159/000531241. Online ahead of print.

https://karger.com/hrp/article/doi/10.1159/000531241/854135/Thyroid-Ultrasound-Screening-in-Childhood-Cancer

Thyroid Ultrasound Screening in Childhood Cancer Survivors following Radiotherapy

Lo screening ecografico della tiroide nei sopravvissuti al cancro infantile dopo radioterapia

Julia A Baran1, Stephen Halada2, Andrew J Bauer2,3, Yimei Li4, Amber Isaza2, Tasleema Patel2, Lindsay Sisko2, Jill P Ginsberg3,5, Ken Kazahaya3,6,7, N Scott Adzick3,8, Sogol Mostoufi-Moab2,3,5
1
Division of Endocrinology and Diabetes, The Thyroid Center, Children's Hospital of Philadelphia, Philadelphia, Pennsylvania, USA, baranj1@chop.edu.
2Division of Endocrinology and Diabetes, The Thyroid Center, Children's Hospital of Philadelphia, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
3Department of Pediatrics, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
4Department of Biostatistics and Epidemiology, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
5Division of Oncology, Children's Hospital of Philadelphia, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
6Division of Pediatric Otolaryngology, Children's Hospital of Philadelphia, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
7Department of Otorhinolaryngology: Head and Neck Surgery, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania, USA.
8Department of Surgery, Children's Hospital of Philadelphia, Philadelphia, Pennsylvania, USA.


Background: I pazienti sopravvissuti al cancro infantile presentano un rischio significativo di sviluppare complicanze endocrine in seguito all’esposizione alla radioterapia. Tra esse, sono comuni patologie tiroidee, noduli tiroidei e tumore differenziato della tiroide. Tale rischio persiste anche in età adulta e pertanto è consigliato un follow-up a lungo termine. Tuttavia, risulta ancora controverso quale sia il metodo ottimale di screening del tumore tiroideo indotto da radiazioni in questi pazienti. Infatti, alcune raccomandazioni consigliano l’utilizzo dell’ecografia periodica per una diagnosi più precoce mentre altre raccomandazioni consigliano l’esame clinico della tiroide cui aggiungere l’ecografia in presenza di noduli palpabili per ridurre il rischio di falsi positivi che possono determinare ansia e interventi non necessari.

Obiettivo dello studio: Valutare il beneficio clinico dell’utilizzo del follow-up ecografico periodico nei pazienti sopravvissuti al cancro infantile.

Metodi: Si tratta di uno studio retrospettivo condotto al Children’s Hospital di Philadelphia su pazienti con storia di radioterapia per cancro extratiroideo, sindrome da insufficienza midollare sottoposti ad irradiazione total-body o neuroblastoma ad alto rischio trattato con 131I-MIBG o irradiazione total-body seguiti dal gennaio 2002 a dicembre 2021.

Risultati: Sono stati analizzati 306 pazienti (172 maschi e 134 femmine). L’età media della diagnosi del tumore primitivo era di 4.8 anni; le neoplasie più comuni erano leucemia (32%), tumori del SNC (26%) e neuroblastoma (18%). Il 45% dei pazienti aveva ricevuto un’irradiazione total-body mentre altri un’irradiazione solo di alcune regioni. Il 53% aveva ricevuto una dose compresa tra 5 e 30 Gy mentre il 43% una dose superiore ai 30 Gy. La durata media del follow-up dopo la prima diagnosi è stata di 13.9 anni. Numerose sono state le endocrinopatie diagnosticate: ipotiroidismo (58% dei pazienti), deficit di ormone della crescita (56%), deficit di ormoni gonadici (29%), insufficienza surrenalica (13%).

Tali pazienti sono stati divisi per alcune delle analisi condotte in 3 gruppi in base all’età della radioterapia: < 3 anni, 3-10 anni e > 10 anni.

La sorveglianza ecografica della tiroide è stata iniziata ad una distanza media di 9.1 anni dalla radioterapia. Noduli tiroidei sono stati riscontrati nel 49% dei pazienti, nel 71% dei casi durante la prima ecografia. Di questi pazienti, il 61% presentava una patologia multinodulare e il 39% un nodulo singolo. L’età media al momento della diagnosi dei noduli tiroidei era 15.7 anni per il gruppo < 3 anni, 17.3 anni per il gruppo 3-10 anni e 22.1 anni per i pazienti > 10 anni (p<0.001). L’intervallo tra radioterapia e prima ecografia, l’intervallo tra radioterapia e il primo riscontro di noduli e l’incidenza dei noduli era inversamente proporzionale all’età al momento della radioterapia; infatti, sono stati riscontrati noduli nel 68% dei pazienti < 3 anni, 46% dei pazienti 3-10 anni e 39% dei pazienti > 10 anni. In una regressione logistica multivariata l’irradiazione prima dei 3 anni conferiva un rischio aumentato di 2.5 volte rispetto all’irradiazione dopo i 10 anni di sviluppare noduli; altri fattori di rischio indipendenti sono il sesso femminili e un maggiore intervallo tra radioterapia e la prima ecografia. Non c’era differenza tra la dose media dei pazienti con noduli (23 Gy; IQR = 13–50) rispetto a quelli senza noduli (25 Gy; IQR = 12–54; p=0.653). Il 59% dei pazienti con noduli aveva ricevuto una dose 5-30 Gy e il 40% una dose > 30.

Dei pazienti con noduli, il 37% ha praticato un agoaspirato. Il 14% dei pazienti è stato sottoposto a tiroidectomia; di essi il 64% presentava una neoplasia tiroidea all’esame istologico con un’incidenza globale del 9%. Nel 93% dei casi si trattava di carcinoma papillare della tiroide. Di essi il 68% presentava una patologia a basso rischio secondo i criteri American Thyroid Association, il 7% a rischio intermedio, il 25% a rischio elevato. Dei pazienti a rischio intermedio/alto, nel 55% dei casi il tumore non sarebbe stato riscontrato clinicamente a causa di una mancato dislocamento del margine anteriore della ghiandola. La dose media di radiazioni di questi pazienti era 23 Gy, il 61% aveva ricevuto una dose compresa tra 5 e 30 e il 39% una dose superiore a 10 Gy. Suddividendo i pazienti per età, l’incidenza è stata dell’11% nei pazienti < 10 anni e del 3% nei pazienti > 10 anni al momento dell’irradiazione. La distanza media tra la radioterapia e la diagnosi è stata di 11.4 anni.

Limiti dello studio :

  • Disegno retrospettivo
  • Monocentricità dello studio
  • Assenza di un gruppo di controllo
  • Eterogeneità della gestione post-radioterapia durante gli ultimi 20 anni
  • Perdita al follow-up di alcuni pazienti a causa della loro transizione all’età adulta


Conclusioni e commento : I risultati dello studio dimostrano un vantaggio della sorveglianza ecografica nei pazienti sopravvissuti al cancro infantile esposti a radioterapia al fine di identificare precocemente i noduli tiroidei e diagnosticare i casi di carcinoma tiroideo in uno stadio più precoce in assenza di un aumentato rischio di interventi aggiuntivi.

Inoltre, tali risultati suggeriscono:

  • un’influenza dell’età al momento dell’irradiazione sullo sviluppo di tumori tiroidei secondari con possibilità di programmi di sorveglianza personalizzati in base a tale parametro
  • la scarsa rilevanza della dose cumulativa di radiazioni sul rischio di sviluppare noduli tiroidei
  • l’importanza di un lungo follow-up di tali pazienti


 

 Giorgia Pepe, Dipartimento di Patologia Umana dell' adulto e dell'età evolutiva “G.Barresi”-Università di Messina

L’ormone anti-mulleriano (AMH) come predittore di pubertà spontanea e fertilità futura nelle pazienti con sindrome di Turner.
Clinical Endocrinology (Oxf). 2023 Sep 14. doi: 10.1111/cen.14971. Epub ahead of print.

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/cen.14971


Anti?Mullerian hormone and spontaneous puberty in a diverse US Turner syndrome clinic cohort: A cross?sectional study
Ormone anti-mulleriano e pubertà spontanea in una coorte americana di pazienti con sindrome di Turner: studio cross-sectional. 

Victoria H Bustamante 1Despoina M Galetaki 1Tazim Dowlut-McElroy 2Roopa Kanakatti Shankar 1 3 

1Division of Endocrinology, Children's National Hospital, Washington, District of Columbia, USA.
2Division of Gynecology, Children's National Hospital, Washington, District of Columbia, USA.
3The George Washington University School of Medicine, Washington, District of Columbia, USA.


Background: l’ormone anti-Mülleriano (AMH) è ampiamente considerato un marker affidabile di riserva ovarica. Recentemente, è stato altresì proposto come predittore di pubertà spontanea e di fertilità futura nella sindrome di Turner (TS). In particolare, è stato individuato un cut-off di AMH sierico < 0.56 ng/ml (4 pmol/l) come fattore predittivo di mancata pubertà spontanea e di possibile insufficienza ovarica prematura (POI) nelle adolescenti.  In queste pazienti, anche il dosaggio delle gonadotropine durante la minipubertà può fornire informazioni molto utili sulla funzionalità ovarica futura.

Obiettivi dello studio: lo studio si propone di descrivere la distribuzione di AMH in una coorte di pazienti con sindrome di Turner, valutando la correlazione tra AMH, pubertà spontanea e cariotipo. Obiettivo secondario è quello di valutare i livelli di gonadotropine ed AMH durante la minipubertà in un sottogruppo di queste pazienti.

Metodi: sono stati analizzati retrospettivamente i dati relativi alle pazienti afferite tra il 2019 ed il 2022 presso la Turner Syndrome multidisciplinary Clinic del Children’s National Hospital di Washington.

Sono stati valutati: età alla prima visita, età alla diagnosi di TS, cariotipo, dosaggio di AMH, dosaggio di gonadotropine se disponibile durante la finestra di minipubertà (2-9 mesi di vita), valutazione clinico-auxologica comprensiva di stadio puberale raggiunto.

Sono stati definiti come “telarca spontaneo” l’insorgenza di uno stadio B2 secondo Tanner prima dei 12 anni di età e “menarca spontaneo” l’insorgenza del menarca prima dei 14 anni, in assenza di supplementazione estrogenica. I livelli sierici di AMH sono stati considerati indosabili quando inferiori a 0.015 ng/ml (0.11 pmol/l).

Risultati: sono state reclutate 114 pazienti con TS (età media: 9.6 anni; range: 0.08-22 anni). L’AMH è stato dosato in 104/114 pazienti ad un’età media di 9.45 anni: solo il 38% (40 pazienti) aveva livelli dosabili di AMH (> 0.015 ng/ml), ed il 9.6% (10 pazienti) aveva livelli di AMH> 0.56 ng/ml. I valori medi di AMH erano significativamente più alti nelle pazienti con mosaicismo 45,X0/46,XX rispetto alle monosomie ed alle alterazioni strutturali del cromosoma X. L’insorgenza di telarca spontaneo è stata documentata nel 44% delle pazienti in età post-puberale (28/63). Di queste, 13 hanno riportato la comparsa spontanea del menarca. I livelli sierici medi di AMH erano significativamente più elevati in queste pazienti, ed in particolare nelle ragazze con menarca spontaneo se confrontate con le pazienti con telarca spontaneo ma senza menarca.

La valutazione ormonale durante la minipubertà è stata effettuata in 10/114 pazienti (tra 2 e 9 mesi di vita), delle quali 5/10 con cariotipo 45,X0, 1/10 con mosaicismo 45,X/46,XY e 4/10 con alterazioni strutturali della X. Valori dosabili di AMH sono stati evidenziati solo in 2/10 bambine; in queste stesse pazienti i livelli di LH erano significativamente più bassi rispetto alle coetanee.

All’82% delle pazienti (94/114) è stata offerta una consulenza dedicata alla preservazione della fertilità (ad un’età media di 10.7±5.7 anni) ed in totale 4 ragazze sono state sottoposte a criopresevazione di tessuto ovarico.

Conclusioni e commento: questo studio retrospettivo ha il merito di avere esplorato la correlazione tra AMH e pubertà spontanea in un’ampia coorte di pazienti con sindrome di Turner, estendendo la ricerca, per la prima volta in letteratura, anche al rapporto tra AMH e gonadotropine nella finestra temporale della minipubertà.

In accordo coi dati della letteratura, si conferma non solo la correlazione dell’ AMH non solo col cariotipo ma anche con la pubertà spontanea, sebbene il disegno retrospettivo dello studio non consenta di ottenere un monitoraggio longitudinale delle pazienti, che sarebbe stato necessario per verificare l’eventuale incidenza successiva di POI.

In merito al noto ruolo dell’AMH come predittore di riserva ovarica, le linee guida per il management della criopreservazione ovarica si basano attualmente sui valori di tale ormone per predire la risposta ovarica e personalizzare la terapia durante le procedure di fecondazione in vitro.

Ad oggi l’opzione di criopreservazione ovarica nella TS è ancora sperimentale a causa delle numerose implicazioni cliniche, psicologiche ed etiche derivanti non solo dalla giovane età delle pazienti nel momento di acquisizione del consenso, ma anche per l’aumentato rischio materno-fetale nel contesto di una gravidanza ottenuta in queste pazienti.

In conclusione, lo studio ha reclutato la coorte americana di pazienti TS più numerosa su cui sia stato dosato l’AMH, confermando la correlazione tra AMH, cariotipo e pubertà spontanea. Sono tuttavia evidenti alcuni limiti, legati al disegno retrospettivo ed all’ampia variabilità dei livelli di AMH intra e interindividuali, in quanto il dosaggio è stato effettuato ad età diverse e con metodica non centralizzata. E’ degna di nota anche la correlazione emersa tra AMH e gonadotropine durante la minipubertà, sebbene questi dati siano stati ottenuti su un sottogruppo di pazienti molto esiguo per trarre conclusioni definitive.

Studi più ampi e longitudinali sono necessari per definire ed approfondire il ruolo dell’AMH, che in questa specifica categoria di pazienti necessita di ulteriori approfondimenti, fin dal momento della minipubertà, in previsione della fertilità futura e del management complessivo di queste pazienti.   

 

 Sara Ciccone, Pediatria - Ospedale M. Bufalini - Cesena

Riserva di cortisolo nella SAG non classica: quando la genetica conta

Genotype-Specific Cortisol Reserve in a Cohort of Subjects with Non-Classic Congenital Adrenal Hyperplasia (NCCAH)

Riserva cortisolica genotipo-specifica in una coorte di pazienti con iperplasia surrenalica congenita non classica

J Clin Endocrinol Metab. 2023 Sep 16;dgad546. doi: 10.1210/clinem/dgad546. Online ahead of print.

https://academic.oup.com/jcem/advance-article-abstract/doi/10.1210/clinem/dgad546/7275656?redirectedFrom=fulltext

Ilana Koren1,2 , Naomi Weintrob3 , Rebekka Kebesch1, Hussein Majdoub1, Nili Stein4, Shulamit Naor 5, Anat Segev-Becker3,6
1
Pediatric Endocrinology Unit, Carmel Medical Center, Clalit Health Services, Haifa, Israel.
2Faculty of Medicine, Technion-Israel Institute of Technology, Haifa, Israel.
3Pediatric Endocrinology and Diabetes Unit, Dana-Dwek Children's Hospital, Tel Aviv Sourasky Medical Center, Tel Aviv, Israel.
4Statistics Unit, Carmel Medical Center, Clalit Health Services, Haifa, Israel.
5Endocrine laboratory, Clalit Health Services, Haifa, Israel.
6Faculty of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv, Israel.

Background: Lo spettro fenotipico del deficit di 21-idrossilasi spazia dalla forma classica con perdita di sali e a rischio di vita a forme non classiche (NCCAH) più lievi con normale riserva di cortisolo. Le attuali linee guida suggeriscono nei soggetti asintomatici di sospendere la terapia con idrocortisone al raggiungimento della statura definitiva, indipendentemente dal genotipo o dalla riserva di cortisolo.

Obiettivo dello studio: Confrontare i livelli di cortisolo dopo stimolo nei pazienti portatori di due mutazioni lievi (mild/mild) rispetto a quelli portatori di una mutazione lieve e una severa (mild/severe).

Metodi: Studio retrospettivo monocentrico condotto tra inizio 2000 e fine 2019 su 122 pazienti con virilizzazione postnatale (di cui 91 femmine, età media 9 anni, range 0.1-40 anni), classificati come NCCAH e sottoposti ad ACTH test a dosi standard. I pazienti con 17OHP >40 nmol/l venivano sottoposti ad analisi genetica per le nove più frequenti mutazioni del gene CYP21A2 seguita da MLPA. Un deficit parziale di cortisolo era definito da valori dopo stimolo <500 nmol/L (18 mcg/dl).

Risultati: 77 pazienti presentavano genotipo mild/mild, 29 presentavano genotipo mild/severe, 16 presentavano una sola mutazione e venivano esclusi dall’analisi. I valori di cortisolo dopo stimolo erano significativamente più bassi nel gruppo mild/severe vs mild/mild (480 ± 90 vs. 570 ±125 nmol/L, p<0.001). Il gruppo mild/severe ha mostrato un tasso più elevato di insufficienza surrenalica parziale (21/28, 75% vs. 28/71, 39%, p= 0.004).

Conclusioni e commento: Questo interessante studio israeliano pone l’attenzione su un argomento clinicamente rilevante. Gli stessi Autori avevano precedentemente riportato che i pazienti con NCCAH e genotipo mild/severe presentano un pubarca e/o un gonadarca più precoci, raggiungono una statura finale inferiore e mostrano più alti livelli di 17OHP, collocandosi tra la forma classica e quella non classica. In questo studio, gli Autori dimostrano che questi pazienti presentano anche un’alta frequenza di insufficienza surrenalica parziale (75%). Appare quindi fondamentale valutare in questi soggetti la risposta cortisolica ed eventualmente rivalutarla prima di proporre una sospensione della terapia, raccomandando la stress dose negli asintomatici con riserva ridotta.

Tra i punti di forza dello studio bisogna sicuramente annoverare la numerosità campionaria e l’esclusione dei pazienti con una sola mutazione all’analisi molecolare. Tuttavia, un limite è rappresentato dal dosaggio degli ormoni steroidei tramite immunoassay piuttosto che HPLC, ad oggi la metodica gold standard ma di uso limitato in quanto costosa ed estremamente impegnativa da un punto di vista laboratoristico.

 Considerata la rilevanza clinica di tali dati, sarebbe auspicabile uno studio con numerosità maggiore ed analisi differenziata per fasce d’età, che potrebbe contribuire ad un aggiornamento delle attuali linee guida per il management di tali pazienti.