n. 09 - settembre 2023

 Beatrice Righi - Dipartimento Materno-Infantile, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia

Esami genetici nella bassa statura familiare: quando utilizzarli?

Endocr Connect. 2023 Aug 1:EC-23-0238. Epub ahead of print. doi: 10.1530/EC-23-0238. PMID: 37561071.

https://ec.bioscientifica.com/view/journals/ec/aop/ec-23-0238/ec-23-0238.xml

 

 Analysis of children with familial short stature: who should be indicated for genetic testing?

Analisi di bambini con bassa statura familiare: chi dovrebbe essere sottoposto ad approfondimenti genetici?

Lukas Plachý1Lenka Petruzelkova1Petra Dušátková1Klara Maratova1Dana Zemkova1Lenka Elblova1, Vit Neuman1,Stanislava Kolouskova1, Barbora Obermannova1, Marta Snajderova1, Zdenek Sumnik1, Jan Lebl1, Stepanka Pruhova1

1 Department of Pediatrics, Motol University Hospital, Prague, Czech Republic

Background: L’eziologia della bassa statura familiare (BSF) è eterogenea e tradizionalmente attribuita ad eredità poligenica, ma studi recenti hanno dimostrato che disordini di crescita a trasmissione monogenica sembrano essere più frequenti di quanto precedentemente atteso. Mutazioni di singoli geni regolatori della cartilagine di accrescimento , nell’asse GH-IGF, nella morfogenesi e nella differenziazione ipofisaria sono stati precedentemente identificati in casi di BSF, tuttavia per la maggior parte dei bambini con BSF l’esatta causa del loro disturbo di crescita rimane sconosciuta. Inoltre, alcune caratteristiche cliniche come bassa statura severa, parametri neonatali sfavorevoli, evidenza clinica di displasia ossea, sembrano associate più facilmente ad eziologia monogenica di bassa statura, ma tali predittori clinici non sono stati ancora validati.

Lo studio si propone di valutare la proporzione e l’eziopatogenesi di BSF monogenica e determinarne i predittori clinici.

 

Materiali e metodi:

  • Pazienti:
  • Criteri di inclusione: dei 747 bambini trattati con GH, previa esclusione di pazienti con Sd di Turner/Prader-Willy e pazienti con cause secondarie di bassa statura, sono stati arruolati 95 bambini con BSF. Tali pazienti presentavano le seguenti caratteristiche: età 12 anni (IQR 9-15 anni), minima altezza raggiunta -3.0 DS (da -3.5 a -2.7 DS), altezza del genitore più basso -2.7 DS (da -2.9 a -2.2 DS), trattamento con GH per 5 anni (3-7 anni) con dose media il primo anno di trattamento di 33 µg/kg/die (31-35 µg/kg/die). 64/95 (67%) dei bambini presentava deficit di GH (GHD), 17 dei quali con picco di GH al test di stimolo < a 5 µg/l. 51% erano nati piccoli per età gestazionale (SGA), 20% presentavano entrambe le caratteristiche GHD e SGA.
    • Valutazione clinica prima dello studio: antropometria, parametri alla nascita, età ossea sec. Tanner-Whitehouse, altezza dei genitori misurata e altezza dei parenti più prossimi riferita. Le diagnosi di GHD e SGA sono state definite in accordo con le linee guida.
  • Analisi genetiche:
  • Analisi genetiche prima dello studio: tutti i pazienti sono stati sottoposti ad analisi genetiche prima dello studio. In tutte le femmine è stata eseguita ibridazione fluorescente in situ (FISH) per ricerca di Sd di Turner e aplo-insufficienza del gene SHOX; in tutti i maschi con bassa statura e sproporzioni corporee confermate è stata ricercato il deficit del gene SHOX (SHOX-D) usando il sequenziamento Sanger e l’amplificazione multipla ligando-dipendente  della sonda (MLPA). Nei bambini con sospetto clinico di uno specifico disturbo genetico, è stata eseguita analisi genetica mirata. In 11 bambini l’analisi genetica è stata dirimente prima dello studio (geni SHOX [6], ACAN [2], PTPN11[2], NF1).
  • Analisi di next-generation sequencing (NGS): i bambini con causa precedentemente non chiarita di BSF sono stati successivamente sottoposti a prelievo ematico per analisi genetica tramite NGS: di questi, 26 pazienti con disturbo severo (altezza < 2.5 DS) sono stati sottoposti a whole-exome sequencing (WES) mentre 58 sono stati sottoposti a pannello NGS per 398 geni associati o potenzialmente associati alla crescita.
  • Valutazione dei risultati genetici: Tutte le varianti con potenziale importanza clinica individuate mediante NGS sono state confermate tramite sequenziamento Sanger e sono state successivamente classificate secondo gli standard e le linee guida dell’American College of Medical Genetics and Genomics (ACMG). L’analisi di segregazione è stata poi eseguita sul DNA dei parenti. Infine, tutte le varianti sono state classificate come patogenetiche, probabilmente patogenetiche, benigne, probabilmente benigne o di significato incerto.

Risultati:

  • Complessivamente, in 76/95 (80%) bambini con BSF trattati con GH è stata trovata almeno una variante genetica di potenziale importanza clinica in geni coinvolti nell’accrescimento. Una causa monogenica (patogenetica o probabilmente patogenetica) è stata trovata in 36/95 (38%) bambini. Di questi, 29 (81%) erano portatori di varianti genetiche che coinvolgevano la cartilagine di accrescimento (SHOX [6], COL2A1 [5], COL11A1 [2], NPR2 [4], ACAN [2], FGFR3 [2], PTPN11 [2], COL11A2, COL1A2, COMP, MATN3, EXT2, NF1) e 4 (11%) bambini erano portatori di varianti che coinvolgevano geni dell’asse GH-IGF1 (GHSR, HMGA2, IGFALS, OTX2); i restanti 3 erano portatori di varianti in altri geni (TRHR, SALL4, MBTPS2). In 35/36 bambini le varianti erano state ereditate in eterozigosi dal genitore con altezza minore, in un bambino la variante di SALL4 era stata ereditata dal genitore più alto con un difetto del radio. Rispetto ai bambini con eziologia non monogenica, quelli con BSF monogenica avevano genitori più bassi (p=0.015) e un minor ritardo dell’età ossea prima del trattamento con GH (p=0.026). Nei bambini con ritardo di età ossea inferiore a 0.4 anni e con il genitore più basso di altezza <2.4 SD, l’eziologia monogenica è stata riscontrata in 13/16 (81%) casi.

Altri parametri clinici inclusi i parametri di nascita, sproporzioni corporee, severità del disturbo di crescita o risposta al trattamento con GH non differivano tra i due gruppi.

Limitazioni: mancata esecuzione di studi funzionali, impossibilità di rilevare varianti non-coding da parte del metodo di NGS utilizzato, impossibilità di riconoscere varianti causative non presenti nel pannello NGS, difficoltà e soggettività nel riconoscere tipiche caratteristiche sindromiche sfumate di specifiche diagnosi.

 

Conclusioni e commento: l’eziologia monogenica è frequente in bambini con BSF trattati con GH e le varianti genetiche che riguardano la cartilagine di accrescimento, anche in assenza di segni clinici evidenti di displasia ossea, sono le più frequenti. Una minore altezza dei genitori e un minore ritardo dell’età ossea sembrano essere i migliori predittori clinici di BSF.

Considerata l’importanza clinica e prognostica di tali risultati nella gestione dei bambini con BSF, l’analisi NGS andrebbe considerata  (dopo esclusione della Sdr di Turner nelle femmine e di specifici disturbi di crescita legati a determinate caratteristiche cliniche – ad es: SHOX-D, Sd di Silver Russel, Sd di Noonan-) non solo in tutti i bambini con BSF candidabili alla terapia con GH ma anche nei nati SGA con bassa statura persistente e in coloro che presentano segni clinici di displasia ossea o ipopituitarismo congenito. 

 

 

 Salvatore Guercio Nuzio - UOC di Pediatria, Ospedale “Santa Maria della Speranza” di Battipaglia, Dipartimento della Salute, della Donna e del Bambino, ASL Salerno

Nuovi cut-off per sospettare un’obesità genetica

J Pediatr. 2023 Jul 18;262:113619. doi: 10.1016/j.jpeds.2023.113619. Epub ahead of print. PMID: 37473986.

https://www.jpeds.com/article/S0022-3476(23)00482-1/fulltext 

Genetic Obesity Disorders: Body Mass Index Trajectories and Age of Onset of Obesity Compared with Children with Obesity from the General Population

Disturbi dell'obesità genetica: traiettorie dell'indice di massa corporea ed età di insorgenza dell'obesità rispetto ai bambini con obesità della popolazione generale

O Abawi 1R J Wahab 2L Kleinendorst 3L A Blankers 1A E Brandsma 4E F C van Rossum 5B van der Voorn 6M M van Haelst 7R Gaillard 2E L T van den Akker 8

1Division of Endocrinology, Department of Pediatrics, Erasmus MC-Sophia, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Obesity Center CGG, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands.

2The Generation R Study Group, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Department of Pediatrics, Erasmus MC-Sophia, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands.

3Obesity Center CGG, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Department of Human Genetics, Section Clinical Genetics, Amsterdam UMC location University of Amsterdam, Amsterdam, The Netherlands.

4Obesity Center CGG, Maasstad Ziekenhuis, Rotterdam, The Netherlands.

5Obesity Center CGG, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Division of Endocrinology, Department of Internal Medicine, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands.

6Division of Endocrinology, Department of Pediatrics, Erasmus MC-Sophia, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Obesity Center CGG, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Division of Endocrinology, Department of Internal Medicine, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands.

7Department of Human Genetics, Section Clinical Genetics, Amsterdam UMC location University of Amsterdam, Amsterdam, The Netherlands.

8Division of Endocrinology, Department of Pediatrics, Erasmus MC-Sophia, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands; Obesity Center CGG, Erasmus MC, University Medical Center Rotterdam, Rotterdam, The Netherlands.


Background

Nel contesto dell’obesità genetica (distinta in sindromica e non), l’età in cui il limite di BMI per la definizione di obesità è stato superato per la prima volta (early age of onset of obesity, AoO) è una caratteristica fondamentale. Le attuali linee guida internazionali suggeriscono lo screening genetico in casi selezionati con un’età di insorgenza di obesità grave <5 anni (AoOsevere, AoOs), ma tale cut-off  non permette di distinguere tra obesità genetica sindromica e non e non è stato validato clinicamente. Lo scopo principale di questo studio è descrivere le traiettorie di BMI e AoO dei bambini con obesità genetica, confrontandole con dei controlli, cioè bambini della popolazione generale che hanno sviluppato obesità a un’età <10 anni. L’obiettivo secondario è identificare la performance diagnostica ottimale di un cut-off per le traiettorie di BMI e AoO per ridurre al minimo il numero di pazienti con obesità genetica che erroneamente non vengono sottoposti a screening genetico (falsi negativi).

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Materiali e metodi

Tutti i pazienti arruolati (0-18 anni di età) hanno eseguito test genetici approfonditi per la ricerca dei più importanti disordini genetici legati all’obesità (LEP, LEPR, POMC, PCSK1, MC4R, SIM1, ALMS1 e GNAS). La diagnosi genetica è comunque sempre confermata da un genetista clinico. In questo studio sono stati inclusi tutti i pazienti con diagnosi di obesità genetica avvenuta fra febbraio 2015 e marzo 2020. Tali pazienti sono stati classificati a loro volta in non sindromici (incluse le varianti patogene bialleliche o eterozigoti) e sindromici. Le traiettorie del BMI di questi pazienti sono state confrontate con un campione controllo di bambini con obesità multifattoriale, escludendo quelli con un BMI z-score >4 DS (n=25). Per tutti i bambini, sono state recuperate le misurazioni antropometriche del programma di screening nazionale olandese alle età di 0.75, 2, 3, 5, 8, 11, 14, mesi e 3 anni. Inoltre, per i pazienti con obesità genetica, sono state raccolte tutte le misurazioni precedenti di medici di base, pediatri, dietisti, e fisioterapisti. Anche durante il follow-up presso il centro di studio sono stati misurati peso e altezza. Per definire l’obesità e l’obesità grave sono stati utilizzati i cut-off della International Obesity Task Force mentre per i bambini sotto i 2 anni sono stati utilizzati i percentili WHO. L’AoO (early age of onset of obesity) è stata calcolata mediante interpolazione lineare tra l'ultima misurazione in cui un bambino non aveva obesità e la prima misurazione in cui lo stesso bambino presentava obesità.

 

 

Risultati

Sono stati inclusi 62 pazienti con obesità genetica: 29 non sindromici (di cui 10 avevano varianti bialleliche e 19 eterozigoti), 33 sindromici e 298 controlli con obesità non genetica. Il BMI SDS medio dei pazienti con obesità genetica è risultato pari a 3.1± 1.2. Sono state analizzate una media di 21 misurazioni di BMI per i bambini con obesità genetica e una media di 9 misurazioni di BMI nei controlli.

 

Traiettorie

I pazienti con obesità genetica non sindromica hanno mostrato un BMI SDS simile alla nascita rispetto ai controlli, con rapido aumento entro i primi 2 anni di vita, divenendo significativamente più alti già dall'età di 0.5 anni in poi. Il rapido aumento del BMI è più pronunciato nei pazienti con varianti bialleliche rispetto agli eterozigoti.

I pazienti con obesità genetica sindromica hanno mostrato un BMI SDS inferiore alla nascita rispetto ai controlli, con un aumento graduale del BMI fino a 5-6 anni di età. Il loro BMI SDS era significativamente più alto rispetto ai controlli solo tra i 3 e i 5 anni.

AoO

L’AoO risultava significativamente più basso sia nei pazienti non sindromici che in quelli sindromici rispetto ai controlli (p <0.01) ed era situato al di sotto del cut-off previsto dalle linee guida <5 anni in tutti i sottogruppi, compresi i controlli. I pazienti non sindromici con varianti bialleliche hanno mostrato un AoO inferiore rispetto ai pazienti con varianti eterozigoti (0.6 anni vs 2.3 anni; p<0.001). Entrambi i sottogruppi avevano un AoO più basso rispetto ai controlli (entrambe le p <0.01). L'AoO più basso è stato riscontrato in pazienti con obesità genetica non sindromica biallelica e pseudoipoparatiroidismo (PHP).

 

Valore predittivo delle traiettorie di BMI

L’utilizzo di AoO come singolo predittore per discriminare tra bambini con obesità genetica e controlli ha prodotto un’AUC di 0.79 per i pazienti non sindromici (p< 0.001) e 0.68 per i pazienti sindromici (p =0.001). Il cut-off di AoO ottimale per il manifestarsi di un’obesità genetica non sindromica è risultato essere ≤3.9 anni. Rispetto al cut-off previsto dalle linee guida (<5 anni), ciò ha prodotto risultati con sensibilità inferiore ma specificità più elevata. Il cut off di AoO ottimale per il manifestarsi di un’obesità genetica sindromica è risultato essere ≤4.7 anni. Rispetto al cut-off previsto dalle linee guida (<5 anni), la sensibilità è la stessa, mentre la specificità è leggermente più elevata. 

 

Punti di forza e limiti dello studio

Uno dei punti di forza dello studio è la coorte unica che comprende 13 rari casi di obesità genetica, diagnosticati grazie all’utilizzo di un ampio pannello di test genetici. Inoltre, occorre annoverare tra di essi la disponibilità di innumerevoli misurazioni di BMI per singolo paziente che hanno consentito stime precise di AoO nonché di dati longitudinali su controlli provenienti da un altro studio eseguito su bambini cresciuti nella stessa area geografica e nello stesso periodo dei pazienti partecipanti allo studio. Per quanto riguarda i limiti dello studio, bisogna innanzitutto considerare la mancata esecuzione di test genetici nei controlli. Inoltre, sono stati esclusi i controlli con un BMI SDS >4. Un’altra limitazione è la differenza nel disegno dello studio tra pazienti e controlli, anche se sono state utilizzate misure di crescita provenienti dal programma di screening nazionale olandese, riducendo così al minimo l’eterogeneità tra i gruppi. Infine, i limiti di AoO proposti dovrebbero essere validati prospetticamente in coorti di bambini non selezionati appartenenti a diverse popolazioni perché i medesimi cut-off potrebbero risentire di differenze razziali ed etniche.

 

Discussione e commenti

Lo studio dimostra la potenziale utilità di AoO nel determinare quali bambini con obesità ad esordio precoce sottoporre a test genetici, stabilendo il nuovo cut-off di 3.9 anni in caso di obesità genetica non sindromica. In caso di AoO meno precoci, nel sospetto di un’obesità genetica, la decisione di eseguire lo screening genetico dovrebbe essere sempre guidato innanzitutto dalla clinica. Inoltre, le traiettorie di BMI possono essere altresì di aiuto nel sospetto di obesità genetica.

In virtù della diminuzione dell'AoO quale conseguenza dell’aumentata prevalenza dei tassi di obesità infantile , l’identificazione precoce dei bambini con obesità genetica è cruciale al fine di un approccio terapeutico personalizzato che possa significativamente migliorarne il management.

 


 Egidio Candela - IRCCS AOU di Bologna - Policlinico Sant'Orsola - U.O. Pediatria Pession- Programma di Malattie Endocrino-Metaboliche

La pressione arteriosa nei bambini affetti da iperplasia surrenalica congenita dovuta a deficit di 21-idrossilasi: una sfida costante.

Blood Pressure in Children with Congenital Adrenal Hyperplasia Due To 21-Hydroxylase Deficiency

La pressione arteriosa nei bambini affetti da iperplasia surrenalica congenita dovuta a deficit di 21-idrossilasi.

Horm Res Paediatr. 2023 Aug 23. doi: 10.1159/000533465. Epub ahead of print. PMID: 37611560.

https://doi.org/10.1159/000533465

Chamila Balagamage 1,2, Neil R Lawrence2,3, Ruth Krone 1, Irina A Bacila2,3, Nils P Krone 2,3

1Department of Endocrinology, Birmingham Women's & Children's Hospital, Birmingham, UK.

2Department of Endocrimology, Sheffield Children's Hospital, Sheffield, UK.

3Department of Oncology and Metabolism, University of Sheffield, Sheffield, UK.

 

Background: Il management dell’iperplasia surrenalica congenita (CAH) richiede un adeguato trattamento sostitutivo con glucocorticoidi (GC), in una dose in grado di ridurre lo stimolo dato dall'ACTH e tuttavia di evitare gli effetti collaterali correlati ad un trattamento eccessivo. Nelle forme cliniche con perdita di sali il trattamento prevede anche una terapia sostitutiva con mineralcorticoidi e sodio cloruro. La gestione risulta esser impegnativa proprio a causa della difficoltà nel trovare il giusto equilibrio fra la necessità di simulare la variazione diurna del rilascio degli ormoni steroidei e diverse altre variabili, fra cui la progressiva maturazione dei recettori dei GC con l'età, l’aderenza alla terapia del paziente ed i possibili effetti collaterali di un trattamento che spesso necessita di una quantità di GC maggiore rispetto ai normali valori fisiologici. Uno degli effetti collaterali più rilevanti e frequenti nelle CAH risulta essere l’ipertensione arteriosa (IA) ed il correlato aumento del rischio cardiovascolare, solitamente diagnosticati quando il paziente raggiunge l'età adulta.

Materiali e metodi: sono stati esaminati 19 studi relativi alle variazioni di pressione arteriosa nella popolazione pediatrica affetta da CAH dovuta a deficit di 21-idrossilasi.

Risultati: La prevalenza di ipertensione arteriosa risulta essere più alta nei pazienti affetti da CAH soprattutto nei primi anni di vita, con una tendenza in decrescita man mano che i bambini passano dall’adolescenza all’età adulta. Il riscontro di IA è per lo più transitorio, mentre un’ipertensione arteriosa persistente è rara durante la prima infanzia ed è più evidente nell’adolescenza e nell’età adulta.

Non vi sono abbastanza evidenze in merito all’associazione tra IA e dose di GC o supplementazione con mineralcorticoidi e sodio cloruro, così come non è ben compresa la correlazione con gli effetti avversi del trattamento sia di natura cardiovascolare che metabolici. Manca inoltre un reale consenso riguardo il miglior approccio da attuare nell’impostazione della terapia sostitutiva che potrebbe mitigare il rischio di ipertensione. In particolare, vi sono ancora poche evidenze riguardo la dose ottimale da somministrare della terapia con mineralcorticoidi.

Nei giovani adulti con CAH, la morbilità cardiovascolare è più elevata e un aumento dello spessore dell'intima-media carotidea è stato descritto come marker precoce del rischio, associato a livelli di pressione arteriosa persistentemente elevati. Tuttavia, le ultime linee guida non suggeriscono ancora uno screening specifico, da effettuare di routine per la valutazione del rischio cardiovascolare nei bambini e negli adolescenti con CAH.

Conclusioni e commenti: Il comune riscontro, nella pratica clinica quotidiana, di valori di pressione arteriosa ai limiti superiori di norma nei pazienti con CAH risulta esser spesso motivo di allarme oltre che di revisione dell’aggressività del trattamento sostitutivo. I dati finora raccolti, tuttavia, sono per lo più  ‘’tranquillizzanti’’ in quanto il riscontro di IA, soprattutto nei primi anni di vita, sembra esser per lo più isolato, transitorio, e non correlato ad un aumento di morbilità. Infine, la review evidenzia la necessità di prove più solide sugli impatti a lungo termine della IA nei bambini con CAH, ed incoraggia, trattandosi di una malattia rara, l’esecuzione di studi multicentrici longitudinali per indagare le relazioni causali tra le diverse strategie di trattamento.