n. 08 - agosto 2023

 
Raffaele Buganza, 
Endocrinologia Pediatrica, Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino                                                    

Terapia con semaglutide: una promettente alternativa nella lotta all’obesità pediatrica

Obesity (Silver Spring). 2023 Aug;31(8):2139-2149. doi: 10.1002/oby.23808. Epub 2023 Jul 9.

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/oby.23808

Reducing BMI below the obesity threshold in adolescents treated with once-weekly subcutaneous semaglutide 2.4 mg

Il trattamento settimanale con 2.4 mg di semaglutide per via sottocutanea riduce il BMI al di sotto della soglia dell’obesità negli adolescenti

Kelly AS1, Arslanian S2, Hesse D3, Iversen AT3, Körner A4,5, Schmidt S3, Sørrig R3, Weghuber D6, Jastreboff AM7.

 

1 Department of Pediatrics and Center for Pediatric Obesity Medicine, University of Minnesota Medical School, Minneapolis, Minnesota, USA.

2 Division of Pediatric Endocrinology, Diabetes and Metabolism, Center for Pediatric Research in Obesity and Metabolism, University of Pittsburgh School of Medicine, UPMC Children's Hospital of Pittsburgh, Pittsburgh, Pennsylvania, USA.

3 Novo Nordisk A/S, Søborg, Denmark.

4 Helmholtz Institute for Metabolic, Obesity and Vascular Research (HI-MAG) of the Helmholtz Zentrum München at the University of Leipzig and University Hospital Leipzig, Leipzig, Germany.

5 Center for Pediatric Research (CPL), Leipzig University, Medical Faculty, Hospital for Children and Adolescents, Leipzig, Germany.

6 Department of Pediatrics, Paracelsus Medical University, Salzburg, Austria.

7 Department of Medicine (Endocrinology and Metabolism) and Department of Pediatrics (Pediatric Endocrinology), Yale University School of Medicine, New Haven, Connecticut, USA.

Background: Semaglutide è un analogo long-acting di GLP-1 a somministrazione sottocutanea settimanale che riveste un ruolo di primo piano nel campo delle nuove opzioni terapeutiche per l’obesità pediatrica. Infatti, i risultati dello studio Semaglutide Treatment Effect in People with obesity (STEP) TEENS del 2022 hanno evidenziato un miglioramento significativo non solo del BMI ma anche di alcuni parametri metabolici dopo 68 settimane negli adolescenti trattati. Tuttavia, l’efficacia clinica della terapia non era stata ulteriormente valutata.

Lo studio si propone di valutare in questa coorte di adolescenti il miglioramento di categoria di BMI e la quantità di pazienti con BMI inferiore al cut-off per obesità dopo 68 settimane di terapia.

 

Metodi dello studio: STEP TEENS, su cui si basa questo nuovo lavoro, era uno studio di fase 3 di 68 settimane in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo, su 201 adolescenti (di cui 180 hanno concluso lo studio) di età tra 12 e 18 anni con sovrappeso o obesità e almeno una comorbidità ad essi correlata. Per questa analisi post-hoc è stato escluso l’unico paziente in sovrappeso. Sono state utilizzate come riferimento per la valutazione del BMI le curve CDC per classificare i pazienti nelle diverse categorie di normopeso, sovrappeso, obesità di classe (OC) I, II e III.

 

Risultati dello studio: Il 44.9% dei soggetti del gruppo semaglutide ha ottenuto a fine studio una riclassificazione del BMI nelle categorie di normopeso o sovrappeso, rispetto al 12.1% del gruppo placebo. In particolare, per quanto riguarda le percentuali di soggetti nelle diverse classi di obesità, nel gruppo con semaglutide i soggetti con classe OC III sono diminuiti dal 37.3% al 13.6%, quelli con OC II dal 31.4% al 19.5% e quelli con OC I dal 31.4% al 22%, mentre nel gruppo placebo le percentuali sono aumentate dal 19.0% al 22.4% per OC III e diminuite dal 41.4% al 32.8% per OC II e dal 39.7% al 32.8% per OC I. L'odds ratio per il raggiungimento di un miglioramento di almeno una categoria di BMI è risultato significativamente maggiore per semaglutide rispetto al placebo (OR 23.5; IC 95%: 9.9-55.5). Alla settimana 68, il 73.7% dei soggetti trattati con semaglutide ha riportato un miglioramento di una o più categorie di BMI, rispetto al 19.0% del gruppo placebo. Un miglioramento di almeno due categorie di BMI si è verificato nel 44.9% dei soggetti trattati con semaglutide rispetto al 3.4% del gruppo placebo. Inoltre, per tutti i parametri metabolici valutati (circonferenza vita, LDL-C, trigliceridi, ALT, pressione diastolica e sistolica), eccetto HbA1c, il miglioramento è risultato maggiore tra i partecipanti che hanno raggiunto una riduzione di almeno due categorie di BMI.

 

Conclusioni e commento: Questa analisi post-hoc ha evidenziato come il trattamento con semaglutide negli adolescenti abbia comportato una riduzione della categoria di BMI in un’elevata percentuale di pazienti, con più del 40% dei soggetti che alla fine dello studio non presentava più obesità. È stato inoltre rimarcato come le risposte maggiori alla terapia, in termine di riduzione di categoria di BMI, siano risultate associate a miglioramenti più significativi dei parametri metabolici correlati al rischio cardiovascolare. Tali dati confermano come il trattamento con semaglutide risulti certamente tra le terapie attualmente più efficaci per il trattamento dell’obesità pediatrica, tuttavia saranno necessari studi più a lungo termine per valutare anche la persistenza dell’effetto nel tempo e l’eventuale recupero del peso dopo la sospensione del trattamento.

 

 
Valeria Castorani, Diabetologia pediatrica- IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

Boli pre-prandiali omessi e scarso controllo glicemico: impatto sulle funzioni neurocognitive e sulla morfologia dell’encefalo negli adolescenti con diabete mellito tipo 1.

Front Endocrinol (Lausanne). 2023 Apr 5;14:1141085.  doi: 10.3389/fendo.2023.1141085.

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fendo.2023.1141085/full

Missed meal boluses and poorer glycemic control impact on neurocognitive function may be associated with white matter integrity in adolescents with type 1 diabetes

L’impatto dei boli prandiali omessi e di uno scarso controllo glicemico sulle funzioni neurocognitive potrebbe essere associato all’integrità della sostanza bianca negli adolescenti con diabete mellito tipo 1

Edna Litmanovitch 1, Ronny Geva 1 2, Avital Leshem 3, Mirit Lezinger 4, Eli Heyman 4 5, Maor Gidron 2, Jessica Yarmolovsky 2, Efrat Sasson 6, Sigal Tal 5 6, Marianna Rachmiel 3 5

 

1The Gonda Multidisciplinary Brain Research Center, Bar Ilan University, Ramat Gan, Israel.

2Department of Psychology, The Developmental Neuropsychology Lab, Bar Ilan University, Ramat Gan, Israel.

3Pediatric Endocrinology and Diabetes Institute, Shamir (Assaf Harofeh) Medical Center, Be'er Ya'akov, Israel.

4Pediatric Neurology and Epilepsy Department, Shamir (Assaf Harofeh) Medical Center, Be'er Ya'akov, Israel.

5Sackler School of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv, Israel.

6Radiology Department, Shamir (Assaf Harofeh) Medical Center, Be'er Ya'akov, Israel.

 

Background: Le manifestazioni neurologiche, compresi i disturbi neurocognitivi e comportamentali, possono essere presenti fin dall'infanzia nei bambini con diabete mellito tipo 1 (T1D), soprattutto in quei pazienti con esordio molto precoce della patologia.

Nonostante i nuovi interventi terapeutici sempre più tecnologici, la maggior parte dei pazienti pediatrici (soprattutto adolescenti) con T1D non raggiunge gli obiettivi glicemici raccomandati. Una delle cause più comuni dello scarso controllo glico-metabolico e della sempre più frequente esposizione all’iperglicemia, è rappresentata da uno scorretto stile di vita che comprende spesso irregolarità dei pasti, assenza di un regime alimentare adeguato ma anche la frequente omissione di boli prandiali.

Lo studio ha lo scopo di valutare le differenze in specifiche abilità neurocognitive (quali apprendimento e memoria, capacità di inibizione, memoria verbale e semantica), con e senza erogazione di bolo di insulina pre-prandiale, analizzando contestualmente eventuali variazioni morfologiche/strutturali di neuro-imaging, correlabili o meno al controllo glicemico in una coorte di adolescenti con T1D rispetto ad un gruppo di controlli sani (fratelli sani di età simili).

Metodi: si tratta di uno studio caso-controllo condotto su 31 ragazzi con T1D di età compresa tra 12 e 18 anni in terapia insulinica basal-bolus da almeno 2 anni (nello specifico 8 in buon controllo glicemico e 9 in scarso controllo glicemico; durata media del diabete di 6.53 ± 4.1 anni) e sui loro fratelli sani (N = 13). Tutti i soggetti arruolati sono stati ricoverati in ospedale per 30 ore per eseguire un monitoraggio in continuo del glucosio ed essere sottoposti a test neurocognitivi effettuati per ciascun soggetto diabetico 2 volte (nello specifico in caso di bolo pre-pasto omesso con riscontro pertanto di glicemia post-prandiale > 240 mg/dl ed in caso di bolo correttamente erogato con riscontro di glicemia post-pasto ≤ 180 mg/dl). Questa variazione glicemica (randomizzata ed in cieco per ciascun paziente) è stata resa possibile grazie all’erogazione di un bolo di insulina rapida un giorno e la somministrazione di un’ iniezione di una soluzione di NaCl 0.9% un altro giorno.

Sono stati somministrati specifici test neurocognitivi  a tutti i soggetti arruolati (diabetici e controlli sani) all’inizio dello studio e successivamente a ciascun paziente con T1D 2 volte (in corso di normoglicemia e di iperglicemia post-prandiale). In tutti i partecipanti dello studio è stata poi eseguita RMN encefalo.

Risultati: è stata dimostrata un'associazione diretta e statisticamente significativa tra il controllo glicemico dei pazienti con T1D e le funzioni esecutive, la capacità di inibizione e di apprendimento, la memoria verbale e la memoria semantica (tutte le p<0.05). In particolare, coloro che avevano un controllo glicemico più scarso (valori di emoglobina glicata >8.3%) con una maggiore variabilità glicemica in corso di iperglicemia post-prandiale, presentavano risultati peggiori ai test cognitivi con una ridotta capacità procedurale, di apprendimento e di memoria verbale.

Differenze statisticamente significative fra controlli sani e pazienti diabetici sono state inoltre documentate relativamente agli aspetti morfologici dell’encefalo. Gli adolescenti con T1D hanno mostrato coefficienti di diffusione minori a livello di alcune componenti della sostanza bianca e della sostanza grigia con differenze significative anche a livello del corpo calloso (segmento parietale posteriore) che si presentava più denso, probabilmente sottoposto a rimodulazioni conseguenti ad eventi glicemici fuori target.  Inoltre, correlazioni significative si sono evidenziate tra le misure di diffusione cerebrale e i risultati dei test neurocognitivi nei soggetti con T1D rispetto ai controlli.

Conclusioni e commento: Sebbene condotto su un numero limitati di pazienti, lo studio evidenzia il potenziale deterioramento delle connessioni cerebrali responsabili dell’apprendimento, della memoria e della reattività negli adolescenti con T1D in scarso controllo glicemico con frequente esposizione all’iperglicemia. Pertanto, anche alla luce del sempre maggiore utilizzo di sistemi ibridi avanzati, diventa prioritario puntare ad obiettivi glicemici sempre più ambiziosi, minimizzando l’esposizione all’iperglicemia ed ottimizzando i target glicemici post-prandiali attraverso una corretta gestione dei boli prima di ogni pasto.

 


Valentina Assirelli, IRCCS AOU di Bologna - Università di Bologna, Policlinico Sant'Orsola, UO  Pediatria Specialistica Pession, Programma di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica e Malattie del Metabolismo, Bologna

Il ruolo del timing di inizio della terapia con GH nel rischio di ricorrenza del craniofaringioma in età pediatrica

J Clin Endocrinol Metab. 2023 Jul 14;108(8):1929-1936. doi:10.1210/clinem/dgad079.

https://academic.oup.com/jcem/articleabstract/108/8/1929/7041103?redirectedFrom=fulltext&login=true

GH and Childhood-onset Craniopharyngioma: When to Initiate GH Replacement Therapy?
GH e craniofaringioma in età pediatrica: quando iniziare la terapia sostitutiva con GH?

Adrien Nguyen Quoc,1,2 Kévin Beccaria,2,3 Laura González Briceño,1 Graziella Pinto,1 Dinane Samara-Boustani,1 Athanasia Stoupa,1,4,5 Jacques Beltrand,1,2,4,5 Alix Besançon,1 Caroline Thalassinos,1 Stéphanie Puget,2,3 Thomas Blauwblomme,2,3 Claire Alapetite,6,7 Stéphanie Bolle,8,9 François Doz,2,10 Jacques Grill,11 Christelle Dufour,11 Franck Bourdeaut,10 Samuel Abbou,11 Léa Guerrini-Rousseau,11 Amaury Leruste,10 Séverine Brabant,12 Iphigénie Cavadias,1 Magali Viaud,1 Nathalie Boddaert,2,13 Michel Polak,1,2,4,5 and Dulanjalee Kariyawasam1,2,4,5

 

1 Paediatric Endocrinology, Diabetology, Gynaecology Department, Necker-Enfants Malades University Hospital, AP-HP Centre, 75015 Paris, France

2 Faculty of medicine, Université Paris Cité, 75006 Paris, France

3 Department of Pediatric Neurosurgery, Necker-Enfants Malades University Hospital, AP-HP Centre, 75015 Paris, France

4 Cochin Institute, INSERM U1016, 75014 Paris, France

5 IMAGINE Institute Affiliate, INSERM U1163, 75015 Paris, France

6 Radiation Oncology Department, Curie Institute, 75005 Paris, France

7 Radiation Department, Proton Center, 94800 Orsay, France

8 Department of Radiation Oncology, Gustave Roussy institute, 94800 Villejuif, France

9 ICPO (Institut Curie – Centre de Protonthérapie d’Orsay), 94800 Orsay, France

10SIREDO Center (Care, Innovation, Research in, Children, Adolescent and Young Adults Oncology), Curie Institute, 75005 Paris, France

11Child and Adolescent Cancer Department, Gustave Roussy institute, 94800 Villejuif, France

12Department of Functional Explorations, Necker-Enfants Malades University Hospital, AP-HP Centre, 75015 Paris, France

13Department of Paediatric Radiology, Necker-Enfants Malades University Hospital, AP-HP Centre, 75015 Paris, France

 

Background: Il craniofaringioma (CP) è un raro tumore cerebrale benigno della tasca di Rathke caratterizzato da un tasso significativo di ricorrenza o progressione dopo trattamento e da un’elevata incidenza di deficit di GH (GHD) quale complicanza endocrinologica. La terapia sostitutiva con GH (GHRT) determina molteplici benefici quali il miglioramento accrescitivo, ponderale e neuropsicologico, tuttavia l’effetto mitogenico e antiapoptotico del GH pone la questione tuttora aperta legata al rischio di ricorrenza tumorale.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di confrontare il tasso di ricorrenza o progressione tumorale nei pazienti con GHD trattati con GHRT prima o dopo i 12 mesi dal completamento della terapia del CP.

Metodi: si tratta di uno studio retrospettivo monocentrico che ha incluso tutti i pazienti < 18 anni affetti da craniofaringioma e con GHD in terapia con GH umano ricombinante (rhGH) presso la Neurochirurgia Pediatrica dell’Ospedale Necker di Parigi tra Febbraio 2003 e Novembre 2019. I pazienti sono stati divisi in 2 gruppi: i pazienti trattati con rhGH entro 12 mesi dal completamento della terapia per CP (<12 mesi) e i pazienti trattati con rhGH dopo almeno 12 mesi dal trattamento per CP (>12 mesi). Un sottogruppo del primo gruppo, trattato con rhGH tra 6 e 12 mesi dal completamento della terapia, è stato analizzato per ulteriore valutazione statistica. La GHRT (iniziata ad un dosaggio standard tra 0.025 e 0.030 mg/kg/die e modulata in base ai dati auxologici e ai livelli di IGF-1) veniva sospesa in caso di recidiva. Tutti i pazienti sono stati sottoposti allo stesso tipo di sorveglianza mediante imaging (RMN cerebrale ogni 3-4 mesi per i primi 2 anni e ogni 6 mesi per i successivi 3 anni, poi annuale). La progressione del residuo tumorale oppure la ricorrenza del tumore dopo resezione completa sono state considerate come nuovo evento.

Risultati: Sono stati inclusi nello studio 71 pazienti in GHRT dopo CP: 27 nel gruppo > 12 mesi (38%) con un range tra 14.9 e 21.5 mesi dal completamento della terapia e 44 nel gruppo < 12 mesi (62%) con un range tra 5.4 e 9.5 mesi. All’interno del gruppo <12 mesi, 29 pazienti sono stati trattati tra i 6 e i 12 mesi dopo l’ultimo trattamento. Nel gruppo trattato > 12 mesi, il trattamento con rhGH è stato iniziato in media a distanza di 16.6 mesi dal completamento della terapia, mentre nel gruppo trattato < 12 mesi la media è stata di 7.1 mesi. La mediana di follow-up è stata 7.9 anni senza differenza tra i gruppi. Dei 71 pazienti trattati con rhGH, 23 (32%) hanno sviluppato un nuovo evento tumorale durante il follow-up. Tuttavia, il tasso di evento era equivalente in entrambi i gruppi e il tempo mediano non mostrava differenze significative tra i due gruppi. Il tasso di sopravvivenza libero da eventi non differiva altresì tra i due gruppi.

Conclusioni e commento: i risultati dello studio hanno mostrato un tasso simile di ricorrenza di CP sia in caso di inizio precoce che tardivo della terapia con rhGH. Gli autori suggeriscono che un periodo di 6 mesi dal completamento della terapia possa essere considerato un tempo di attesa sufficiente e sicuro per iniziare GHRT nella tarda infanzia.

Punti di forza dello studio sono rappresentati dall’omogeneità del campione, da una buona numerosità e da un lungo follow-up, mentre tra le limitazioni si annoverano la mancanza di un gruppo di controllo e soprattutto la non chiara distinzione del sottogruppo 6-12 mesi rispetto al gruppo trattato < 12 mesi.

Si tratta di uno studio molto interessante che fornisce un nuovo dato utile per il management a lungo termine di questi pazienti. Considerato il miglioramento dell’outcome neuropsicologico, staturale e metabolico legato all’inizio precoce della terapia con  rhGH, studi prospettici più ampi saranno necessari per validare questi risultati.