n. 07 - luglio 2023

 Anastasia Ibba

Risposta dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene allo stress acuto in bambini con la sindrome di Prader-Willi: nuovi aspetti e conseguenze per la pratica clinica

Acute stress response of the HPA-axis in children with Prader-Willi syndrome: new insights and consequences for clinical practice

 Grootjen LN, Kerkhof GF, Juriaans AF, Trueba-Timmermans DJ, Hokken-Koelega ACS.

Frontiers Endocrinol (Lausanne). 2023 May 23;14:1146680 DOI=10.3389/fendo.2023.1146680  

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fendo.2023.1146680

Insufficienza cortico-surrenalica nei bambini affetti da Sindrome di Prader Willi.

Background

La sindrome di Prader-Willi (PWS) è una rara condizione da imprinting genetico caratterizzata da ipotonia, iperfagia e ritardo cognitivo. Sono stati anche riportati casi di sospetta insufficienza surrenalica centrale (CAI) in condizioni di stress in questa condizione. Questo studio prospettico si propone di valutare la prevalenza della CAI in risposta allo stress acuto in bambini con PWS utilizzando il test al metirapone (MTP). 

Metodi

Il test notturno al MTP è stato eseguito in 93 bambini con PWS. Con il passare del tempo 30 bambini hanno eseguito un secondo test, 11 un terzo e 2 un quarto. I bambini sono stati divisi in gruppi in base all’età (0-2 anni, 2-4 anni, 4-8 anni and > 8 anni). Il MTP è stato utilizzato al dosaggio di 30 mg/kg in singola dose. Sono stati eseguiti dosaggi plasmatici seriati durante la notte (ore 23.30, 4.00 , 6.00 e 7.30) di ACTH, 11-desossicortisolo (11-DOC) e cortisolo. Per la diagnosi di CAI gli autori hanno utilizzato il picco di ACTH ed il picco dell’ 11-DOC. Quando il picco di ACTH era >33 pmol/L, la risposta al test veniva considerata normale, per cui il paziente non era a rischio di CAI. Una risposta di ACTH con picco < 13 pmol/L a qualsiasi tempo, veniva considerata insufficiente. Se invece il picco di ACTH era tra 13 – 33 pmol/L la risposta veniva considerata subnormale. Mentre un picco di 11-DOC <200 nmol/L definiva una risposta subnormale.

Risultati

Sono stati eseguiti in totale 166 test con MTP, 13 dei quali sono stati scartati per risultati incompleti e 17 perché non conclusivi per inadeguata soppressione dei livelli di cortisolo. Cinquanta bambini avevano una delezione paterna e 34 una disomia uniparentale. L’età dei pazienti al primo test era 0.97 (0.48; 4.81) anni.

I risultati sono stati divisi in base al valore del picco di ACTH in: patologico < 13 pmol/L, subnormale 13 – 33 pmol/L, normale > 33 pmol/L. Solo un bambino ha presentato un picco di ACTH patologico. E’ stata riscontrata una correlazione inversa tra l’età e i livelli di ACTH e cortisolo. Infatti la prevalenza del picco subnormale di ACTH durante il MTP test variava tra i diversi gruppi d’età dal 22.2% al 70.0%. Non è stata invece riscontrata alcuna correlazione tra i livelli di 11-DOC e l’età, infatti la prevalenza del picco subnormale del 11-DOC non cambiava significativamente con l’età, dal 7.7% al 20.6%. La maggior parte dei bambini ha presentato il valore minimo del cortisolo alle ore 4.00, ma l’88.5% e l’83.8% non ha mostrato il picco di ACTH e di 11-DOC rispettivamente, nello stesso momento del valore minimo. Infatti il 75% dei bambini con età maggiore agli 8 anni ha presentato il picco di ACTH e 11-DOC alle 7.30. Il 60% dei bambini con età tra i 0 e i 2 anni ha presentato il picco di ACTH e il 50% il picco dell’ 11-DOC alle 6.00. Inoltre, nella maggior parte dei bambini più piccoli, il valore del cortisolo aumentava nuovamente (<200 nmol/L) dalle 7.30 suggerendo un rapido metabolismo del MTP in questo gruppo d’età.

Discussione e commento

In un precedente studio degli stessi autori, la prevalenza della CAI in risposta a stress acuto è risultata del 60%. La prevalenza è stata determinata considerando il picco di ACTH < 33 pmol/L suggerita da Steiner et al. Questo cut-off però potrebbe portare ad una sovrastima della diagnosi della CAI correlata allo stress acuto, per cui gli autori hanno deciso di differenziare tra risposta insufficiente con picco di ACTH < 13 pmol/L che necessita della terapia sostitutiva giornaliera con HC  e risposta subnormale con ACTH tra 13-33 pmol/L, che richiederebbe terapia sostitutiva con HC  solo in caso di stress acuto. Hanno inoltre associato al picco di ACTH la valutazione del picco di 11-DOC, considerandolo più appropriato.

Quest’ultimo, infatti,  sembra essere più accurato e meno dipendente dall’età rispetto al valore dell’ACTH in risposta al test con singola dose di MTP. Il test al MTP va ripetuto solo in caso di sospetto clinico. La risposta ritardata dell’ACTH e dell’ 11-DOC rispetto al valore minimo del cortisolo potrebbe essere la causa dello sviluppo di CAI durante lo stress acuto. Per questa ragione gli autori consigliano di trattare con HC i pazienti con PWS in caso di procedure chirurgiche o malattie acute gravi, mentre l’uso di HC durante episodi stressanti lievi o moderati della vita di tutti i giorni  non sarebbe indicato.

La forza di questo studio è l’ampia popolazione di bambini con PWS studiata per valutare la CAI dovuta allo stress acuto, tramite il test con MTP notturno con singola dose. Inoltre, è il primo studio che ha descritto i risultati del test MTP ripetuto nel tempo.

Bisogna però considerare che che i cut-off dei picchi di ACTH e 11-DOC utilizzati dagli autori in risposta al test con MPT, sono derivati da studi sull’adulto, non essendoci studi su bambini sani e valori di riferimento per la popolazione pediatrica. E’ certamente necessario stabilire dei cut-off nei bambini e adolescenti sani.

 

 Cristina Moracas

Un nuovo promettente strumento per la diagnosi di Deficit di GH in età pediatrica: l’IGF-1/IGFBP-3 ratio

J Clin Endocrinol Metab. 2023 Mar 10;108(4):986-994. doi: 10.1210/clinem/dgac609. PMID: 36251796.

https://academic.oup.com/jcem/article/108/4/986/6762305?login=true

 

Serum IGF-1 to IGFBP-3 Molar Ratio: A Promising Diagnostic Tool for Growth Hormone Deficiency in Children

Laith M. Haj-Ahmad1, Muhannad M. Mahmoud1, Nabil W. G. Sweis1, Isam Bsisu2, Ahmad M. Alghrabli3, Alaa M. Ibrahim4, and Ayman A. Zayed4

1 The University of Jordan School of Medicine, Amman 11942, Jordan

2 Department of Anesthesia and Intensive Care, The University of Jordan School of Medicine, Amman, Jordan

3 Department of Internal Medicine, Jordan University Hospital, Amman, Jordan

4 Division of Endocrinology, Diabetes and Metabolism, Department of Internal Medicine, The University of Jordan School of Medicine, Amman, Jordan

Background: La diagnosi di Deficit di Ormone della Crescita (GHD) rappresenta un processo complesso che richiede integrazione di dati anamnestici, clinici, laboratoristici e strumentali.

I test da stimolo, oltre ad avere numerosi svantaggi correlati alla procedura, presentano specificità e sensibilità non ottimali. La misurazione random dei livelli sierici di IGF-1 e IGFBP-3 riflette la quota di GH circolante, tuttavia tali valutazioni sono gravate da una bassa sensibilità per la diagnosi di GHD.

Il rapporto molare sierico IGF-1/IGFBP-3 è stato suggerito come indicatore surrogato dei livelli di IGF-1 biologicamente attivo. Un incremento di tale rapporto è stato osservato nei pazienti dopo l’inizio della terapia con GH in maniera proporzionale alla dose di ormone somministrato. Queste osservazioni suggeriscono che l’IGF-1 sierico sia più strettamente regolato dal GH rispetto all'IGFBP-3 e pertanto si presume che il GHD sia associato a una maggiore riduzione della IGF-1 sierica rispetto all’IGFBP-3 e, di conseguenza, ad una diminuzione del rapporto IGF-1/IGFBP-3.

Obiettivo dello studio: valutare l’utilità del rapporto molare sierico IGF-1/IGFBP-3 (IGF-1/IGFBP-3  ratio) nella diagnosi di GHD in una corte di bambini e adolescenti con bassa statura.

Metodi: sono stati valutati tutti i bambini (4-16 anni) che accedevano presso l’Ospedale Universitario della Giordania da Novembre 2014 a Novembre 2021 per bassa statura. Al fine di suddividere i pazienti in GHD e non-GHD, tutti sono stati sottoposti a test da stimolo con glucagone e con insulina e, in caso di risposta discordante, con clonidina.

Di tutti i pazienti sono stati inoltre valutati: IGF-1, IGFBP-3 e IGF-1/IGFBP-3 ratio, calcolato dopo trasformazione in concentrazioni molari dei due peotidi.  I valori di riferimento nella popolazione sana  sono stati ottenuti dall’analisi di sieri provenienti da 524 controlli sani con età 4-16 anni.

Risultati: Sono stati arruolati nello studio 235 bambini con bassa statura, di età media 10.7±3.3 anni (M/F=116/119). Di questi, 64 (27.2%) soddisfacevano i criteri per GHD. 56/64 affetti da GHD (87.5%) presentavano bassi livelli dell’ IGF-1/IGFBP-3 ratio, rispetto a 29/171 non-GHD (17.0%).

Tra tutte le variabili studiate, l’IGF-1/IGFBP-3 ratio rappresentava il parametro più sensibile per la diagnosi di GHD, con sensibilità pari all’ 87.5% ed un valore predittivo negativo pari al 94.7%. La specificità, tuttavia, risultava essere dell’83.0%, con valore predittivo positivo del  65.9%. 

La combinazione di bassi livelli di IGF-1, IGFBP-3, edell’  IGF-1/IGFBP-3 molar ratio, presentava la specificità più elevata (97.7%), tuttavia con una sensibilità del 29.7%.

Conclusioni: I dati riportati suggeriscono che l’IGF-1/IGFBP-3 ratio rappresenta un potenziale strumento per la diagnosi di GHD nei bambini, in assenza di altre cause che possono comportare riduzione dei livelli sierici di IGF-1, quali malnutrizione, ipotiroidismo, diabete, insufficienza renale. Saranno comunque necessari ulteriori studi volti a confermare l’utilità diagnostica di tale marcatore.

 

Andrea Scozzarella

Necessità di un nuovo approccio nella gestione del peso in pazienti adolescenti affetti da Diabete Mellito di Tipo 1.

 

Titolo originale: Formative Development of a Weight Management Intervention for Adolescents with Type 1 Diabetes Mellitus and Obesity

Pediatric Diabetes, Volume 2023, Article ID 9584419

https://doi.org/10.1155/2023/9584419

Jennifer Warnick ,1,2 Katherine E. Darling,1,2 Lisa Swartz Topor ,1 and Elissa Jelalian1,2

1Alpert Medical School of Brown University, Providence, USA

 2The Miriam Hospital, Providence, USA

 

Background:

La prevalenza del sovrappeso e dell’obesità nei soggetti con diabete mellito di tipo 1 (DM1) ha superato quella dei soggetti non diabetici. Il DM1 e l’obesità sono associati indipendentemente ad un incremento del rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre, i pazienti con DM1 ed obesità sviluppano insulino-resistenza che porta a un circolo vizioso caratterizzato da un aumento del peso e  del fabbisogno di insulina che, una volta avviato, è difficile da modificare. Risulta pertanto difficile applicare delle correzioni nello stile di vita di tali soggetti.  Questo accade spesso in quanto si tende a non sovraccaricare di responsabilità i pazienti affetti da DM1 che hanno già una gestione impegnativa della patologia di base. Le normali raccomandazioni per la gestione del peso quali la rimozione delle bibite zuccherate, l’esercizio fisico e la restrizione calorica, possono essere viste come contraddittorie dai paziente diabetici. Risulta quindi chiaro come sia necessario un management del peso specifico per i pazienti con DM1. La fascia maggiormente critica risulta essere quella adolescenziale. E’ qui infatti che si registra un rapido aumento di peso in quanto acquisiscono un certo grado di autonomia sia nell’alimentazione che nella gestione della patologia. Nell'arco della vita il periodo adolescenziale è quello con la media più alta di emoglobina glicata (HbA1C). Gli adolescenti con eccesso di peso sono anche ad alto rischio di sperimentare esiti psicosociali negativi, come depressione, bullismo legato al peso, ansia e diminuzione della qualità della vita.

Ci sono aspetti unici nella gestione del DM1 che possono ostacolare la corretta gestione del peso nei soggetti diabetici: (1) segnali di fame/sazietà disregolati dovuti a livelli di glucosio nel sangue fluttuanti, (2) variazioni del glucosio nel sangue associate all'attività fisica e (3) alimentazione dovuta a motivi diversi dalla fame (ad esempio, paura dell'ipoglicemia, trattare i bassi e in preparazione per l'attività fisica. Gli episodi di ipoglicemia sono spesso associati a fame intensa e richiedono il consumo di carboidrati ad azione rapida (ad esempio succhi e caramelle).

L'impegno nell'attività fisica può anche essere una barriera per gli adolescenti con DM1, dato l'impatto dell'attività fisica stesa sulla stabilità glicemica. In una precedente ricerca qualitativa, gli adolescenti con DM1 hanno espresso preoccupazioni relative al potenziale di episodi ipoglicemici durante e/o dopo l'esercizio fisico. La prevalenza di disturbi alimentari è maggiore tra gli adolescenti con DM1 rispetto ai coetanei senza diabete. Si stima che il 20-40% dei giovani con DM1 abbia utilizzato la manipolazione dell'insulina per la perdita di peso, tale fenomeno è noto con il termine di "diabulimia".

.Obiettivi dello studio:

Il seguente studio ha intervistato adolescenti con DM1, i loro caregivers ed endocrinologi pediatri per capire:

a) se fossero interessati ad un intervento nella gestione del peso adattato per i giovani con DM1

b) adattamenti specifici che vorrebbero e di cui avrebbero bisogno.

Metodi:

partecipanti allo studio:

-n° 12 adolescenti con DM1 e sovrappeso/obesità (criteri d’inclusione: età compresa fra i 13 ed 17 aa, diagnosi di DM1 almeno 6 mesi prima dell’arruolamento nello studio, BMI ³ dell’85° percentile  per età e sesso)

-n° 12 caregivers degli adolescenti

-n° 9 endocrinologi pediatri (con esperienza corrente nella gestione del DM1)

Sono state somministrate tre diverse interviste semistrutturate adeguate per ogni gruppo.

Le domande ad adolescenti e caregivers riguardavano: la conoscenza delle linee guida nazionali per uno stile di vita sano, la percezione dell’impegno del paziente stesso in questi comportamenti, l’interesse nel cambiamento, i modi in cui il diabete influisce su uno stile di vita sano e se ci sono mai state preoccupazioni riguardo il peso o la forma del corpo.

Agli endocrinologi sono state chieste informazioni riguardo: a) gestione delle comorbidità del DM1 e del sovrappeso/obesità; b) la modalità di interazione con i pazienti circa stile di vita sano, peso e management; c) informazioni riguardo le strutture in cui lavorano ( ex. presenza di team multidisciplinare, etc.); d) percezione della prevalenza e trattamento dei disordini alimentari tra i pazienti con DM1.

Nell’indagine sono stati utilizzati due score specifici:

  1. “Diabetes Eating Problems-Survey, Revised (DEPS- R)” : è un autovalutazione di 16 voci specifica per pazienti con DM1 che misura il disordine alimentare. Tale sistema utilizza una scala a 6 punti dove i punteggi piu alti indicano un maggior disordine alimentare. Lo score totale va da zero a 89. Non esistono cutoff clinici per definire un disordine alimentare ma una score ≥ 20 è correlato con un aumentato rischio per complicanze diabetiche, Hb1Ac piu alte ed un aumentato rischio di diagnosi di disturbi alimentari.
  2. “Problem Areas In Diabetes, Teen version (PAID-T)”: è una misura di 26 elementi di disagio emotivo specifico negli adolescenti con DM1. Ogni elemento viene valutato con un punteggio da 1 a 6. Punteggi maggiori correlano con un maggiore disagio correlato al diabete; punteggi ≥44 indicano un disagio diabetico clinicamente significativo

I partecipanti hanno anche fornito il consenso alla raccolta dei principali dati clinici quali: data della diagnosi, Hb1Ac pù recente, TIR più recente, n° di visite endocrinologiche degli ultimi 5 aa ed il BMI più recente.

Risultati:

Partecipanti allo studio: 12 adolescenti con DM1, 12 caregivers e 9 pediatri endocrinologi.

Media del percentile del BMI: 96.42 (SD + 2.27); 10 dei 12 partecipanti soddisfacevano i criteri per obesità. La maggior parte dei partecipanti utilizza sistemi per il monitoraggio glicemico in continuo (CGM; 83.3%), il  75%  usava microinfusore mentre il restante 25% terapia multiniettiva (MDI). Tra coloro che disponevano di sistemi CGM la media del time in range (TIR) era del 57,43%. La media delle valutazioni endocrinologiche era di 2.2 visite/anno.

Media del PAID-T score: 36.83 (SD =15.2; range =16–65; 25% con score ≥44).

Media del DEPS-R: 22.50 (SD = 8.6; range = 5–33; 66.7% con score ≥20).

Sono stati identificati i seguenti macrotemi: (1) contenuto del programma, (2) messaggistica programmatica, (3) struttura del programma, (4) supporto sociale e (5) rischio di disturbi alimentari.

Discussione:

Nonostante i significativi rischi cardiovascolari legati alle complicanze del DM1 e all'eccesso di peso negli adolescenti, ci sono poche indicazioni specifiche per i giovani con DM1. L'analisi delle interviste ha mostrato un interesse da parte di tutti i partecipanti allo studio alla stesura di programmi per interventi comportamentali sullo stile di vita specifici per pazienti con DM1.

I giovani che hanno una malattia cronica, come l'obesità o il DM1, possono sentirsi isolati e non essere consapevoli di quanti altri condividano gli stessi timori. Infatti i partecipanti al presente studio hanno sottolineato la necessità di avere un supporto sociale correlato al DM1. I partecipanti hanno manifestato il desiderio di creare gruppi di supporto ed rimarcato l’importanza dei campi per diabetici. I campi infatti offrono ai giovani con DM1 l'opportunità di entrare in contatto con i coetanei, apprendere abilità di gestione della malattia e normalizzare la presenza di una malattia cronica. I partecipanti hanno suggerito molti altri argomenti da inserire all’interno del programma quali: l'educazione alimentare, l’attività fisica e la perdita di peso, l’evitare eventi ipoglicemici correlati all'attività fisica, suggerimenti su pasti/spuntini adeguati e discussioni sull’incidenza di uno stile di vita sano i. termini di controllo metabolico (Hb1Ac). Mentre l'idea di discutere direttamente del peso è stata accolta con qualche esitazione da parte degli operatori sanitari e degli endocrinologi, la maggior parte dei partecipanti ha convenuto che i messaggi sul peso dovrebbero essere sensibili, riducendo lo stigma del peso. E’ emersa anche la necessità di prestare attenzione alla salute mentale. Il burnout ed il disagio correlato al diabete tra gli adolescenti con DM1 sono infatti sia altamente correlati alla stabilità glicemica, sia fungono da barriera rispetto alle raccomandazioni sulla gestione della malattia. La psicoeducazione e lo sviluppo di abilità specifiche per il disagio correlato al diabete possono non solo aumentare l'accettabilità gli interventi sullo stile di vita, ma possono anche aiutare a migliorare la stabilità glicemica. I dati raccolti in questo studio sono allineati con quelli della letteratura riguardo l’alto rischio di disturbi alimentari tra gli adolescenti con DM1. Gli adolescenti hanno infatti maggiori probabilità di assumere comportamenti alimentari errati al fine di perdere peso, in quanto mancano di un’adeguata formazione sull’argomento. È fondamentale che i medici eseguano uno screening circa le abitudini alimentari tra i loro pazienti adolescenti. È altresì importante che le famiglie e gli operatori sanitari riconoscano i reali rischi cardiovascolari associati alla comorbilità del DM1 e dell’obesità e la conseguente importanza di affrontare l'eccesso di peso nei giovani con DM1.

Conclusioni

Le persone con DM1, in particolare i giovani, sono spesso escluse dalle raccomandazioni standard sulle norme di un corretto stile di vita a causa della complessa gestione della malattia. Questo studio fornisce risultati di pazienti che spesso non sono rappresentati nella letteratura all’interno di studi che riguardano gestione del peso. Un punto di forza dello studio sono i dati dettagliati forniti dalle interviste qualitative. Infatti, contrariamente alle misure di autovalutazione, il progetto di ricerca ha consentito ai partecipanti di fornire vari punti di vista diversificati fra loro.

La letteratura sui disturbi alimentari e sul sovrappeso/obesità tra i giovani con DM1 è limitata, sono pertanto necessari studi futuri sull’argomento.

I medici dovrebbero eseguire uno screening per disordini del comportamento alimentare tra tutti i loro adolescenti con DM1, in particolare quelli con sovrappeso o obesità. Mentre discutere del peso può essere un argomento delicato per alcuni, molti adolescenti con DM1 si sentono a proprio agio nel discutere di peso e preferirebbero apprendere skills efficaci nella gestione del peso piuttosto che non discuterne affatto. Sono inoltre disponibili corsi di formazione per i medici per discutere del peso con i pazienti in modo più sensibile.

Limiti dello studio:

-dimensioni del campione

-mancato coinvolgimento di medici di base ed educatori del diabete.

-partecipanti appartenenti ad un'area simile.