n. 09 dicembre 2022

 Sara Ciccone

Miglioramento della crescita staturale in bambini trapiantati di cellule staminali ematopoietiche trattati con GH

Improved growth with growth hormone treatment in children after hematopoietic stem cell transplantation

Clin Endocrinol (Oxf). 2022 Nov;97(5):596-603. doi: 10.1111/cen.14782. Epub 2022 Jun 1.

 https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/cen.14782

Carlijn A Hoekx 1, Dorine Bresters 1 2, Saskia le Cessie 3, Wilma Oostdijk 1, Sabine E Hannema 1

1Department of Pediatrics, Leiden University Medical Centre, Leiden, the Netherlands.

22Princess Máxima Center for Pediatric Oncology, Utrecht, the Netherlands.

3Department of Clinical Epidemiology, Leiden University Medical Center, Leiden, the Netherlands.

Background: Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) è gravato da significativi effetti collaterali a lungo termine tra cui lo scarso accrescimento. Sono disponibili pochi dati sull’efficacia del GH nel migliorare la statura finale in questi pazienti. Presso il Leiden University Medical Centre nei Paesi Bassi, dal 1997 il GH viene proposto routinariamente ai pazienti che soddisfino i seguenti criteri: 1) >2 anni da HSCT, 2) statura <-1.3 SDS, 3) deflessione VC >0.25 SDS in un anno o >1 SDS in più anni e/o crescita <target, 4) assenza di altre cause di scarso accrescimento, 5) assenza di controindicazioni alla terapia con GH, 6) età ossea <13 anni per le femmine, <15 anni per i maschi.

Metodi: Studio monocentrico retrospettivo su 34 pazienti trattati con GH per almeno un anno che presentavano i criteri sopra riportati e 68 controlli non sottoposti a GH, abbinati in base a sesso, indicazione a HSCT, età al HSCT e regime di condizionamento.

Outcome primario: valutare la AH-PAH, ovvero la differenza tra statura definitiva, AH e la statura predetta a inizio GH, PAH (o a età equivalente nei controlli) secondo il metodo Bailey-Pinneau. Outcome secondario: valutare la distanza tra statura definitiva e target genetico.

Risultati: La maggior parte dei pazienti e dei controlli (82%) era stata sottoposta a HSCT per neoplasie ematologiche maligne e a condizionamento con TBI (total body irradiation). I pazienti trattati con GH al momento del trapianto erano più giovani (6.8 vs 8.2 anni) e presentavano una statura inferiore (-1.4 vs -0.5 SDS); 29/34 erano stati sottoposti a test da stimolo per GH che avevano documentato in 7 un deficit parziale (GHD). La terapia con GH, eseguita al dosaggio di 0.04 mg/kg/die, era stata avviata all’età di 12.6±2.5 anni nei maschi e 10.7±2.2 anni nelle femmine e proseguita per una mediana di 3.7 (1.7-9.2) anni nei maschi e 4.9 (2.4-8.6) anni nelle femmine.

La AH-PAH SDS era significativamente maggiore nei pazienti trattati con GH rispetto ai controlli (maschi -0.5 ± 0.7 SDS vs controlli -1.5 ± 1.0 SDS, femmine +0.5 ± 0.6 SDS vs controlli -0.2 SDS ±0.7), senza differenze nei pazienti con GHD. La statura finale si manteneva circa 2 SDS sotto il target sia nei soggetti trattati che nei non trattati. Tra i trattati, il valore di AH-PAH era maggiore nei sottoposti a condizionamento con busulfano rispetto alla TBI. Lo studio non ha valutato la safety della terapia con GH ma gli Autori segnalano che due pazienti sottoposti a HSCT per talassemia sono stati esclusi dallo studio per aver interrotto il GH per epifisiolisi della testa del femore.

Conclusioni: il GH ha mostrato un effetto positivo sulla statura finale rispetto alla statura predetta, ma la statura finale si mantiene al di sotto del target. Le migliori stature definitive rispetto alle predette si sono osservate nelle femmine e nei pazienti sottoposti a condizionamento senza TBI.

Commento: Il GH è risultato da questo studio in grado di migliorare la statura definitiva in soggetti sottoposti a HSCT nonostante l’età media all’avvio (12 anni) e la breve durata mediana di trattamento (3.8 anni). In Italia è possibile attualmente proporre un trattamento con GH a questi pazienti solo in presenza di GHD oppure tramite deroga della Commissione Regionale GH; tale terapia va valutata con particolare cautela nei cancer survivors poichè risulta associata a seconda neoplasia. Sono necessari studi più ampi, possibilmente multicentrici e prospettici, per confermare l’effetto positivo del GH e indagare la safety in questi pazienti.

 

  Anastasia Ibba

Rapporto molare tra valori sierici di IGF-1 e IGFBP-3: un promettente strumento diagnostico per il deficit dell’ormone della crescita nei bambini

Serum IGF-1 to IGFBP-3 Molar Ratio: A Promising Diagnostic Tool for Growth Hormone Deficiency in Children

Rapporto IGF-1/IGFBP-3: valido strumento nella diagnosi di GHD nei bambini

 J Clin Endocrinol Metab. 2022 Oct 17:dgac609. doi: 10.1210/clinem/dgac609. Epub ahead of print.

https://academic.oup.com/jcem/advance-article-abstract/doi/10.1210/clinem/dgac609/6762305

Laith M. Haj-Ahmad1, Muhannad M. Mahmoud1, Nabil W. G. Sweis1, Isam Bsisu2, Ahmad M. Alghrabli3, Alaa M. Ibrahim4 and Ayman A. Zayed4

1 The University of Jordan School of Medicine, Amman 11942, Jordan

2 Department of Anesthesia and Intensive Care, The University of Jordan School of Medicine, Amman 11942, Jordan

3 Department of Internal Medicine, Jordan University Hospital, Amman 11942, Jordan

4 Division of Endocrinology, Diabetes and Metabolism, Department of Internal Medicine, The University of Jordan School of Medicine, Amman 11942, Jordan

Background

Il deficit di ormone della crescita (GHD) è una causa di bassa statura trattabile, la cui diagnosi però, è a tutt’oggi controversa per via della mancanza di un vero e condiviso gold standard.  Le linee guida per la diagnosi del GHD nei bambini richiedono l'integrazione di dati auxologici, la storia medica, le prove di laboratorio, che comprendono IGF-1 e/o IGFBP-3 e due test da stimolo del rilascio del GH patologici, e la risonanza magnetica (RM) encefalo-ipofisi. Ma gli stessi test da stimolo che sono ritenuti indispensabili per poter fare diagnosi, presentano delle criticità. Sono invasivi, possono avere effetti collaterali, hanno bassa specificità e sensibilità e i cut-off sono ancora arbitrari e variano da centro a centro. La comunità scientifica nell’ultimo decennio ha cercato alternative ai test da stimolo del GH, e diversi sono gli autori che hanno proposto l’utilizzo dei valori basali di IGF-1 e IGFBP-3, anche se, per entrambi, è stato dimostrato solo un ruolo di ausilio, ma non di sostituzione, al test da stimolo. Un altro possibile marker biochimico utile nella diagnosi del GHD sembrerebbe essere il rapporto molare tra i livelli sierici di IGF-1 e IGFBP-3. Come dimostrato in precedenza, durante la terapia con GH il rapporto tra IGF-1/IGFBP-3 aumenta proporzionalmente alla dose di GH poichè il valore di IGF-1 aumenterebbe maggiormente rispetto a quello dell’IGFBP-3. Questo è stato dimostrato anche nell’acromegalia, dove, per definizione, vi è una aumentata secrezione di GH e il rapporto IGF-1/IGFBP-3 aumenta. In considerazione del fatto che l’IGF-1 sembrerebbe essere più strettamente correlato e regolato dal GH rispetto all’IGFBP-3, si presume che il deficit di GH sia associato a una maggiore riduzione del valore dell’IGF-1 rispetto a quello dell’IGFBP-3 e, conseguentemente, una riduzione del rapporto tra i due. Questo studio ha lo scopo di valutare l’utilità del rapporto tra IGF-1 e IGFBP-3 nella diagnosi di GHD in un gruppo di bambini e adolescenti con bassa statura. 

Metodi

Si tratta di uno studio osservazionale trasversale condotto tra il 2014 e il 2021 in un centro medico di terzo livello della Giordania. Sono stati raccolti i dati di 235 partecipanti con età dai 4 ai 16 anni. I soggetti con patologie concomitanti e/o BMI ≥25kg/m2 sono stati esclusi. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti all’iter diagnostico per la diagnosi di GHD, ovvero, analisi biochimiche, due test da stimolo con clonidina, insulina o glucagone, e la RM encefalo-ipofisi. Il cut-off utilizzato per il test da stimolo era 6.25 ng/ml. Nei soggetti prepuberi è stato effettuato il priming con testosterone o estradiolo prima del test. I valori di riferimento per IGF-1, IGFBP-3, e per il rapporto IGF-1/IGFBP-3 sono stati determinati dagli autori in base ai valori di 524 controlli sani. Gli autori hanno altresì analizzato la sensibilità e specificità nella diagnosi del GHD delle variabili IGF-1, IGFBP-3 e del loro rapporto sia singolarmente che combinati.

Risultati

L’età media del gruppo studiato era 10.7±3.3 anni, il 49.4% dei partecipanti erano maschi ed il 50.6% femmine. Sessantaquattro soggetti (27.2%) erano affetti da GHD, per cui l’intera popolazione è stata divisa in due gruppi GHD e non-GHD. Non sono state riscontrate particolari differenze tra i due gruppi per quanto riguarda l’età. Un numero maggiore di soggetti del gruppo GHD (84.4%) presentava un’età ossea ritardata rispetto ai non-GHD (41.5%) (P-value <0.001).

Per quanto riguarda i dati sul rapporto IGF-1/IGFBP-3, l’87.5% dei GHD aveva un rapporto basso rispetto al 17.0% dei non-GHD (P-value <0.001). Tra tutte le variabili studiate, il rapporto IGF-1/IGFBP-3 è risultato essere quello con sensibilità maggiore (87.5%) nella diagnosi del GHD con un valore predittivo negativo del 94.7%, mentre la specificità era del 83.0% con un valore predittivo positivo del 65.9%. Utilizzando i tre marcatori insieme, livelli bassi di IGF-1, di IGFBP-3 e del loro rapporto, si otteneva la maggiore specificità (97.7%) con un valore predittivo positivo del 82.6% e sensibilità e valore predittivo negativo 29.7% e 78.8%, rispettivamente. Tali dati confermano che, per la popolazione analizzata, un bambino o adolescente con bassa statura, bassi valori di IGF-1, di IGFBP-3 e del loro rapporto avrebbe con alta probabilità un GHD senza necessità di eseguire i test da stimolo. D’altra parte, gli autori hanno dimostrato che la specificità per la diagnosi di non-GHD, in presenza di valori normali di IGF-1, IGFBP-3 e del loro rapporto era del 100%. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a RM cerebrale e per il 75% hanno presentato un’ipofisi normale, mentre la restante parte, (25%), aveva un’ipoplasia ghiandolare.

Conclusioni

I risultati confermano che il rapporto molare tra IGF-1 e IGFBP-3 è un marker utile nella diagnosi di GHD nella popolazione pediatrica che non mostra altre patologie che possano influenzare i livelli di IGF-1. Saranno necessari ulteriori studi, con popolazioni più ampie e di varia origine per poter confermare i risultati. Gli autori concludono l’articolo evidenziando una potenziale area di ricerca futura,affermando che sarebbe interessante valutare, al contrario, in caso di test da stimolo non patologico, se un rapporto basso IGF-1/IGFBP-3 possa riconoscere potenziali falsi negativi e quindi responsivi alla terapia con GH.

 

 

 Giorgia Pepe

Fertilità e prognosi riproduttiva in un’ampia coorte di giovani donne con sindrome adrenogenitale non classica

Clin Endocrinol (Oxf). 2022 Nov 3. doi: 10.1111/cen.14842. Epub ahead of print. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/cen.14842 

Titolo originale: 
Fertility and pregnancy outcomes in women with nonclassic 21-hydroxylase deficiency.
Fertilità ed outcome riproduttivo in donne con sindrome adrenogenitale non classica da deficit di 21-idrossilasi.  

Camille Carrière 1, Lee S Nguyen 2 3, Carine Courtillot 1, Isabelle Tejedor 1, Zeina Chakhtoura 1, Christine Bellanné-Chantelot 4 5, Véronique Tardy 6, Monique Leban 7, Philippe Touraine 1 5, Anne Bachelot 1 5

1Department of Endocrinology and Reproductive Medicine and Centre de Référence des Maladies Endocriniennes Rares de la Croissance et du Développement, Centre de Référence des Pathologies Gynécologiques Rares, AP-HP, IE3M, Hôpital Pitié-Salpêtrière, Paris, France.
2Clinical Investigations Center, AP-HP, Hôpital Pitié-Salpêtrière, Paris, France.
3Research and Innovation Department, CMC Ambroise Paré, Neuilly-sur-Seine, France.
4Department of Medical Genetics, AP-HP, Hôpital Pitié-Salpêtrière, Paris, France.
5Sorbonne Université Médecine, Paris, France.
6Department of Molecular Endocrinology and Rare Diseases, Center for Biology and Eastern Pathology, Civil Hospitals of Lyon, Bron, France.
7Department of Hormonal Biochemistry, AP-HP, Hôpital Pitié-Salpêtrière, Paris, France.

Background: 
La sindrome adrenogenitale non classica (NCCAH) è secondaria ad un difetto enzimatico parziale di 21-idrossilasi e, pertanto, si manifesta con segni clinici ad insorgenza più tardiva (in età infantile, puberale o postpuberale) rispetto alla forma classica. 
La NCCAH può provocare infertilità nelle donne conseguentemente ad una condizione di iperandrogenismo. Ciò sembrerebbe determinare non soltanto un alterato feedback negativo ipotalamo-ipofisi-gonadi con anovulazione cronica, ma anche un’alterata qualità ovocitaria, difficoltà di impianto e, successivamente, un aumentato rischio di aborto spontaneo precoce. La terapia con hydrocortisone, riducendo la produzione surrenalica di androgeni, è utile per ripristinare cicli mestruali ovulatori ed è pertanto raccomandata nelle donne con NCCAH in cerca di una gravidanza. 
Tuttavia, i dati ad oggi presenti in letteratura relativamente a fertilità ed outcome riproduttivo nelle pazienti con NCCAH sono ancora estremamente scarsi e spesso discordanti.  

Obiettivi: 
1) valutare la fertilità e l’outcome riproduttivo in un’ampia coorte di donne con NCCAH; 
2) valutare l’influenza di altri fattori (con un particolare focus su genotipo e terapia con idrocortisone) sull’outcome riproduttivo ed ostetrico di queste pazienti.  

Disegno dello studio: clinico retrospettivo.

Popolazione e metodi: sono state reclutate 173 donne con diagnosi di NCCAH confermata geneticamente (analisi molecolare del gene CYP21A2), seguite dal 2010 al 2019 presso un centro francese di riferimento per sindrome adrenogenitale. 
Le pazienti avevano un’età compresa tra 12 e 26 anni alla diagnosi di NCCAH. 
Ai fini dello studio sono state analizzate retrospettivamente: 
-caratteristiche anamnestico-cliniche: età e segni clinici di iperandrogenismo alla diagnosi, mutazione genetica riscontrata, età del menarca, dati antropometrici, terapia con glucocorticoidi (GC);
- profilo ormonale (17-OHP, delta-4androstenedione e testosterone) e quadro ecografico pelvico;
-dati ostetrico-ginecologici: caratteristiche dei cicli mestruali, eventuale ricerca di gravidanza, tempo di concepimento, caratteristiche della gravidanza (spontanea o con PMA), eventuali aborti in fase precoce (<12 settimane), numero e durata delle gravidanze portate a termine, complicanze materno-fetali, numero di nuovi nati con CAH.

Risultati: su 173 pazienti arruolate, 95 erano in cerca di una gravidanza (54.9%); di queste, 86 hanno presentato almeno una gravidanza (90.5%). Il 50% delle donne era in terapia con GC (93% con idrocortisone, 7% con desametasone) prima della gravidanza. In totale, il tasso di gravidanze osservato è stato pari a 2.04, per un totale di 176 gravidanze (128 nati vivi). In 22 casi la gravidanza è stata ottenuta dopo impiego di induttori dell’ovulazione ed in 5 casi dopo PMA. 
La terapia con GC ha consentito la regolarizzazione del ciclo mestruale nella maggior parte dei casi (42.9% delle pazienti con amenorrea, 71.4% con oligomenorrea), con decremento significativo dei livelli di steroidi. E’stata rilevata un’associazione statisticamente significativa tra terapia con GC e tempo necessario al concepimento. Inoltre, i livelli di androgeni correlavano positivamente con il tasso di abortività (OR=4.8). Non è stata riportata alcuna differenza significativa tra le pazienti in terapia e non in terapia con GC in termini di complicanze ostetriche e materno-fetali. Il genotipo, l’età materna e la dose di GC utilizzata non hanno avuto alcuna influenza sull’outcome delle gravidanze. 

Discussione e conclusioni: 
Sebbene la NCCAH sia un’entità piuttosto frequente, la fertilità di queste pazienti resta ancora oggi un aspetto controverso e scarsamente approfondito. 
In questo contesto, il presente studio ha il merito di avere analizzato per la prima volta i diversi fattori che possono influenzare la fertilità e l’outcome riproduttivo in un’ampia popolazione di giovani donne con NCCAH. 
I risultati, in termini di fertilità, sono in linea con i tre principali studi clinici presenti in letteratura (Moran C, 2006; Bidet M, 2010; Carmina E, 2017). 
Da questi dati emerge che la fertilità nelle donne con NCCAH non sembrerebbe seriamente compromessa e può essere facilmente migliorata. 
La percentuale di nati vivi riscontrata è simile a quella della popolazione generale. 
La terapia con GC si è rivelata utile in termini di fertilità ed outcome riproduttivo, specialmente nelle pazienti con alterazioni del ciclo mestruale e con alti livelli di steroidi in epoca preconcezionale. La terapia non sembra avere benefici significativi se proseguita oltre il terzo trimestre di gravidanza.  
Due sono i principali limiti dello studio: un drop out del 18.6% delle pazienti durante il follow-up e l’assenza di alcuni dati anamnestici e clinici relativi a fattori di rischio per infertilità preesistenti alla gravidanza (quali BMI e fumo).