n. 06 - settembre 2022

 Salvatore Recupero

Il ruolo delle problematiche endocrinologiche nel follow-up del bambino post trapianto di midollo osseo
Bone Marrow Transplant. 2022 Jul 15. doi: 10.1038/s41409-022-01755-x. Epub ahead of print. PMID: 35840745.
TITOLO ORIGINALE: Late endocrine effects after hematopoietic stem cell transplantation in children with non malignant diseases.
de Kloet LC, Bense JE, van der Stoep MYEC, Louwerens M, von Asmuth EGJ, Lankester AC, de Pagter APJ, Hannema SE

 

INTRODUZIONE

Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) rappresenta un trattamento potenzialmente curativo in bambini affetti da un’ampia gamma di patologie non maligne (emoglobinopatie, sindromi da insufficienza midollare, errori congeniti dell’immunità e del metabolismo). Con l’aumento della sopravvivenza si è riscontrata l’insorgenza di frequenti complicanze endocrinologiche nel decorso post trapianto.

Lo studio in oggetto valuta l’incidenza cumulativa delle problematiche endocrine tardive post HSCT e al contempo compara i dati ottenuti con quanto osservato in bambini trattati per patologie neoplastiche.

MATERIALI E METODI

L’Università di Leiden in Olanda ha analizzato retrospettivamente una coorte di 197 pazienti pediatrici (134 individui di sesso maschile e 63 di sesso femminile) che si erano sottoposti presso il centro olandese a trapianto di cellule staminali ematopoietiche per patologie non maligne ed erano sopravvissuti dopo almeno due anni di follow-up.

RISULTATI

L’età media al trapianto è stata di 5.7 anni (IQR 2.9-11.3 anni) e la durata media del follow-up  6.2 anni (IQR 3-10.5 anni). La maggior parte dei regimi di condizionamento ha previsto l’uso di un agente alchilante (busulfano o treosulfano), mentre piccole percentuali di pazienti sono state sottoposte a ciclo di radiazione a basse dosi oppure ad altre chemioterapie (fludarabina, ciclofosfamide). Sono stati valutati i seguenti aspetti:

  • Funzionalità gonadica: all’interno della popolazione femminile che aveva raggiunto l’età puberale all’ultimo follow-up (44 pazienti), il 55% (24/44) ha presentato insufficienza gonadica, seppur in 5 casi la condizione sia risultata transitoria. La disfunzione è occorsa maggiormente in soggetti sottoposti a regime chemioterapico con busulfano rispetto al treosulfano (94% vs 33%). Nel gruppo maschile (62 pazienti), il 39% (24/62) ha mostrato ipogonadismo senza tuttavia differenze significative tra i regimi di condizionamento intrapresi.
  • Complicanze tiroidee: il 18% dei pazienti (34/189) ha manifestato complicanze circa 21 mesi post trapianto (IQR 11-27 mesi) e il 7% ha richiesto terapia con L-tiroxina. Una ragazza è stata trattata per la comparsa di carcinoma papillare tiroideo 16 anni post HSCT; 6 pazienti con ipotiroidismo (3%) hanno presentato positività degli anticorpi anti TPO. L’ipotiroidismo si è manifestato nel 24% dei casi di condizionamento con busulfano vs 8% con treosulfano (p=0.31) ed in 1 degli 8 pazienti che hanno ricevuto Total Abdominal Irradiation (4 Gy). Il 2% di soggetti (4/189), infine, ha presentato un ipertiroidismo transitorio
  • Accrescimento: non si sono riscontrate alterazioni di rilievo in termini di SDS tra le valutazioni pre trapianto ed i follow-up successivi.

DISCUSSIONE E COMMENTI

Nell’analisi effettuata l’incidenza delle principali complicanze endocrine tardive post trapianto è risultata del 61%, in linea con quanto riscontrato nella letteratura post HSCT per patologie neoplastiche.

Le alterazioni della funzionalità gonadica sono le complicanze tardive più frequenti in entrambi i sessi e, in particolare nel gruppo femminile, il condizionamento con busulfano sembra il fattore di rischio principale. Occorre, tuttavia, sottolineare che le condizioni patologiche di base (alcune forme di immunodeficienza e di errori congeniti del metabolismo con meccanismo ancora non perfettamente noto, la terapia trasfusionale cronica nelle emopatie) possono rappresentare fattori di rischio predisponenti all’insufficienza gonadica già in condizioni basali. Questi dati supportano la necessità di un accurato counseling pre-trapianto e suggeriscono inoltre la necessità  di offrire strategie per la preservazione delle fertilità prima del condizionamento (in particolare quando è previsto l’uso del busulfano e nei maschi in età puberale). Un follow-up precoce, già a partire dai sei mesi post HSCT (la metà delle alterazioni gonadiche si osservano già nel primo anno), risulta fondamentale.

Anche i dati sulle alterazioni della funzionalità tiroidea si confermano in linea con le evidenze letterarie (incidenza 10-24%). Tra i fattori scatenanti l’ autoimmunità è in fase di studio un possibile effetto GvHD-like (le disfunzioni tiroidee sono 8.4 volte più frequenti post trapianto da Matched Unrelated Donor che da Matched Sibling Donor). La patologia sottostante (IPEX, Anemia di Fanconi, β-Thalassemia) può rappresentare un altro elemento predisponente. Dall’analisi effettuata non emergono, invece, differenze statisticamente significative tra i regimi di condizionamento proposti, mentre non è possibile effettuare una corretta valutazione degli effetti della radioterapia. Uno screening tiroideo annuale è consigliato.

Sul versante auxologico, l’analisi non mostra effetti legati al trapianto sulla crescita dei pazienti, in linea con quanto si osserva in letteratura nei casi di condizionamento radiation-free. La patologia di base può essere responsabile di un quadro di bassa statura (18 di 197 pazienti erano già in trattamento con ormone della crescita al momento del trapianto).

L’ampio numero di pazienti analizzati rappresenta un punto di forza ma anche una limitazione dello studio (patologie con caratteristiche differenti, diversi regimi di condizionamento). Il follow-up medio di sei anni non permette, inoltre, di escludere l’insorgenza di altre problematiche endocrine più tardive.

Maggiori studi e un attento follow-up, quindi, risultano necessari al fine di individuare strategie specifiche per la prevenzione delle complicanze endocrine post trapianto.

 

Cristina Moracas

Ruolo della supplementazione salina nei pazienti affetti da Iperplasia Congenita del Surrene
Eur J Endocrinol. 2022 Apr 11;186(5):587-596. doi: 10.1530/EJE-21-1085. PMID: 35290211; PMCID: PMC9066592.
Titolo originale: Treatment of congenital adrenal hyperplasia in children aged 0–3 years: a retrospective multicenter analysis of salt supplementation, glucocorticoid and mineralocorticoid medication, growth and blood pressure

Trattamento dell’Iperplasia Congenita del Surrene in bambini con età 0-3 anni: analisi retrospettiva multicentrica riguardo supplementazione salina, terapia con glucocorticoidi e mineralcorticoidi, crescita e pressione arteriosa.

Uta Neumann 1, Annelieke van der Linde2,3, Ruth E Krone4, Nils P Krone5, Ayla Güven6, Tülay Güran7, Heba Elsedfy8, Sukran Poyrazoglu9, Feyza Darendeliler9, Tania A S S Bachega10, Antonio Balsamo11, Sabine E Hannema 12,13, Niels Birkebaek14, Ana Vieites15, Ajay Thankamony16, Martine Cools17, Tatjana Milenkovic18, Walter Bonfig19,20, Eduardo Correa Costa21, Navoda Atapattu22, Liat de Vries23,24, Guilherme Guaragna-Filho25, Marta Korbonits26, Klaus Mohnike27, Jillian Bryce28, S Faisal Ahmed28, Bernard Voet29, Oliver Blankenstein1 and Hedi L Claahsen-van der Grinten2

1Institute for Experimental Paediatric Endocrinology, Charité Universitätsmedizin Berlin, Berlin, Germany, 2Amalia Children’s Hospital, Radboud University Medical Centre, Nijmegen, Netherlands, 3Amphia Hospital, Breda, The Netherlands, 4Birmingham Women’s and Children’s Hospital, Birmingham, UK, 5University of Sheffield, Sheffield Children’s Hospital, Western Bank, Sheffield, UK, 6University of Health Science Zeynep Kamil Women and Children Hospital, Pediatric Endocrinology, Istanbul, Turkey, 7Marmara University Istanbul, Istanbul, Turkey, 8Pediatrics Department, Ain Shams University, Cairo, Egypt, 9Pediatric Endocrinology Unit, Istanbul Faculty of Medicine, Istanbul, Turkey, 10Sao Paulo University, Sao Paulo, Brazil, 11S.Orsola-Malpighi University Hospital, Bologna, Italy, 12Leiden University Medical Centre, Leiden, Netherlands, 13Erasmus Medical Centre Rotterdam, Rotterdam, Netherlands, 14Department of Pediatrics and Steno Diabetes Center Aarhus, Aarhus University Hospital, Aarhus, Denmark, 15Centro de Investigaciones Endocrinológicas Buenos Aires, Buenos Aires, Argentina, 16University of Cambridge and Addenbrooke’s Hospital, Cambridge, UK, 17University Hospital Ghent, Ghent, Belgium, 18Institute for Mother and Child Healthcare of Serbia ‘Dr Vukan ?upi?’, Belgrade, Serbia, 19Technical University of Munich, Munich, Germany, 20Klinikum Wels-Grieskirchen, Wels, Austria, 21Hospital de Clínicas de Porto Alegre, Porto Alegre, Brazil, 22Lady Ridgeway Hospital, Colombo, Sri Lanka, 23Institute for Diabetes and Endocrinology, Schneider Children's Medical Center of Israel, Petah-Tikvah, Israel, 24Sackler School of Medicine, Tel-Aviv University, Tel-Aviv, Israel, 25Universidade Federal do Rio Grande do Sul, Porto Alegre, Brazil, 26Queen Mary University of London Barts, London, UK, 27Otto-von-Guericke Universität Magdeburg, Magdeburg, Germany, 28University of Glasgow, Glasgow, UK, and 29Voet Consulting, Berlin, Germany

https://doi.org/10.1530/EJE-21-1085

L’Iperplasia Congenita del Surrene (ICS) è un disordine endocrino caratterizzato da ridotta sintesi di glucocorticoidi associato o meno a deficit di mineralcorticoidi e causato, nel 95% dei casi, da deficit dell’enzima 21-idrolissasi (21-OHD). La severità della condizione dipende dall’attività enzimatica residua: una attività residua dell’1-2% assicura generalmente una produzione sufficiente di aldosterone tale da prevenire la comparsa di crisi surrenaliche da perdita di sali.

Per compensare l’aggiuntiva perdita di sali dai tubuli renali immaturi durante l’infanzia, le linee guida internazionali raccomandano l’utilizzo di supplementazione salina per via orale alla dose di 2 mmol/kg/die in tale fascia di età, con stretto monitoraggio della pressione arteriosa, sodiemia, potassiemia ed attività reninica plasmatica. Tale supplementazione, tuttavia, non è ancora ampiamente utilizzata.

Questo studio multicentrico internazionale si propone di valutare retrospettivamente l’utilizzo della supplementazione salina nella più ampia coorte di pazienti affetti da ICS di età compresa tra 0 e 3 anni, mediante analisi di dati provenienti dal Registro Internazionale dell’Iperplasia Congenita del Surrene (I-CAH). In aggiunta, lo studio si propone di confrontare la popolazione di pazienti trattati con sale addizionato (ST) con quella dei pazienti non trattati (NST) rispetto alla dose di idrocortisone (HC),  di fludrocortisone (FC), alla lunghezza, peso e pressione arteriosa, al fine di approfondire la discussione tuttora controversa riguardante la necessità della supplementazione salina durante l’infanzia.

Sono stati analizzati dati di 331 pazienti (145 maschi e 186 femmine) nati dopo l’anno 2000, affetti da ICS 21-OHD e trattati con HC e FC. Per la valutazione longitudinale dei primi 3 anni di vita, sono stati utilizzati i seguenti dati raccolti in tempi stabiliti (nascita, 3-6-9-12-24 e 36 mesi): peso, lunghezza, dosaggio dei farmaci (HC, FC, supplementazione di sale) e pressione arteriosa. Sono stati inclusi nello studio esclusivamente i pazienti trattati con FC per almeno 3 mesi.

Il 61% dell’intera coorte aveva ricevuto supplementazione con sale. Nel 92% di essi, tale supplementazione era stata effettuata entro le prime 6 settimane di vita e proseguita oltre l’anno di vita nel 51% dei casi e oltre i 2 anni nel 15% dei casi.

Il confronto tra i due gruppi (ST vs NST) ha rilevato un dosaggio di FC significativamente più elevato nel gruppo NST rispetto al gruppo ST tra 1.5 e 4.5 mesi di vita (ST, 103.9 ± 61.3 mcg/die, n = 142; NST, 131.3 ± 56.8 mcg/die, n = 86, P < 0.001). Tra i 2 e i 3 anni di vita, al contrario, il dosaggio di FC risultava significativamente maggiore nel gruppo ST. Nell’intera coorte, si osservava inoltre una progressiva riduzione del dosaggio di FC durante i primi 3 anni di vita, da una dose media di 100 mcg/die nella prima settimana a una dose media di 85 mcg/die dopo i 3 anni, con una riduzione maggiore nel gruppo NST.

Diversi fattori possono spiegare la necessità di dosaggi di FC più elevati nella prima infanzia: rispetto all’adulto, il rene neonatale è caratterizzato da una ridotta filtrazione glomerulare e da tubuli renali immaturi; in epoca neonatale vi è una fisiologica resistenza parziale e transiente all’azione dell’aldosterone, con conseguente lieve iposodiemia, lieve iperpotassiemia, elevati livelli di renina e aldosterone e elevata perdita di sodio urinario; livelli elevati di 17-OHP (frequentemente riscontrati nella prima infanzia) esercitano un effetto antagonista sul recettore dei mineralcorticoidi; infine, il latte materno presenta un basso contenuto di sale , probabilmente non sufficiente a compensare le perdite in caso di deficit di aldosterone.

Riguardo la dose di HC, si osservava un dosaggio significativamente più elevato nel gruppo NST fino a 1.5 mesi di vita (ST, 21.2 ± 13.6 mg/m2, n = 80; NST, 28.5 ± 9.1 mg/m2, n =39, P < 0.001), con una dose circa doppia rispetto a quella raccomandata. Nessuna differenza veniva invece osservata tra i due gruppi riguardo la pressione arteriosa (sia sistolica che diastolica), peso, lunghezza e BMI nei primi 3 anni di vita.

In circa la metà dei pazienti dell’intera coorte sono stati inoltre riscontrati valori di pressione arteriosa al di sopra della norma nel primo anno e mezzo di vita, in linea con quanto già descritto in letteratura. In particolare, la pressione sistolica all’età di un anno risultava correlata alla dose di HC e di FC nel primo mese e mezzo di vita.

Infine, nell’intera coorte è stato osservato un aumento del BMI nei primi 3 anni di vita, verosimilmente favorito da dosi sovrafisiologiche di glucocorticoidi, che possono comportare un aumento del rischio cardiovascolare già nei primi anni di vita.

Limiti dello studio: i dati utilizzati sono retrospettivi, provengono da centri differenti e risultano talvolta deficitari o incompleti; la misurazione della pressione arteriosa  nella prima infanzia è frequentemente gravata da artefatti, con notevole variabilità della modalità di misurazione (es. numero di misurazioni effettuate e relazione con i pasti); il registro è carente di alcuni dati laboratoristici (es. renina), che sarebbero stati utili nel valutare l’influenza del FC sulla pressione arteriosa; nello studio non è stata indagata l’incidenza di crisi surrenaliche.

In conclusione, nei bambini con ICS trattati con supplementazione di sale, sono stati rilevati dosaggi più bassi di HC e FC nei primissimi mesi di vita, senza differenza di peso, altezza e pressione arteriosa rispetto ai bambini non trattati con supplementazione di sale. Pertanto, una supplementazione nei primi 3-6 mesi potrebbe risultare efficace nel ridurre la dose di HC e FC. Ulteriori studi prospettici sono tuttavia necessari per confermare tale ipotesi. In aggiunta, nell’intera coorte sono stati riscontrati aumento del BMI ed elevata frequenza di ipertensione arteriosa, indicando che l’aumento di peso e gli effetti negativi sulla pressione arteriosa dovuti ai glucocorticoidi e ai mineralcorticoidi possono già comparire precocemente nei primi anni di vita.

 

 

 Ilaria Polenzani

Osteogenesi imperfetta: verso una terapia su misura?
Relationship of Pathogenic Mutations and Responses to Zoledronic Acid in a Cohort of Osteogenesis Imperfecta Children
Relazione tra le mutazioni genetiche e la risposta a zoledronato in una coorte di bambini con Osteogenesi Imperfetta

Lei Sun,, Jing Hu, Jiayi Liu, Qian Zhang, Ou Wang, Yan Jiang, Weibo Xia, Xiaoping Xing, and Mei Li

Department of Endocrinology, Key Laboratory of Endocrinology of National Ministry of Health, Peking Union Medical College Hospital, Chinese Academy of Medical Science and Peking Union Medical College, Beijing, 100730, China

The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2022, XX, 1–9 https://doi.org/10.1210/clinem/dgac366

Background

L’osteogenesi imperfetta (OI) è una patologia monogenica rara, caratterizzata da un aumento della fragilità scheletrica, una diminuzione della massa ossea e una suscettibilità alle fratture ossee di gravità variabile. Tramite l’NGS sono state identificate più di 20 mutazioni geniche associate a OI, tra cui le più frequenti sono mutazioni dei geni COL1A1 e COL1A2 che determinano alterazioni strutturali o riduzione quantitativa del collagene di tipo 1. Non essendoci una terapia eziologica, il trattamento è sintomatico attraverso l’utilizzo dei bifosfonati (BPs) che riducono il riassorbimento osseo, aumentando la massa ossea e riducendo il rischio di fratture. Osservazioni cliniche hanno dimostrato che la risposta ai BPs è imprevedibile nei pazienti con OI, anche se l’origine di questa variabilità è sconosciuta.

Materiali e metodi

L’obiettivo di questo studio di coorte monocentrico è stato osservare eventuali correlazioni tra le anomalie genetiche e la risposta alla terapia con zoledronato nei pazienti con OI. I pazienti hanno ricevuto terapia con zoledronato (5 mg, se >25 kg; 2.5 mg, se <25 kg), con somministrazione annuale fino a raggiungimento di BMD adeguata. 

Come endpoints primari sono stati valutati variazioni della BMD areale della colonna lombare e della testa del femore e la comparsa di nuove fratture. Contestualmente sono stati rilevati anche parametri laboratoristici (Ca e P sierici, ALP, PTH, CTX, 25OHD) e antropometrici.

Sono stati arruolati 201 pazienti con OI e sono stati classificati sulla base della modalità di trasmissione genetica (autosomica dominante (AD) n=176, non-autosomica dominante n=25). Nell’ambito del gruppo a trasmissione AD, i pazienti sono stati ulteriormente suddivisi in base al difetto genetico del collagene.

 

Risultati

I pazienti con mutazioni AD hanno mostrato migliore incremento della BMD areale della testa del femore rispetto a pazienti con altri pattern di ereditarietà, in assenza di variazioni significative all’interno dei sottogruppi. Inoltre, i pazienti con deficit strutturali del collagene hanno mostrato una maggiore incidenza di nuove fratture e una minore riduzione dei markers di rimaneggiamento osseo (CTX) rispetto ai pazienti con deficit quantitativi.

Conclusioni e commenti

Questo studio ha il merito di aver evidenziato la presenza di differenze significative nella risposta al trattamento in relazione al substrato genetico nei pazienti con OI. Le forme a trasmissione AR sono associate a fenotipo più severo e quindi complessiva peggiore risposta al trattamento. Tra le forme AD, quelle legate a difetti strutturali del collagene sembrano avere una risposta peggiore: la presenza di una matrice extracellulare aberrante da una parte aumenta, come già studi preclinici hanno suggerito, la suscettibilità alle fratture, dall’altra rende meno efficace il deposito e l’attività dei BPs.

Queste osservazioni aprono la strada ad eventuali ulteriori ricerche per lo sviluppo di farmaci target, di cui alcuni già in uso, per i pazienti poor-responders.

Trattandosi di una patologia rara, le conclusioni dello studio possono ritenersi significative per il gruppo di pazienti più numeroso (mutazioni in COL1A1 e COL1A2), mentre la risposta alla terapia nelle forme da mutazioni geniche più rara deve essere sottoposta ad ulteriori valutazioni.