n. 04 - luglio 2022

 Salvatore Guercio Nuzio

Il dosaggio individualizzato di levotiroxina nel trattamento dell’ipotiroidismo congenito può fornire lo stesso effetto terapeutico del dosaggio standard?

BMC Endocr Disord. 2022 May 28;22(1):142. doi: 10.1186/s12902-022-01061-z. PMID: 35643448; PMCID: PMC9148528.

https://bmcendocrdisord.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12902-022-01061-z

Titolo originale: Levothyroxine treatment for congenital hypothyroidism based on thyroid function: a 10-year clinical retrospective study

Trattamento con levotiroxina nell’ipotiroidismo congenito basato sulla funzione tiroidea: uno studio clinico retrospettivo di 10 anni.
Shan He1, Xiaolin Ma1, Jinghui Yang1, Li Li2

1Department of Pediatrics, The First People's Hospital of Yunnan Province, NO. 157, Jin Bi Road, Kunming, 650032, Yunnan, China.

2Department of Pediatrics, The First People's Hospital of Yunnan Province, NO. 157, Jin Bi Road, Kunming, 650032, Yunnan, China.

Background

L'ipotiroidismo congenito ha un'incidenza da 1:2000 a 1:4000 neonati ed è una delle cause più comuni di disabilità intellettiva nel mondo. Il trattamento di prima scelta dell’ipotiroidismo congenito è la levotiroxina orale, il cui sovradosaggio provoca diversi effetti collaterali (iperattività, letargia, tachicardia, tachipnea, dispnea, riflessi pupillari anormali alla luce, vomito, diarrea). Ad oggi, non esistono linee guida ampiamente riconosciute per stabilire un dosaggio di precisione di levotiroxina basato sulla gravità dell’ipotiroidismo congenito e sono pochi gli studi sulla modifica del dosaggio di levotiroxina durante la fase terapeutica. Il presente studio mira ad esplorare l’efficacia di diversi dosaggi di levotiroxina basati sui valori di TSH alla diagnosi e in corso di trattamento.

Materiali e metodi

Sono stati arruolati 116 pazienti seguiti nella clinica endocrinologica della provincia dello Yunnan, in Cina, tra gennaio 2010 e dicembre 2020. I criteri di inclusione sono stati i seguenti: (1) diagnosi di ipotiroidismo congenito sulla base dei criteri della Società Cinese di Pediatria, (2) età gestazionale compresa tra 37 e 42 settimane, (3) completezza dei dati clinici, (4) follow-up regolare. I pazienti sono stati classificati in quattro gruppi in base alla funzionalità tiroidea al momento della diagnosi: gruppo A (n=37): livelli di TSH>100 mIU/L; gruppo B (n=26): TSH≥20 e <100 mIU/L;   ; gruppo C (n=17): TSH>4.6 mIU/L e <20 mIU/L con tiroxina libera (FT4) <6.6 pmol/L; gruppo D (n=36): TSH>4.6 mIU/L e <20 mIU/L con FT4>6.6 pmol/L.

I pazienti del gruppo A  hanno ricevuto un dosaggio iniziale di levotiroxina pari a 10 μg/kg/die. I pazienti del gruppo B hanno ricevuto un dosaggio iniziale di levotiroxina  di 5–8μg/kg/die. Ai gruppi C e D sono stati somministrati 3-4μg/kg/die di levotiroxina. Secondo i criteri della Società cinese di Pediatria sulla gestione dell’ipotiroidismo congenito, sono stati trattati anche i pazienti con ipotiroidismo subclinico. La funzionalità tiroidea dei bambini con ipotiroidismo congenito  è stata valutata in diverse finestre temporali (alla diagnosi, a 2 settimane, 1 mese, 3 mesi, 6 mesi, 12 mesi, 18 mesi, 24 mesi, 36 mesi dalla diagnosi). Anche la funzionalità tiroidea materna è stata testata durante il periodo dello studio. Inoltre, lo sviluppo fisico e neurologico sono stati valutati e confrontati tra i gruppi alle età di 1, 2 e 3 anni. La scala di sviluppo di Gesell è stata utilizzata per il calcolo degli score relativi a socializzazione, linguaggio, capacità di adattamento e movimenti grossolani e fini. Sono stato valutati anche altezza, peso e circonferenza cranica.

Risultati

Non sono state evidenziate differenze significative nella distribuzione per sesso, peso, lunghezza, circonferenza cranica alla nascita, modalità di parto tra i quattro gruppi (p>0.05). Tuttavia, la correlazione fra le anomalie della funzionalità tiroidea materna (eventuale riscontro di ipotiroidismo conclamato o subclinico) e i valori iniziali di TSH dei neonati tra i quattro gruppi è risultata significativa. A tutti i pazienti è stato diagnosticato l’ipotiroidismo congenito a circa 1 mese di vita. Due settimane dopo l'intervento terapeutico, il livello di TSH del gruppo A è stato ancora superiore a quello degli altri tre gruppi; tuttavia, nei seguenti step temporali, non  è stata dimostrata differenza tra i quattro gruppi (p>0.05). Solo una quota di pazienti non aveva ancora raggiunto una normale funzionalità tiroidea a 1 mese [quattro pazienti (10,8%) nel gruppo A, un paziente (3.8%) nel gruppo B, quattro pazienti (23.5%) nel gruppo C e tre pazienti (8.3%) nel gruppo D]. Le concentrazioni di FT4 dei quattro gruppi non hanno mostrato differenze significative dopo il trattamento (p>0.05); tutti i livelli di FT4 hanno mostrato un incremento graduale per poi stabilizzarsi nei limiti della normalità nei tempi di follow-up. Dopo il trattamento, non si è evidenziata differenza di altezza, peso o circonferenza cranica tra i quattro gruppi (p>0.05). Gli score del neurosviluppo di Gesell relativi a socializzazione, linguaggio, capacità di adattamento e movimenti fini e grossolani sono risultati  tutti nell’intervallo di normalità nei quattro gruppi oggetto di studio, sebbene con differenze statisticamente significative fra di loro (p<0.05).

Discussione e commenti

Lo studio ha dimostrato che gli ormoni tiroidei sono fattori critici nella formazione e differenziazione dei neuroni e devono essere costantemente disponibili. Pertanto, molte linee guida cliniche consigliano di utilizzare un dosaggio iniziale elevato di levotiroxina (10–15μg/kg/die), indipendentemente dalla causa e dalla gravità di ipotiroidismo congenito  per garantire al più presto una concentrazione sierica di FT4 entro la metà superiore del range di riferimento pediatrico e dei livelli di TSH nei limiti di norma. Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che utilizzando un dosaggio di tiroxina inferiore a quello solitamente raccomandato potrebbe essere raggiunto lo stesso obiettivo riducendo il rischio di sovradosaggio di tiroxina. Livelli sierici eccessivi di FT4 infatti possono provocare craniosinostosi, compromissione dello sviluppo-comportamentale e iperattività da deficit di attenzione. Inoltre, la levotiroxina potrebbe anche avere un effetto negativo sul quoziente intellettivo durante la pubertà. Lo studio suggerisce che per ridurre il rischio di sovradosaggio da levotiroxina, il dosaggio dovrebbe essere maggiormente individualizzato, anche se attualmente non esiste un dosaggio esatto per i pazienti con diversi livelli di TSH in considerazione dei pochi studi comparativi tra trattamento individualizzato e trattamento ad alto dosaggio iniziale. A prescindere dalla dose di trattamento, resta comunque di fondamentale importanza un follow-up regolare.

Occorre segnalare, tuttavia, che i pazienti arruolati nello studio sono stati diagnosticati solo ad un mese di vita. Tale ritardo è dovuto a difficoltà e disparità culturali locali: la provincia cinese dell’ospedale di riferimento dello studio è, infatti, un’area poco sviluppata della Cina e con una limitata disponibilità di risorse. Sempre a causa dei medesimi motivi, molti piccoli pazienti non hanno partecipato in tempo utile al follow-up. Tutti i pazienti, inoltre, sono stati trattati entro due mesi dalla nascita, sebbene la letteratura confermi che solo i pazienti con ipotiroidismo congenito trattati entro 1 mese dalla nascita possano avere un QI normale.

Limiti dello studio

Il presente studio ha diversi limiti, fra cui la numerosità limitata del campione studiato, l’arruolamento di soli neonati a termine e il disegno retrospettivo, per cui, data l’importanza del trattamento di precisione con levotiroxina, sono auspicabili necessariamente ulteriori studi di natura prospettica in merito.

Conclusione

Un dosaggio individualizzato di levotiroxina potrebbe fornire lo stesso effetto terapeutico di quello raccomandato dalle linee guida internazionali, riducendone i rischi di sovradosaggio. Questo studio infatti dimostra, seppur con evidenti limitazioni, che anche nei pazienti con livelli significativamente elevati di TSH, un dosaggio iniziale individualizzato di levotiroxina e inferiore a quello raccomandato consente di raggiungere una normale funzionalità tiroidea normale senza alterazioni dello sviluppo fisico o neurologico.

 

 Egidio Candela

Minipubertà maschile: un motore a due tempi

Titolo originale: ‘’Dynamic Changes of Reproductive Hormones in Male Minipuberty: Temporal Dissociation of Leydig and Sertoli Cell Activity''

Cambiamenti dinamici negli ormoni riproduttivi nella Minipubertà maschile: dissociazione temporale fra l’attività delle cellule del Sertoli e quelle del Leydig

J Clin Endocrinol Metab. 2022 May 17;107(6):1560-1568. doi: 10.1210/clinem/dgac115. PMID: 35225342.

https://doi.org/10.1210/clinem/dgac115

Alexander Siegfried Busch,1,2, Marie Lindhardt Ljubicic,1,2, Emmie N. Upners,1,2, Margit Bistrup Fischer,1,2 Lars Lau Raket,3 Hanne Frederiksen,1,2, Jakob Albrethsen,1,2, Trine Holm Johannsen,1,2, Casper P. Hagen,1,2and Anders Juul1,2,4.

1) Department of Growth and Reproduction, Copenhagen University Hospital—Rigshospitalet, Copenhagen, Denmark

2) International Center for Research and Research Training in Endocrine Disruption of Male Reproduction and Child Health (EDMaRC), Rigshospitalet, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark

3) Department of Clinical Sciences, Lund University, Lund, Sweden

4) Department of Clinical Medicine, University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark

Background

L’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (HPG) si attiva in maniera transitoria durante i primi mesi di vita con un marcato aumento degli ormoni riproduttivi sierici che raggiungono livelli simili ai range dell’adulto.

Questo periodo viene definito ‘Minipubertà’ e sembra esser fondamentale per la funzionalità testicolare primaria oltre a favorire la crescita e la discesa dei testicoli. La minipubertà si può considerare una potenziale finestra precoce per valutare il funzionamento dell’asse HPG, successivamente difficilmente valutabile durante il lungo periodo di quiescenza che dura fino alla vera e propria pubertà. Nonostante la centralità di questo momento per la funzione riproduttiva maschile, i dati a nostra disposizione sull’attivazione di questo asse sono ancora pochi.

Materiali e metodi

Questo studio di corte prospettico, longitudinale (dal nome Copenhagen Minipuberty study, con arruolamento nel biennio 2016-2018 e follow-up di un anno) si è proposto di studiare la dinamica di attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi valutando i cambiamenti del volume testicolare oltre a stabilire delle curve di riferimento per i livelli sierici degli ormoni riproduttivi. Lo studio ha arruolato 128 maschi, nati a termine, sani, non gemelli seguiti dalla nascita per la durata di un anno con primo prelievo da cordone ombelicale e successivi prelievi venosi.

Risultati

I livelli sierici di FSH raggiungono il loro picco ad 11 giorni di vita mentre il picco dell’ormone luteinizzante è a 18 giorni (10th-90th percentile: 16-51 giorni). Il testosterone raggiunge il suo valore massimo a 29 giorni (10th e 90th percentile: 18-57 giorni). INSL3 raggiunge il picco a 27 giorni mentre Inibina B e AMH raggiungono il picco, rispettivamente, a 119 e 146 giorni. I livelli medi di gonadotropine e di testosterone continuano progressivamente a diminuire fino a raggiungere valori molto bassi a circa 6 mesi di vita.

A circa un anno di età (fra i 340 ed i 390 giorni), i livelli di LH e testosterone sono risultati inferiori al limite di detezione nel 53% e nel 18% casi, rispettivamente, mentre i valori di FSH, seppur molto bassi,sono rimasti al di sopra del limite.

Le curve di riferimento relative al volume testicolare dimostrano un aumento del volume dalla nascita fino al quarto mese.

Per analizzare inoltre le proprietà dell’attività dell’asse HPG, sono state effettuate delle correlazioni fra i vari ormoni riproduttivi così come con il volume testicolare. Fatta eccezione per il testosterone, i livelli degli ormoni riproduttivi risultano essere correlabili fra il campione prelevato dal cordone ombelicale ed il prelievo ematico post-natale.

Conclusioni e commenti

Lo studio ha il merito di fornire un’analisi completa dell’attività dell’asse HPG nel maschio nel primo anno di vita e di mostrare la presenza di una seconda fase di attivazione delle cellule testicolari a seguito di un primo rialzo ormonale precoce postnatale. Nello specifico, mentre le gonadotropine raggiungono il picco all’incirca nello stesso periodo nel corso delle prime settimane dopo la nascita, le loro cellule target sembrano avere un’attivazione in sequenza piuttosto che in parallelo. È stato riscontrato un precoce e distinto picco per i marker delle cellule del Leydig (testosterone ed INSL3) mentre un secondo e più prolungato picco è stato osservato per gli ormoni prodotti dalle cellule del Sertoli (AMH ed inibina B) fra i 4 ed i 5 mesi dopo la nascita. Questa osservazione mette in discussione il pensiero corrente che vede la minipubertà come un momento di proliferazione e maturazione sincrona delle cellule testicolari. Abbiamo osservato come l’aumento del volume testicolare proceda di pari passo con l’aumento ed il picco dei marcatori cellulari delle cellule del Sertoli. Un punto di forza della ricerca è la redazione di curve di riferimento, dalla nascita fino ai 13 mesi di vita, dei livelli sierici degli ormoni che possano aiutare i clinici nel processo di decision making (ad esempio nella diagnosi precoce di disordini quali l’ipogonadismo ipogonadotropo). La variabilità interindividuale nel campione relativa alla concentrazione sierica degli ormoni risulta essere minima (<1 SD). Lo studio prova a rispondere anche ad uno dei quesiti storici sul funzionamento dell’asse HPG, ovvero se l’asse, ed i suoi meccanismi di feedback, siano dopo la nascita pienamente funzionanti o solo in parte. A tal fine sono state effettuate delle correlazioni fra gli ormoni in studio. Tali correlazioni da una parte rispecchiano quanto già noto sull’asse HPG (ad esempio la correlazione positiva tra FSH e LH, tra LH e testosterone e tra testosterone e SHBG), dall’altra differiscono significativamente dall'adulto definendo caratteristiche specifiche della minipubertà. In particolare, essa differisce per la mancata correlazione fra AMH e testosterone, ricollegabile alla mancata azione del testosterone come inibitore di produzione dell’AMH per la mancata espressione del recettore degli androgeni nelle cellule immature del Sertoli. Sorprende anche la correlazione negativa fra FSH ed AMH, nonostante l’FSH sia noto stimolare le cellule del Sertoli nella minipubertà.

Riguardo ai campioni raccolti alla nascita da cordone ombelicale, è stato osservato un basso livello di gonadotropine e di testosterone, indicativo di una soppressione dell’asse HPG in questa fase. Rilevante è inoltre la mancata correlazione fra i livelli di testosterone da prelievo ombelicale e da prelievo venoso post-natale. Questa osservazione rende necessaria, pertanto, una maggiore cautela nell’interpretazione del grado di esposizione del neonato al testosterone basandosi sui valori di un solo tipo di campione.

I principali limiti dello studio sono:

  1. L’inclusione esclusivamente di maschi caucasici;
  2. La variabilità dei metodi di analisi fra diversi laboratori;
  3. La mancata disponibilità in molti laboratori di tecniche ad alta sensibilità quali la cromatografia liquida con spettrometria di massa per l’analisi del profilo ormonale;
  4. La mancata valutazione 

 

 Andrea Scozzarella

Dulaglutide nel trattamento del giovane paziente con Diabete di tipo 2: una nuova speranza terapeutica

Titolo originale: Once-Weekly Dulaglutide for the Treatment of Youths with Type 2 Diabetes

Dulaglutide una volta a settimana nel trattamento dei giovano con Diabete di tipo 2

https://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMoa2204601?url_ver=Z39.88003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

DOI: 10.1056/NEJMoa2204601

Arslanian SA, Hannon T, Zeitler P, Chao LC, Boucher-Berry C, Barrientos-Pérez M, Bismuth E, Dib S, Cho JI, Cox D; AWARD-PEDS Investigators

From the Center for Pediatric Research in Obesity and Metabolism, Division of Pediatric Endocrinology, Diabetes, and Metabolism, University of Pittsburgh, School of Medicine, UPMC Children’s Hospital of Pittsburgh, Pittsburgh (S.A.A.); the Department of Pediatrics, Indiana University School of Medicine, Riley Hospital for Children (T.H.), and Eli Lilly (J.I.C., D.C.) – both in Indianapolis; Children’s Hospital Colorado, University of Colorado School of Medicine, Aurora (P.Z.); Children’s Hospital Los Angeles, Los Angeles (L.C.C.); the Department of Pediatric Endocrinology, University of Illinois Medical Center at Chicago, Chicago (C.B.-B.); the Division of Pediatric Endocrinology, Hospital Ángeles Puebla, Puebla City, Mexico (M.B.-P.); the Department of Pediatric Endocrinology, Assistance Publique-Hôpitaux de Paris, Robert Debré Hospital, Paris (E.B.); and the Diabetes Center of Universidade Federal de São Paulo, Escola Paulista de Medicina, São Paulo (S.D.).

Background

Come ben noto, l’incidenza del diabete mellito tipo 2 (DMT2) è in aumento nella popolazione pediatrica. In questa fascia d’età la patologia è caratterizzata non solo da un esordio precoce ma soprattutto da una rapida progressione delle complicanze. Le opzioni terapeutiche in età pediatrica e giovanile sono limitate, soprattutto se confrontate con il mondo degli adulti, e spesso gravate da un alto tasso di fallimento soprattutto per quel che riguarda la metformina che rappresenta la prima linea di trattamento. Recentemente due agonisti del recettore glucagon-like peptide-1 (GLP-1), liraglutide and exenatide, sono stati approvati per il trattamento di giovani pazienti con DMT2 mostrando un miglioramento nel controllo glicemico. Tali farmaci, tuttavia hanno delle limitazioni che ne riducono l’efficacia: 1) la liraglutide richiede iniezioni quotidiane, selezione della dose corretta ed una certa manualità nella somministrazione; 2) l’exenatide, pur necessitando di una sola iniezione settimanale, richiede praticità nell’utilizzo del device per l’iniezione ed inoltre possiede un solo dosaggio terapeutico senza la possibilità di aumentare la dose nel caso in cui fosse necessario per migliorare controllo glicemico. Dulaglutide, anch’esso agonista del GLP-1, è approvato dal 2014 per il trattamento degli adulti con DMT2 e viene somministrato sottocute (s.c.) con cadenza settimanale.

Materiali e metodi

In questo studio in doppio cieco randomizzato sono stati arruolati un totale di 154 pazienti con i seguenti criteri di inclusione: età compresa tra i 10 e i 18 anni, BMI > 85° percentile, un peso di almeno 50 kg ed una emoglobina glicata (Hb1Ac) compresa tra 6.5% e 11% se in trattamento con metformina e/o insulina basale e Hb1Ac tra 6.5% e 9% se i pazienti erano sottoposti solo a dieta ed esercizio fisico. La randomizzazione prevedeva una iniezione settimanale o di placebo o di dulaglutide alla dose di 0.75 mg, o dulaglutide alla dose di 1.5 mg per 26 settimane. Il gruppo di partecipanti che ha ricevuto la dose di 1.5 mg ha iniziato con un dosaggio di 0.75 mg per le prime 4 settimane e in caso di assenza di effetti collaterali il dosaggio veniva progressivamente aumentato fino a 1.5 mg. Al termine delle 26 settimane i pazienti che avevano inizialmente ricevuto placebo hanno successivamente ricevuto una dose settimanale di dulaglutide al dosaggio di 0.75 mg mentre il gruppo che aveva ricevuto dilaglutide ha continuato a ricevere il farmaco al medesimo dosaggio.

Risultati

L’obiettivo primario di tale studio era quello di verificare il cambiamento dell’emoglobina glicata alla 26°settimana. Alla 26° settimana il livello medio di Hb1Ac era diminuito dello 0,8% nei gruppi che utilizzavano dulaglutide mentre risultava incrementato dello 0,6% nel gruppo placebo.

Il secondo obiettivo era quello di valutare il cambiamento della glicemia a digiuno e del BMI.  Il valore di glucosio a digiuno è risultato aumentato nel gruppo placebo e diminuito nel gruppo trattato con dulaglutide. I due gruppi non presentavano differenza per quanto riguarda il BMI. Tale dato appare discordante con i dati riportati dalla popolazione adulta dove invece è stato registrata una diminuzione del BMI nei pazienti trattati con Dulaglutide. Alla base di questa discordanza di risultati potrebbe esserci, se comparati con l’adulto, sia il maggior grado di insulino-resistenza sia la rapida progressione nella perdita del controllo glicemico che potenzialmente rende i giovani pazienti affetti da DMT2 resistenti alla perdita di peso nonostante il trattamento. Anche il valore medio di colesterolo totale, colesterolo LDL e trigliceridi risultava essere aumentato nel gruppo placebo rispetto ai gruppi trattati con dulaglutide. Non venivano riscontrate significative differenze fra i due gruppi per quanto riguarda frequenza cardiaca e pressione arteriosa. Il profilo di sicurezza del farmaco è stato confermato nel trial cosi come già riportato per gli adulti. I più comuni effetti collaterali riportati sono stati quelli a carico dell’apparato gastroenterico, principalmente di lieve entità e insorti quasi sempre subito dopo l’inizio della terapia.

Punti di forza:

-tipo di studio (doppio cieco randomizzato), numero partecipanti ed eterogeneità del campione

-non solo nel maggior controllo glicemico ma anche circa le modalità di somministrazione e frequenza del farmaco. La somministrazione settimanale con un device che non richiede di essere ricostituito o manipolato dimostrandone, cosi come già avvenuto nell’adulto, una maggior facilità d’uso che può avere una notevole rilevanza nella compliance terapeutica a lungo termine.

Limitazioni:

-alte dosi di dulaglutide (3.0 mg and 4.5 mg) sono adesso disponibili mentre non lo erano ai tempi dello studio

-Dulaglutide non si è dimostrata superiore al placebo per quel che riguarda la diminuzione del BMI

Conclusioni:

Il trattamento con dulaglutide alla dose settimanale di 0.75 mg o 1.5 mg è superiore al placebo nel migliorare il controllo glicemico nelle prime 26 settimane di trattamento in giovani affetti da diabete di tipo 2 che erano stati trattati con o senza metformina e/o insulina, senza effetti sul BMI.