n. 01 - aprile 2022

 a cura di Sara Ciccone

Maniatis AK1, Nadgir U2, Saenger P3, Reifschneider KL4, Abuzzahab J5, Deeb L6, Fox LA7, Woods KA8, Song W9, Mao M9, Chessler SD9, Komirenko AS9, Shu AD9, Casella SJ10, Thornton PS11

1Rocky Mountain Pediatric Endocrinology, Centennial, CO, USA2 Center of Excellence in Diabetes and Endocrinology, Sacramento, CA, USA3 New York University Langone, Mineola, NY, USA4 Hospital of The Kings Daughters, Norfolk, VA, USA5 Children’s Minnesota, Saint Paul, MN, USA6 TMH Physician Partners Metabolic Health Center Pediatric Endocrinology, Tallahassee FL, USA7 Nemours Children’s Health, Jacksonville, FL, USA8 Doernbecher Children's Hospital at Oregon Health and Sciences University, Portland, OR, USA9 Ascendis Pharma, Incorporated, Palo Alto, CA, USA10 Children’s Hospital at Dartmouth, Lebanon, NH, USA11 Cook Children’s Medical Center, Fort Worth, TX, USA

Switching to Weekly Lonapegsomatropin from Daily Somatropin in Children with Growth Hormone Deficiency: The fliGHt Trial

Switch da GH quotidiano a Lonapegsomatotropin settimanale in bambini con deficit di GH: il Trial fliGHt

Horm Res Paediatr. 2022 Mar 9. doi: 10.1159/000524003. Online ahead of print.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35263755/

La somministrazione di GH sottocute quotidiana, per anni o a vita, rappresenta per i pazienti GHD e i loro caregiver un peso che contribuisce alla scarsa aderenza e quindi ad una ridotta efficacia terapeutica. Per tale ragione, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli sforzi per sviluppare formulazioni di GH long-acting attraverso tecnologie diverse (1). Risultati promettenti sembrano oggi associati al lonapegsomatropin (L.), un profarmaco dove il GH è legato da un trasportatore a lunga durata d’azione (TransCon) mediante un legame covalente idrolizzabile, che rilascia il GH a determinati valori di pH e temperatura, in modo prevedibile e permette somministrazioni settimanali.

Lo studio cardine di fase 3 che ha preceduto questo trial, randomizzato controllato, definito “heiGHt Trial”, 161 pazienti GHD prepuberi GH-naive sono stati randomizzati a ricevere la formulazione giornaliera o settimanale di GH con L. con dose settimanale equivalente per entrambe le formulazioni (0.24 mg/kg/settimana). Nei pazienti in terapia con  L., la velocità di crescita media a 12 mesi risultava superiore rispetto ai trattati con GH quotidiano (11.2 vs 10.3 cm/anno), mentre l’incremento staturale SDS ed il profilo di sicurezza risultavano paragonabili. I livelli di IGF-1 mostravano un picco a 48 ore dopo la somministrazione di L. tornando a livelli predose prima della successiva iniezione. Le concentrazioni di IGF-1 SDS medie stimate risultavano più elevate nei pazienti in terapia con L. di +0.72 SDS (2). Il 7.6% dei pazienti in L. raggiungeva concentrazioni medie stimate di IGF-1 > 2 SDS vs il 3.6% dei pazienti in terapia con GH quotidiano.

Lo studio multicentrico “in aperto” di fase 3 "fliGHt Trial”, durato sei mesi, ha arruolato 146 bambini con GHD (età media 10.6 anni, range 1.2-17.4 anni, età media alla diagnosi di GHD 9.4 anni). I pazienti in terapia con GH giornaliero (dosaggio medio 0.29 mg/kg/settimana) sono passati  alla mono-somministrazione settimanale (0.24 mg/kg/settimana). Gli effetti avversi legati alla terapia sono risultati paragonabili a quelli del GH somministrato quotidianamente; i valori di HbA1c, FT4, cortisolo del mattino risultavano stabili e nella norma. A sei mesi dallo switch si è assistito ad un incremento della velocità di crescita media e della statura in SDS (+0.25) con risultati migliori nei pazienti più giovani, con basso stadio di Tanner e da meno tempo in terapia con GH poiché non avevano completato il catch-up growth e/o avevano maggior spazio per poter recuperare.

I valori di IGF-1sono aumentati  a 3 e 6 mesi in media di + 0.7 SDS rispetto a prima dello switch. Un terzo dei pazienti con IGF-1 basali ≤2 SDS aveva valori di IGF-1 >2 SDS a 6 mesi; il 70% dei soggetti con IGF-1 basali >2 SDS li manteneva a 6 mesi. I pazienti e i genitori hanno espresso una preferenza per la formulazione settimanale. Il peso della terapia, valutato tramite una versione adattata del Child Sheehan Disability Score, si è ridotto rispetto al basale in modo significativo.

Tra i principali limiti dello studio vi è la breve durata; tuttavia 298 soggetti hanno proseguito la valutazione di sicurezza ed efficacia nello studio di estensione a lungo termine “enliGHten trial”, ancora in corso, che ha al momento già dimostrato un miglioramento sostenuto della statura SDS e un buon profilo di sicurezza a due anni di terapia (3). Un altro limite è l’opinabile definizione di GHD per l’arruolamento (almeno una delle seguenti: 2 test da stimolo con picco di GH≤ 10 ng/mL, statura ≤ -2 SDS e/o ≥ 1.5 SDS al di sotto del target, IGF-1 ≤ -1 SDS, età ossea ritardata ≥ 6 mesi rispetto all’età cronologica, diagnosi di un altro deficit ormonale e/o ipopituitarismo congenito), definizione che ha certamente incluso dei pazienti non GHD.

I dati degli studi sono stati valutati da FDA e EMA ad inizio 2021 con conseguente approvazione da parte dell’FDA di questa nuova formulazione settimanale per bambini con GHD di età superiore all’anno e peso superiore agli 11.5 kg, mentre è recentissima la notizia dell’approvazione di EMA per bambini con GHD dai 3 ai 18 anni (4).

La perdita del pattern pulsatile della secrezione di GH ed i livelli potenzialmente sovrafisiologici di IGF-1 legati alla formulazione long-acting richiedono comunque un’attenta valutazione e uno stretto monitoraggio degli effetti avversi a breve ed a lungo termine.

1) Pampanini V, Deodati A, Inzaghi E, Cianfarani S. Long-acting growth hormone preparations and their use in children with growth hormone deficiency. Horm Res Paediatr. 2022 Feb 25. doi: 10.1159/000523791.

2) Thornton PS, Maniatis AK, Aghajanova E, Chertok E, Vlachopapadopoulou E, Lin Z, et al. Weekly Lonapegsomatropin in Treatment-Naive Children with Growth Hormone Deficiency: The Phase 3 heiGHt Trial. J Clin Endocrinol Metab. 2021

3) Maniatis AK CS, Nadgir UM, Hofman P, Saenger P, Chertok E, Aghajanova EM, Song W, Mao M, Chessler SD, Komirenko A, Beckert M, Shu AD, Thornton PS. Efficacy and Safety of up to 2 Years of Treatment With TransCon hGH (Lonapegsomatropin) in Treatment-Naïve and Treatment-Experienced Children With Growth Hormone Deficiency. J Endocr Soc 2021;5

4) https://www.ema.europa.eu/en/medicines/human/EPAR/lonapegsomatropin-ascendis-pharma

 

 a cura di Giuseppa Patti

Juriaans AF1,2,3, Kerkhof GF1,2, Hokken-Koelega ACS1,2,3.

1. National Reference Center for Prader-Willi Syndrome and Prader-Willi-like, The Netherlands; 2. Department of Pediatrics, Subdivision of Endocrinology, Erasmus Medical Center, The Netherlands and 3. Dutch Growth Research Foundation, Rotterdam, The Netherlands

The Spectrum of the Prader-Willi-like Pheno- and Genotype: A Review of the Literature.

Lo spettro della Prader Willi-like Sindrome:  Genotipo e Fenotipo e Revisione della Letteratura

Endocr Rev. 2022 Jan 12;43(1):1-18. doi: 10.1210/endrev/bnab026. PMID: 34460908.

https://doi.org/10.1210/endrev/bnab026

Si tratta di una review molto dettagliata sulle condizioni che rientrano nello spettro della Sindrome di Prader Willi (PWS) ed è stata presentata da Juriaans et nel numero di febbraio 2022 di Endocrine Reviews.

Juriaans et al. mettono in rassegna le principali condizioni da considerare nei soggetti con fenotipo PWS ma con genetica negativa ed in particolare:

Sindrome di Temple. Si tratta di una malattia da imprinting che coinvolge i geni localizzati a livello della regione 14q32, caratterizzata da ritardo di crescita intrauterina e postnatale. Caratteristiche peculiari sono la presenza di feeding problems nei primi anni di vita seguiti successivamente da iperfagia e obesità (caratteristiche che la accomunano alla PWS). Questa sindrome è generalmente associata a pubertà precoce. Dal punto di vista genetico vi è la raccomandazione ad eseguire indagini genetiche per sindrome Temple nel bambino con periodo neonatale simile al paziente affetto da Sindrome di PWS( neonato ipotonico, feeding difficulties) con indagini per PWS negativo soprattutto se nati piccoli per l’età gestazionale.

Schaaf–Yang syndrome è causata da una mutazione a carico della copia paterna del gene MAGEL2, localizzato sul cromosoma 15q11.2. I pazienti presentano ipotonia, difficoltà di alimentazione, ipogonadismo , ritardo cognitivo, disturbi del comportamento, bassa statura, mani e piedi piccoli. Possono essere presenti inoltre ipopituitarismo e difficoltà respiratorie. La maggior parte dei pazienti presenta inoltre contratture articolari, una caratteristica in genere non presente nei soggetti affetti da PWS. È presente inoltre disturbo dello spettro autistico mentre a differenza dei soggetti con PWS non è generalmente presente obesità.

In Tabella 1 sono illustrate  le principali condizioni che rientrano in diagnosi differenziale con la PWS e le caratteristiche fenotipiche che li accomunano o meno alla sindrome

Il messaggio pratico che emerge dalla review è la necessità di eseguire in soggetti con fenotipo PWS e genetica per PWS negativa: 1) Il test di metilazione della regione 14q32 nel sospetto di sindrome di Temple soprattutto se il bambino è nato piccolo per età gestazionale o con storia di pubertà precoce 2) se indagini per Sindrome Temple negative eseguire SNP array 3) se anche SNP array negativo allora vi è indicazione a pannelli genetici e/o Whole Exome Sequencing.

In figura 1 è rappresentata la versione grafica dell’abstract ( tratto da Jurians et al. 2022 e modificato).

Tabella 1. Rappresentazione schematica delle principali condizioni cliniche che entrano in diagnosi differenziale con la PWS e delle loro manifestazioni fenotipiche

 

 a cura di Anna Di Sessa
 

Stinson SE1, Jonsson AE1, Fernández de Retana Alzola I1, Lund MAV2,3, Frithioff-Bøjsøe C1,3, Holm LA1,3, Fonvig CE1,3,4, Pedersen O1, Ängquist L1, Sørensen TIA1,5, Holst JJ1,2,Christiansen M2,6, Holm JC1,3,7, Hartmann B1,2, Hansen T1

1. Novo Nordisk Foundation Center for Basic Metabolic Research, Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, 2200 Copenhagen, Denmark 2. Department of Biomedical Sciences, Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, 2200 Copenhagen, Denmark 3. The Children’s Obesity Clinic, accredited European Centre for Obesity Management, Department of Pediatrics, Holbæk Hospital, 4300 Holbæk, Denmark 4. Department of Pediatrics, Kolding Hospital a part of Lillebælt Hospital, 6000 Kolding, Denmark 5. Department of Public Health, Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, 1353 Copenhagen, Denmark 6. Department for Congenital Disorders, Statens Serum Institute, 2300 Copenhagen, Denmark 7. Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, 2200 Copenhagen, Denmark


Hyperglucagonemia in pediatric adiposity associates with cardiometabolic risk factors but not hyperglycemia.

L’iperglucagonemia correla coi fattori di rischio cardiometabolico ma non con l’iperglicemia nei bambini ed adolescenti con obesità

J Clin Endocrinol Metab. 2022 Feb 25:dgac108. doi: 10.1210/clinem/dgac108. Epubahead of print. PMID: 35213713.

https://doi.org/10.1210/clinem/dgac108

Elevati livelli di glucagone correlano con numerosi fattori di rischio cardiometabolico e contribuiscono all’iperglicemia nei soggetti adulti con diabete mellito tipo 2 (T2D). Inoltre, nei pazienti adulti con obesità e normo-tolleranza glicemica l’iperglucagonemia può manifestarsi precocemente nel contesto delle alterazioni dell’omeostasi glucidica. Tuttavia, il ruolo del glucagone nel dismetabolismo dei bambini con obesità quale marker precoce di comorbidità è poco noto.

Lo studio HOLBAEK ha esaminato un totale di 4012 bambini ed adolescenti danesi di età compresa tra 6 e 19 anni ,suddivisi in due gruppi (n=2154 con obesità e n=1858 normopeso). I soggetti con diagnosi di diabete (sia tipo 1 che 2) , in terapia con farmaci ipoglicemizzanti o insulino-sensibilizzanti o con valori di glicemia >126 mg/dl  e/o emoglobina glicata >6.5%, diagnostici per T2D sono stati esclusi dallo studio. E’ stata eseguita in tutti i pazienti un’accurata valutazione clinico-metabolica ed in un sottogruppo anche un approfondimento strumentale per la determinazione della percentuale di grasso corporeo (mediante densitometria ossea) ed epatico (mediante spettroscopia protonica di risonanza magnetica).

I pazienti con obesità hanno presentato un profilo di rischio cardiometabolico peggiore (definito da elevati valori di circonferenza vita, pressione arteriosa (SDS-BP), glicemia, insulina, C-peptide, HbA1c, proteina C –reattiva (hs-CRP), trigliceridi, colesterolo LDL, HOMA-IR, ridotti livelli di colesterolo HDL e più alte percentuali di grasso corporeo ed epatico) rispetto al gruppo normopeso (tutte le p<0.001). Elevati livelli di glucagonemia, inoltre, sono stati riscontrati nel gruppo di pazienti con obesità rispetto al gruppo normopeso (mediana 7.8; IQR 5.5-10.8 vs. 5.5; IQR 3.9-7.7 pmol/L rispettivamente, p<0.001). I valori di BMI-SDS, circonferenza vita, SDS-BP, insulina,C-peptide, hs-CRP, trigliceridi, colesterolo LDL, HOMA-IR e le percentuali di grasso corporeo ed epatico hanno mostrato una correlazione positiva con i livelli di glucagone, mentre un’associazione inversa è stata dimostrata tra glicemia e glucagonemia.

La correlazione tra fattori di rischio cardiometabolici e glucagone, inoltre, si è dimostrata significativa per hs-CRP, HOMA-IR, insulina, C-peptide, LDL-C, trigliceridi e SDS-BP nel gruppo con obesità rispetto al normopeso dopo correzione per sesso ed età (tutte le p interaction <0.05)

Per studiare ulteriormente la correlazione negativa tra glicemia e glucagonemia, la popolazione è stata suddivisa in quartili di BMI-SDS ed è stato applicato un modello di interazione (glucagone ed insulina) corretto per sesso ed età. Un’interazione significativa è stata descritta  nel quartile più alto (p interaction = 7.8E-04), in cui il glucagone  si è dimostrato inversamente associato alla glicemia nei soggetti con bassi livelli di insulina (β -0.23, p=4.2E-07) ma non in coloro che avevano  elevati livelli di insulina (β-0.04, p=0.31). Inoltre, un incremento di 1SD di glucagone è stato associato con un’alta prevalenza di insulino-resistenza (OR 1.31, p=9.1E-10), di elevati valori di ALT (OR 1.37, p=4.0E-14), dislipidemia (OR 1.20, p=8.2E-06) ed ipertensione (OR 1.17, p=0.001) ma nessuna correlazione significativa è stata dimostrata con l’iperglicemia (OR 0.92, p=0.09) dopo correzione per età, sesso e BMI-SDS. Le associazioni rimanevano tutte significative, ad eccezione di quella con l’ipertensione, dopo ulteriore correzione per stadio puberale.

Gli autori hanno poi valutato il diverso effetto dei due gruppi sull’associazione tra glucagone e rischio cardiometabolico. Un ‘interazione significativa per iperglicemia (p interaction =0.02) con un più basso OR corretto per sesso ed età è stato riscontrata nel gruppo normopeso rispetto a quello con obesità (OR 0.68, p=0.009 vs. OR 0.99, p=0.88, rispettivamente). Un più alto OR, invece, è stato descritto per l’insulino-resistenza nel gruppo con obesità rispetto al normopeso (OR 1.46 p=4.9E-16 vs. OR 1.14, p=0.27, rispettivamente). Infine, il glucagone si è dimostrato correlato positivamente col GLP-1 in tutta la popolazione (p<0.001) dopo correzione per età e BMI-SDS.

In conclusione, bambini ed adolescenti con obesità presentano elevati livelli di glucagone rispetto ai normopeso. Nel gruppo con obesità, inoltre, il glucagone correla positivamente con un peggiore profilo di rischio cardiometabolico ad eccezione della glicemia.

 Il link fisiopatologico tra iperglucagonemia e rischio cardiometabolico è tuttora sconosciuto ma verosimilmente multidimensionale, in cui l’esistenza dell’asse “fegato-cellule alfa” con un ruolo cruciale svolto dagli aminoacidi e dai peptidi gastrointestinali potrebbe contribuire a fare luce su tale associazione.  Sebbene si tratti di uno studio retrospettivo che non consente di stabilire alcun nesso di causalità, il lavoro fornisce importanti dati provenienti da un’ampia casistica sul ruolo dell’iperglucagonemia quale marker di rischio cardiometabolico, potendo essa precedere lo sviluppo di alterazioni dell’omeostasi glucidica nei bambini ed adolescenti con obesità.