2/2021

A cura di Ilaria Brambilla

Dexamethasone Stimulation Test in the Diagnostic Work-Up of Growth Hormone Deficiency in Childhood: Clinical Value and Comparison With Insulin-Induced Hypoglycemia

Cattoni A, Molinari S, Medici F, De Lorenzo P, Valsecchi MG, Masera N, Adavastro M, Biondi A.

Front Endocrinol (Lausanne). 2020 Dec 9;11:599302. doi: 10.3389/fendo.2020.599302. PMID: 33362716; PMCID: PMC7757782..

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fendo.2020.599302/full

In questa breve trattazione riporto i dati di uno studio monocentrico, osservazionale, retrospettivo, condotto presso il servizio di Endocrinologia Pediatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza dal primo Gennaio 2008 al 31 Dicembre 2019.

Lo studio si propone, in prima istanza, di valutare la potenza clinica del test con desametasone nella diagnostica del deficit di ormone della crescita, partendo dal presupposto che l’impiego diagnostico di alcuni secretagoghi, quali soprattutto l’insulina, il glucagone e la clonidina, espone il paziente pediatrico a potenziali effetti collaterali come vomito, ipoglicemia severa e ipotensione. Inoltre, il test dell’ipoglicemia insulinica (ITT), sebbene sia considerato il gold standard per valutare la riserva secretoria ipofisaria di ormone della crescita nell’età di transizione e in età adulta, è controindicato nei bambini molto piccoli o in caso di patologie coesistenti (ad es. errori congeniti del metabolismo inerenti l’omeostasi glucidica con il rischio di sviluppare ipoglicemia, coronaropatia, storia di convulsioni, etc).

D’altro canto, se da un lato, a partire dal 1970, molti studi hanno documentato l’increzione di GH nell’adulto dopo somministrazione orale o endovenosa di desametasone, dall’altro non esistono prove di efficacia e accuratezza del suo utilizzo nell’età pediatrica.

Dopo una prima risposta patologica dell’ormone della crescita allo stimolo con arginina, i 199 pazienti pediatrici sani e non sindromici reclutati nello studio, di età compresa tra 1.01 e 15.73 anni, con sospetto clinico e auxologico di deficit di ormone della crescita, sono stati sottoposti a secondo test di stimolo con insulina o con desametasone. La risposta patologica all’arginina è stata quindi confermata nell’80.2% dei pazienti dopo somministrazione di insulina e nel 76.4% dei pazienti dopo somministrazione di desametasone, senza differenze statisticamente significative tra i due gruppi. Secondo le più recenti linee guida e in accordo con la Nota di prescrittibilità AIFA 39, venivano considerati suggestivi per sospetto deficit di ormone della crescita, picchi secretori di somatropina < 8 ng/ml. In particolare, per valutare l’efficacia del “second-line test”, non sono stati considerati i pazienti che presentavano un normale picco di ormone della crescita al tempo 0 e/o al tempo 20, a testimonianza del fatto che una normale increzione ormonale prima dell’impiego del farmaco non contribuisse a definire l’efficacia dello stimolo nel determinismo della risposta.

L’obiettivo secondario dello studio prevedeva di confrontare i valori di picco di ormone della crescita ottenuti da test differenti, impiegati in prima e seconda linea (arginina e insulina/desametasone).

Il picco medio raggiunto di ormone della crescita è risultato globalmente sovrapponibile dopo utilizzo di insulina e dopo utilizzo di desametasone ed il suo valore è da considerarsi statisticamente più elevato rispetto ai risultati ottenuti dopo test con arginina. Inoltre, l’impiego del desametasone non ha determinato la comparsa di effetti collaterali, delineando un ottimo profilo di sicurezza clinica.

Tra i principali limiti dello studio vi sono la numerosità dei prelievi ematici effettuati in corso di test con desametasone (prelievo ogni 30’ da T0 a T120’ e successivamente ogni 15’ sino al T240’), caratteristica che potrebbe potenzialmente ridurre la compliance del piccolo paziente, la natura retrospettiva dell’impostazione e la mancata esecuzione sequenziale di entrambi i test di stimolo con insulina e con desametasone nello stesso paziente, dato che non ha consentito di effettuare un confronto diretto sugli effetti dei due secretagoghi nel medesimo soggetto.

Nonostante i limiti intrinseci allo studio, questo contributo scientifico offre a mio parere un’utile alternativa nella diagnostica di laboratorio dei quadri di bassa statura potenzialmente riconducibili a deficit ipofisario di ormone della crescita, soprattutto per la possibilità di ridimensionare il rischio di comparsa di temibili complicanze legate a ipoglicemia severa, tipiche dell’impiego di alcuni stimoli farmacologici (es. insulina, glucagone).

Tale aspetto si rivela ancor più rilevante in considerazione della recente modifica della Nota AIFA 39 (determina 16 aprile 2020), che puntualizza, nell’ambito delle indagini di laboratorio, la necessità di diversificare i test diagnostici, sempre da eseguirsi in giorni differenti. Prospetticamente, la stessa nota ministeriale e le raccomandazioni di pratica clinica potrebbero in un futuro meglio dettagliare i test diagnostici ottimali da assegnare a ciascuna tipologia di paziente.

La scelta di utilizzo di uno stimolo secretagogo deve in ogni caso prevedere una scrupolosa valutazione degli aspetti clinici propri di ciascun paziente pediatrico e, in caso di impiego di desametasone, una attenta indagine sull’eventuale presenza di turbe della funzionalità surrenalica, di natura primaria o secondaria, e/o di patologie concomitanti (es. iperglicemie ricorrenti, ipertensione arteriosa, etc) che potrebbero interferire con il test.

 

A cura di Raffaele Buganza

Long-term safety of growth hormone treatment in childhood: Two large observational studies NordiNet® IOS and ANSWER

L. Sävendahl, M. Polak, P. Backeljauw, J.C. Blair, B.S. Miller, T.R. Rohrer, A. Hokken-Koelega, A. Pietropoli, N. Kelepouris, J. Ross

J Clin Endocrinol Metab. 2021 Feb 11;dgab080. doi: 10.1210/clinem/dgab080. Online ahead of print.

https://academic.oup.com/jcem/advance-article/doi/10.1210/clinem/dgab080/6133442

Questo articolo riporta i dati derivanti da due studi multicentrici osservazionali sull’utilizzo di ormone della crescita (GH) (Norditropin; Novo Nordisk A/S): NordiNet IOS (2006–2016, Europa) e ANSWER (2002–2016, USA). Nei 37702 pazienti, stratificati in classi di rischio, è stata valutata l’incidenza di eventi avversi gravi e di reazioni avverse gravi e non gravi al farmaco. Complessivamente non sono stati riscontrati nuovi segnali di preoccupazione sulla sicurezza del GH e non è stata evidenziata una correlazione tra dose di GH e rischio di mortalità o incidenza degli eventi considerati. Quest’ultima è risultata minore nel gruppo a basso rischio, comprendente IGHD, ISS, SGA (con più eventi avversi gravi tra gli SGA, probabilmente per un’aumentata morbilità intrinseca a questa condizione). 

Gli eventi più frequenti sono stati cefalea, artralgia, scoliosi e reazioni nel sito di iniezione. Sono stati descritti solo due eventi cardiovascolari nel gruppo a basso rischio (ipotensione e ematoma alla coscia) e nessuna emorragia cerebrale in nessun gruppo. Sono state riportate 62 neoplasie in 56 pazienti (la maggior parte nel gruppo ad alto rischio), di cui 3 considerate probabilmente correlate a GH; due di queste (nevo melanocitico e lipoma) nel gruppo a basso rischio. È stato, infine, identificato un singolo caso di tumore osseo (osteosarcoma) in un paziente con pregresso medulloblastoma.

Questo studio dà un importante contributo sul tema della sicurezza del GH. Non sono numerosi gli studi a lungo termine su grandi popolazioni, alcuni con risultati contrastanti. Nel 2012, sulla coorte francese dello studio SAGhE, veniva riportata un’aumentata mortalità in età adulta nella popolazione a basso rischio trattata in precedenza con GH, in particolare con dosi superiori a 50 μg/kg/die, oltre a un’aumentata mortalità per tumori ossei, patologie del sistema circolatorio ed emorragie cerebrali. La principale critica a quello studio era sull’aver confrontato la mortalità con quella della popolazione generale e non di soggetti con le stesse caratteristiche dei pazienti trattati con GH. Sulla popolazione SAGhE a basso rischio di Belgio, Olanda e Svezia, invece, il 76% dei decessi era legato a incidenti o suicidio e non veniva riscontrata nessuna morte per tumore o malattie cardiovascolari. Anche il GH Safety Workshop del 2016 concludeva che le evidenze aggregate non confermavano una correlazione tra terapia con GH e mortalità totale e sottolineava come molte delle patologie trattate comportano di per sè un aumentato rischio di mortalità. Nel 2020 i risultati complessivi sulla coorte europea SAGhE di 24232 pazienti hanno evidenziato che nei pazienti a basso rischio (le altre categorie comprendevano un intrinseco maggior rischio di mortalità) la mortalità totale rispetto a quella attesa non risultava aumentata in IGHD e ISS, mentre lo era tra gli SGA per l’influenza della subcoorte francese, senza relazione con il dosaggio. Si riscontrava, inoltre, un aumento della mortalità per cause circolatorie ed ematologiche.

L’analisi dei dati di NordiNet IOS e ANSWER, il cui punto di forza deriva dall’ampio numero di soggetti coinvolti, non ha confermato alcuni dei punti di preoccupazione emersi dai lavori sopracitati. Tuttavia, è importante sottolineare che tra i suoi limiti principali vi erano l’assenza di una popolazione di controllo, il limite di età pari a 20 anni ed il follow-up limitato al tempo di trattamento con GH, con conseguente assenza di dati sul più lungo periodo ed in età adulta. Occorrerà attendere evidenze su ulteriori casistiche, soprattutto con follow-up più prolungati, per trarre conclusioni definitive; tuttavia da questo studio emerge complessivamente un buon profilo di sicurezza.

 

A cura di Silvana Caiulo

Development of a risk prediction model for early discrimination between permanent and transient congenital hypothyroidism

Ladan Mehran, Fereidoun Azizi, Pouria Mousapour, Leila Cheraghi, Shahin Yarahmadi, Golshan Amirshekari, Davood Khalili

Endocrine. 2021 Feb 22. Epub ahead of print.

PMID: 33616836. DOI: 10.1007/s12020-021-02641-0

https://link.springer.com/article/10.1007/s12020-021-02641-0

Lo studio sviluppa un modello di predizione del rischio per la discriminazione precoce tra ipotiroidismo congenito (IC) transitorio e permanente.

Si tratta di uno studio retrospettivo condotto su 1047 neonati con IC confermato, nati in 15 province dell’Iran. La diagnosi di IC alla nascita si basava sul riscontro di TSH sierico (s-TSH) ≥ 10 mU/L.

Lo screening neonatale è stato eseguito con il dosaggio del blood-TSH (b-TSH) a 3-5 giorni di vita. I neonati con b-TSH compreso tra 5 e 9.9 mU/L sono stati richiamati per la conferma su siero, con il dosaggio di s-TSH e T4 totale (TT4). In presenza di s-TSH ≥ 10 mU/L o TT4 < 6.5 μg/dL si aveva la conferma della diagnosi di IC e, pertanto, veniva iniziata la terapia sostitutiva con Levotiroxina (LT4).

Gli autori esaminavano le seguenti variabili: sesso, basso peso alla nascita (LBW), modalità del parto, consanguineità tra i genitori, familiarità per patologia tiroidea, malformazioni congenite, b-TSH, s-TSH e TT4 alla diagnosi, s-TSH a sei mesi di vita, necessità di aumentare la dose di LT4. La diagnosi di IC permanente è stata posta all’età di tre anni in presenza di s-TSH ≥ 10 mU/L in corso di trattamento, oppure dopo 4 settimane dalla sospensione della terapia.

Dopo tre anni di follow-up, la prevalenza di IC permanente e transitorio è stata rispettivamente del 57,1% e del 42.9%. Mediante l’impiego di un’analisi di regressione logistica stepwise progressiva sono stati documentati i fattori associati con un aumentato rischio di IC permanente: il s-TSH di conferma, il TT4 < 8.2 ng/dl, la necessità di aumentare la dose di LT4, il s-TSH ≥ 10 mU/l ad un’età compresa tra 6 e 12 mesi di vita, la consanguineità dei genitori, la storia familiare di patologia tiroidea. Questo modello di predizione raggiungeva un buon potere nel discriminare i pazienti con IC permanente e transitorio. Gli autori concludevano che il modello sviluppato può essere utilizzato come strumento di screening per la riduzione dei costi al fine di evitare un trattamento a lungo termine non necessario nei casi transitori.

Lo studio ha alcuni limiti che meritano di essere sottolineati. In particolare, non è stata indagata l’eziologia dell’IC, in nessun caso è stato eseguito l’imaging della tiroide, e non sono state riportate informazioni sullo stato di carenza iodica della madre durante la gravidanza. Inoltre, la prematurità e la presenza di altre patologie alla nascita, così come un eventuale ricovero in terapia intensiva neonatale sono aspetti importanti che non sono stati inseriti tra le variabili valutate. Infine, anche il design retrospettivo va annoverato tra le limitazioni. Nonostante le suddette limitazioni, questo studio fa luce sull’importanza di individuare variabili cliniche e/o laboratoristiche che possano aiutare a distinguere precocemente tra le forme transitorie e quelle permanenti di IC. La creazione di un algoritmo validato ed approvato dalla Comunità Scientifica, in futuro potrebbe permettere di identificare precocemente i pazienti con diagnosi di IC transitorio candidati all’interruzione precoce della terapia con LT4.

 

A cura di Alberto Casertano

Improved Glycemic Outcomes With Medtronic MiniMed Advanced Hybrid Closed-Loop Delivery: Results From a Randomized Crossover Trial Comparing Automated Insulin Delivery With Predictive Low Glucose Suspend in People With Type 1 Diabetes.

Collyns OJ, Meier RA, Betts ZL, Chan DSH, Frampton C, Frewen CM, Hewapathirana NM, Jones SD, Roy A, Grosman B, Kurtz N, Shin J, Vigersky RA, Wheeler BJ, de Bock MI.

Diabetes Care. 2021 Feb 12:dc202250. doi: 10.2337/dc20-2250.

https://care.diabetesjournals.org/content/early/2021/02/11/dc20-2250

 

Obiettivo

Valutare l’efficacia e sicurezza del sistema integrato microinfusore-sensore “Advanced Hybrid Closed Loop” (AHCL) dal confronto col Predictive Low Glucose Suspend (PLGS) in termini di controllo glucometabolico (% Time in target range 70-180 mg/dl: TIR) e sicurezza (rischio ipo % < 70 mg/dl).

Disegno dello studio

Lo studio è randomizzato-controllato in aperto e crossover con pazienti afferenti in due centri Neozelandesi da maggio a Ottobre 2019 che presentassero seguenti criteri di inclusione: DM1 da almeno un anno, età 7-80 anni, fabbisogno insulinico minimo di 8 unità/die, terapia con microinfusore da almeno 6 mesi, motivazione e capacità di comprendere il protocollo, disponibilità di PC e internet. Criteri di esclusione: HbA1c ≥ 10, gravidanza, uso di farmaci per le complicanze del DM1 (esclusi ACE inibitori e statine), corticosteroidi e agonisti dello SGLT2 /GLP1. Ogni paziente, è stato formato sui sistemi AHCL e PLGS, sullo scarico dati (CareLink) e sulla conta dei carboidrati. Le due fasi di studio (una con AHCL, l’altra con PLGS), di 4 settimane sono state intervallate da un whash-out di 2 settimane, e precedute da un’iniziazione di 2-4 settimane: negli intervalli tra le due fasi si utilizzava un Low Glucose Suspend (LGS). I pazienti dovevano condurre la loro vita abituale, senza restrizioni eccetto per l’uso di acetaminofene. In AHCL il set point iniziale era 120 mg/dl per età 7-13 anni 100 mg/dl per over 14; Dopo 2 settimane in base al rischio ipo il set veniva modificato (a 100 se basso, a 120 se alto)

Risultati

Hanno completato lo studio 59 pazienti (35 femmine) 23,5 anni in media (7-65 aa; 19 con età 7-13, 40 di età maggiore di 14 aa) caratterizzati da

  • HbA1c media di 7,6 ± 0,9%,
  • Durata della malattia 13,2 ± 10,2 anni
  • Tempo medio di terapia con microinfusore di 6,3 ± 4,2 anni.

Prima dello studio 14 pazienti (23%) utilizzavano CGM real time, 20 (33%) il flash glucose monitoring (Abbott FreeStyle Libre) per più del 70% del tempo e 25 (44%) monitoraggio con glucometro.

Con AHCL si è osservato incremento del TIR (70,4 ± 8,1% vs. 57,9 ± 11,7%, P, 0,001) in particolare di notte (18,8 ± 12,9%) e per gli adolescenti (14,4 ± 8,4%), maggiore con set point a 100 mg/dl senza registrarsi incremento del rischio di ipoglicemia. Il miglioramento si è osservato anche per glicemia media: 153 ± 13 mg/dl per AHCL vs 171 ± 19 mg/dl (p<0,001) e per coefficiente di variazione della glicemia: 36,6% vs 36,8% (valore basale medio 37,6%). L’aderenza al nuovo sistema è stata alta, pari al 90% del tempo.

Considerazioni conclusive

Lo studio dimostra l’efficacia dell’automatismo in tutte le fasce d’età, con risultati particolarmente incoraggianti nella fascia critica degli adolescenti che spesso mostrano particolare ostilità all’autocontrollo e alla corretta guida del sistema semiautomatico. L’automatismo applicato ai boli oltre che alla basale si è dimostrato vincente in tal senso, in quanto capace di sopperire alle escursioni glicemiche post prandiali (disattenzione/imprecisione col calcolo dei carboidrati/trasgressioni) e simula molto più accuratamente l’insulinizzazione fisiologica (contributo medio del 21,5% dei boli quotidiani dallo scarico dati dei pazienti dello studio).