GLOBAL HEALTH

Interferenti endocrini ed influenza sulla funzione tiroidea


Come evidenziato da molteplici studi antropologici, le ultime generazioni hanno subìto un marcato aumento dei ritardi dello sviluppo neuro-cognitivo e di disturbi dello spettro autistico. Per lo più di origine incerta, in oltre il 40% dei casi di bambini con quoziente intellettivo <70 (così come per i problemi di iperattività) la causa sarebbe imputabile all’interazione fra fattori ambientali e genetici. 

In particolare, sarebbero chiamate in causa diverse sostanze chimiche alogenate (ad es, diossine, ftalati, triclosan) prevalentemente di derivazione industriale o agricola che, per via del caratteristico legame alogeno, sono potenzialmente in grado di interferire con il funzionamento del sistema endocrino e con l’omeostasi degli ormoni sessuali e della tiroide (da cui il termine di “endocrine disrupters”).

A livello di sviluppo fetale, la questione è doppiamente rilevante in quanto l’esposizione a queste sostanze, sia della madre prima che del feto dopo, altererebbero la funzionalità tiroidea con conseguenza sulla crescita postnatale e sullo sviluppo neurocognitivo.

Nel 2011 Woodruff e collaboratori hanno pubblicato un interessante report sul numero dei prodotti chimici ambientali presenti nel sangue di donne gravide americane, riportando in sintesi che sono presenti oltre 55 sostanze, di cui almeno 15 riscontrate anche nel liquido amniotico in dosi rilevabili. A tale lavoro si aggiungono quelli di Gilbert et al. del 2011 e 2012, che invece analizzano come gli endocrine disrupters inficino il signaling tiroideo aumentandone o riducendone l’attività a seconda della sostanza.

Ciò che si è visto finora è che, in casistiche numerose come in quella svedese del SELMA study, bambini con basso peso alla nascita, ritardo del linguaggio, ridotta distanza ano-genitale (questi tre parametri rappresentano le tre principali aree dove è noto gli endocrine disrupters possano agire, e cioè la crescita, lo sviluppo mentale e lo sviluppo sessuale), sono quelli in cui si riscontra un aumentato livello di alcuni endocrine disrupters (Ftalati, BPA, PFNA, PFOS etc…) ed un’aumentata incidenza di patologia tioridea.

In conclusione: nel sangue umano si trovano oltre 15 sostanze esogene dosabili, che vengono ritrovate poi anche nel liquido amniotico. Circa 2/3 di queste sostanze agiscono come disrupters sul signaling tiroideo e quindi sulla funzionalità della ghiandola.

Sebbene stiano aumentando il numero di studi sul ruolo del signaling tiroideo nello sviluppo del SNC fetale e sugli effetti negativi derivanti dall’esposizione materna queste sostanze (riscontrabile successivamente anche a livello di QI del bambino), non ci sono dati sull’effetto della combinazione di queste sostanze.

Condotta dalla prof.ssa Barbara Demeneix (capo del Dipartimento della Regolazione endocrina e diversità molecolare ed il laboratorio multidisciplinare CNRS presso il Museo di Storia naturale di Parigi), la plenaria davvero interessante si è conclusa con una provocante denuncia dello stallo a livello europeo nella legislazione sull’uso di queste sostanze causato dall’attività delle Lobby –affermazione impopolare da dire in una plenaria, ma vera e autenticamente condivisa dalla platea– come recentemente descritto nel lavoro pubblicato pochi mesi fa su The Lancet Diabetes and Endocrinology.  LL