18/2018

A cura di: Flavia Barbieri (Napoli) e Valentina Fattorusso (Napoli)

 

Oron T, Lazar L, Ben-Yishai S, Tenenbaum A, Yackobovitch-Gavan M, Meyerovitch J, Phillip M Lebenthal Y. Permanent versus transient congenital hypothyroidism: assessment of predictive variables. J Clin Endocrinol Metab. 2018 Sep 28. doi: 10.1210/jc.2018-00362.

 

La scintigrafia tiroidea eseguita alla diagnosi nel bambino affetto da ipotiroidismo congenito è uno strumento affidabile nel predire le forme di ipotiroidismo permanente quando riscontra agenesia o ectopia della ghiandola tiroidea. Tuttavia non sempre consente di differenziare tra forme transitorie e permanenti, nei casi di tiroide in sede. Obiettivo dello studio è stato pertanto quello di andare a determinare delle variabili predittive di forma permanente di ipotiroidismo congenito. Valori di TSH alla diagnosi> 63.5 mUI/l e di dose di L-tiroxina >4.6 mcg/kg/die ad un’età cronologica >6 mesi sembravano essere predittori di agenesia/ectopia tiroidea. Inoltre gli autori concludevano che una dose di L-tiroxina >2.2 mcg/Kg/die ad un’età cronologica >6 mesi potrebbe deporre per una forma permanente di ipotiroidismo congenito nei casi di tiroide eutopica.

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Grandone A, Cirillo G, Sasso M, Tornese G, Luongo C, Festa A, Marzuillo P, Miraglia Del Giudice E. MKRN3 Levels in Girls with Central Precocious Puberty during GnRHa Treatment: A Longitudinal Study. Horm Res Paediatr. 2018 Sep 28:1-6. doi: 10.1159/000493134.

 

Studi recenti hanno rivolto l’attenzione alla caratterizzazione di mutazioni genetiche associate all’attivazione precoce dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. Al momento solo poche mutazioni sono state identificate in pazienti affetti da Pubertà precoce centrale (PPC).  Tra queste è stata riscontrata una mutazione del gene MKRN3, che codifica per una proteina la cui funzione non è stata ancora del tutto chiarita. I livelli di tale proteina sembrerebbero ridursi all’esordio della pubertà, suggerendo quindi un ruolo inibitorio della secrezione pulsatile del GnRh.

L’obiettivo del lavoro è di valutare i livelli della MKRN3 prima e durante terapia con GnRh in pazienti affetti da PPC. Nessuno dei pazienti inclusi nello studio presentava mutazioni genetiche del gene MKRN3.  Inoltre si osservava che i pazienti affetti da PPC presentavano valori significativamente ridotti della proteina MKRN3 dopo 6 e 12 mesi di terapia frenante rispetto all’ingresso nello studio.

Ulteriori studi sono necessari per comprendere l’impatto della terapia frenante e i meccanismi alla base di tale cambiamento nel corso di terapia frenante.

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Ryu GR, Lee E, Kim JJ, Moon SD, Ko SH, Ahn YB, Song KH. Comparison of enteroendocrine cells and pancreatic β-cells using gene expression profiling and insulin gene methylation. PloS One 2018 Oct 31;13(10): e0206401. doi: 10.1371/journal.pone.0206401. eCollection 2018

 

 

In questo articolo pubblicato di recente su PloSOne, un gruppo di autori coreani compara le cellule enteroendocrine, presenti in grande numero nell’epitelio intestinale, alle cellule beta pancreatiche. Lo scopo dello studio è quello di valutare se tali cellule (numerose e non particolarmente difficili da ottenere) possono essere utilizzate come precursori di cellule pancreatiche per il trapianto di beta cellule in pazienti affetti da diabete di tipo 1. Tale terapia, seppur in fase sperimentale, è al momento l’unica cura definitiva del diabete di tipo 1 e presenta come grosso ostacolo proprio il limitato numero di donatori di pancreas. Le cellule enteroendocrine presentano un pathway di differenziazione embrionale simile a quello delle cellule beta del pancreas. Gli autori, quindi, si prefiggono lo scopo di analizzare le similitudini esistenti tra queste due popolazioni cellulari, così da sollecitare studi futuri che sfruttino le cellule enteroendocrine per ripristinare la massa beta cellulare. Le cellule enteroendocrine vengono sortate da cellule STC-1 (una linea eterogenea di cellule enteroendocrine) e ne vengono coltivate 5 sottotipi (L, K, G, I e S). Di ogni sottotipo viene valutata la produzione di ormoni per mezzo di RT-PCR e immunostaining; vengono, quindi, selezionati 3 cloni cellulari per ogni sottotipo e per ognuno di essi si valuta l’espressione genica analizzando i microarray. Tale analisi permette di osservare una importante similitudine tra tali cellule enteroendocrine e le cellule MIN-6 (una linea di cellule beta pancreatiche). Infine, viene analizzata l’espressione nelle cellule enteroendocrine di alcuni fattori di trascrizione tipici di MIN-6 e viene condotta un’analisi di metilazione del promotore del gene dell’insulina e ne risulta che un singolo clone dei sottotipi I, L e S di cellule enteroendocrine presenta tale regione genomica demetilata proprio come le cellule MIN-6.

In conclusione tale studio dimostra che almeno un clone di tre sottotipi di cellule enteroendocrine potrebbe essere sfruttato come precursore cellulare per il trapianto di beta-cellule in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1.

Tuttavia questo studio presenta alcuni limiti, come affermato dagli stessi autori:

  1. le cellule MIN-6 originano da cloni di cellule tumorali, per tale motivo presentano numerosi siti del genoma demetilati;
  2. per le cellule enetroendocrine si rileva una discrepanza tra espressione genica e secrezione ormonale; inoltre, la produzione di ormoni viene valutata solo allo stadio “basale” di tali cellule.

 

Nonostante tali limiti, tale studio è di grande impatto per la ricerca in ambito di trapianto di cellule beta.

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Correia-Costa L, Azevedo A, Caldas Afonso A. Childhood Obesity and Impact on the Kidney.Nephron. 2018 Oct 25:1-4. doi: 10.1159/000492826.

 

In questa interessante review gli autori discutono del ruolo dell’obesità come determinante indipendente di patologia renale. La glomerulopatia correlata all’obesità è una forma secondaria di glomerulosclerosi focale segmentaria caratterizzata da glomerulomegalia e proliferazione del mesangio e venne descritta per la prima volta nel 1975 da Cohen.  Il ruolo eziologico dell’obesità in tale glomerulopatia è stato studiato per gli adulti: nel 2017 una meta-analisi di Garofalo ha concluso che il BMI è un predittore indipendente di malattia renale cronica. In particolare, gli autori osservavano che l’obesità aumentava il rischio relativo di sviluppare basso filtrato glomerulare (GFR) e albuminuria in più di 600 mila soggetti adulti studiati per un periodo medio di follow-up di 6,8 anni.  Gli autori ipotizzano che le alterazioni del rene iniziano già in età pediatrica molto prima dell’insorgenza di ipertensione, diabete ed altri fattori di rischio. In letteratura è infatti riportato che i bambini obesi hanno reni più grandi dei soggetti di pari età normopeso e presentano un maggiore filtrato glomerulare, probabilmente come conseguenza di uno stato iperfiltrante. La fase di iperflitrazione sembra essere una risposta fisiologica di adattamento dei reni all’incremento della massa corporea; a lungo andare tale stato causa danno glomerulare con proteinuria e glomerulosclerosi. Altri studi riportano invece una riduzione del filtrato glomerulare. Gli autori ipotizzano che questi risultati contradditori per l’età pediatrica siano dovuti sia alla difficoltà di riconoscere in maniera tempestiva le alterazioni renali in tale epoca della vita e sia alla mancanza di una classificazione standardizzata per tale età. Ad esempio gli stessi autori della review in un lavoro del 2016 hanno trovato che in bambini sovrappeso ed obesi il GFR medio era più alto rispetto ai soggetti normopeso, ma il GFR corretto per la superficie corporea era più basso. 

In conclusione gli autori ribadiscono l’importanza della prevenzione e del trattamento dell’obesità in età pediatrica ed incoraggiano ulteriori studi longitudinali per stabilire la correlazione tra obesità e danno renale e per meglio definire la patologia renale cronica in età pediatrica.

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