13/2018

A cura di: Giuseppe Cannalire  (Piacenza) e Patrizia Bruzzi (Modena)

Ben Nasr M, D’Addio F, Malvandi AM et al. Prostaglandin E2 Stimulates the Expansion of Regulatory Hematopoietic Stem and Progenitor Cells in Type 1 Diabetes. Frontiers in Immunology, 2018 June 19

Importanza: le cellule staminali multipotenti (hematopoietic stem and progenitor cells HSPCs) sono utilizzate in ematologia per il trattamento di patologie maligne. La scoperta delle proprietà immunoregolatorie di queste cellule ha suggerito un loro utilizzo nel trattamento del diabete di tipo 1 autoimmune all’esordio. In questo ambito, la somministrazione di HSPCs in regime di immunosoppressione ha portato ad una remissione della patologia in una soddisfacente percentuale di pazienti ma è stata gravata dalla comparsa di effetti avversi legati all’immunosoppressione.

Obiettivo: proporre un modello innovativo e sicuro di trattamento con HSPCs nel diabete di tipo 1 autoimmune all’esordio.

Introduzione: è stato dimostrato recentemente (Sci Transl Med Nov 2017) che nelle HSPCs di soggetti affetti da diabete di tipo 1 autoimmune è presente un’alterazione dei geni che regolano la produzione della proteina immunoregolatrice PD-L1 e che un difetto di questa proteina favorisce l’insorgenza della risposta autoimmunitaria. Infondendo, in modello murino di diabete autoimmune, HSPCs ingegnerizzate per aumentare la sintesi di PD-L1, si ottiene un rimodellamento dell’infiammazione a livello pancreatico, si ferma la reazione autoimmune e si ristabilisce la normoglicemia. Analogo meccanismo è stato verificato in modelli, ex vivo, nei quali sono state utilizzate cellule umane.

Metodi:

  • valutazione dopo trapianto autologo non mieloablativo di HSPCs in 2 coorti di pazienti entro 6 settimane dall’esordio di diabete di tipo 1 autoimmune: 36 pazienti (27 M, 9 F), età media 22,4 anni ±  0,9, anticorpi anti-GAD 86%, altri autoanticorpi 17%. BMI medio: 20.7 kg/m2 ± 0.5. Emoglobina glicata media 86,6 mmol/mol ± 6.4.
  • valutazione dell’azione di cellule HSPCs modulate con PGE2 e citochine ematopoietiche in vitro, ex vivo ed in modello murino.

Risultati: miglioramento, nel campione di paziente diabetici, della riserva insulinica dopo trapianto autologo di HSPCs (Fig.1):

  • aumento > 2,5 ng/ml del valore medio di c-peptide 2 ore dopo il pasto da 12 a 24 mesi dal trattamento
  • aumento del picco di c-peptide 2 ore dopo il pasto a 6 mesi dal trattamento, con stabilità fino ai 24 mesi
  • correlazione positiva tra il numero di HSPCs infuse e valore di C-Peptide a 6 mesi dal trattamento e correlazione negativa con il fabbisogno insulinico a 8 e 12 mesi
  • un aumento della espressione della proteina immunoregolatoria PD-L1 nelle colture di cellule di pazienti diabetici e di controlli sani dopo la somministrazione di PGE2, soprattutto in caso di contemporanea supplementazione di citochine ematopoietiche
  • blocco della risposta autoimmune in modelli ex vivo e murini da parte di HSPCs modulate con PGE2.

Conclusioni e rilevanza clinica: lo studio descrive un modello di trattamento innovativo per il diabete di tipo 1 autoimmune all’esordio nel quale la stimolazione delle HSPCs da parte di PGE2, determina un aumento della espressione della proteina PD-L1 a cui consegue un blocco della risposta autoimmune.

Commento: viene proposto un interessante modello di trattamento che, potenzialmente, presenta meno effetti avversi rispetto al trapianto di cellule staminali associato ad immunosoppressione. L’utilizzo di PGE2 potenzierebbe il meccanismo, dimostrato in studi precedenti, di immunoregolazione delle cellule T autoreattive mediato dalla proteina PD-L1. Nonostante i risultati incoraggianti occorre cautela nella valutazione dei benefici a lungo termine. Per l’applicazione in ambito pediatrico, potrebbe essere utile considerare i dati emersi in un recente studio su popolazione di età inferiore a 12 anni (J Clin Invest May 2018) nel quale si descrivono alcuni meccanismi patogenetici peculiari suggerendo un’eterogeneità immunologica all’esordio del diabete di tipo 1 in questa fascia di età.

 

                          Fig. 1

 

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Levie D, Korevaar TIM, Bath SC et al. Thyroid Function in Early Pregnancy, Child IQ, and Autistic Traits: a Meta-analysis of Individual-participant Data. J Clin Endocrinol Metab. 2018 May 10. doi: 10.1210/jc.2018-00224

Importanza: il feto dipende completamente dagli ormoni tiroidei materni nelle prime 12 settimane di gravidanza non essendo ancora matura la tiroide fetale. Occorre, pertanto, ottimizzare la funzionalità tiroidea materna in questo periodo.

Obiettivo: verificare, su di un’ampia casistica, l’associazione tra funzionalità tiroidea materna nel primo trimestre di gravidanza, eventuale carenza di iodio ed outcome neuromotorio del bambino.

Introduzione: un discusso trial controllato, prospettico, randomizzato su oltre 26 mila gravide (Cochrane Data Sys Rev 2015), non ha mostrato differenze statisticamente significative nel quoziente intellettivo in figli (all’età di tre anni) nati da madri con alterazioni della funzione tiroidea, trattate o meno con levo-tiroxina.

Metodi: dati relativi a 9036 gravidanze raccolti da 3 studi di coorte su popolazione Spagnola, Olandese ed Inglese. Sono state escluse gravidanze multiple, pretermine e/o indotte da fecondazione assistita. Sono stati usati modelli di regressione lineare per studiare la correlazione tra FT4 e TSH materni nel primo trimestre di gravidanza e quoziente intellettivo verbale e non verbale del bambino e modelli di regressione logistica per studiare la correlazione tra FT4 e TSH materni nel primo trimestre di gravidanza e riscontro di disturbo dello spettro autistico nel bambino.

Outcome principali: quoziente intellettivo non verbale ed eventuale comparsa di tratti autistici a 5-8 anni, quoziente intellettivo verbale a 1,5-8 anni.

Risultati: la meta-analisi ha dimostrato che un valore di FT4 < 2,5° p.le nel primo trimestre di gravidanza è associato ad una riduzione di 3,9 punti (-5,7 to 2,2) di quoziente intellettivo non verbale e di 2,1 punti (-4 to -0,1) di quoziente intellettivo verbale nel bambino. Evidenziata, inoltre, una correlazione inversa tra valore di FT4 e tratti autistici. In presenza, invece, di valore di FT4 > 97,5° p.le, il rischio di disturbo delle spettro autistico aumenta di 1,9 volte (1 to 3,4) rispetto ai controlli. Non correlazioni statisticamente significative con il valore di TSH. I bambini nati da mamme con carenza lieve/moderata di iodio presentavano un minor quoziente intellettivo verbale.

Conclusioni e rilevanza clinica: da questa meta-analisi emerge l’importanza dello stretto monitoraggio della funzionalità tiroidea materna nel primo trimestre di gravidanza al fine di correggere un FT4 eccessivamente basso o elevato ed il conseguente peggior outcome neuromotorio con aumentato rischio di comparsa di tratti autistici nel bambino. Meno importante sembra essere il ruolo svolto dal TSH. Occorrono ulteriori studi per stabilire i valori ottimali di ioduria materna.

Commento: questo studio propone, utilizzando un’ampia casistica, dati statisticamente significativi in merito ad alcuni fattori che condizionano l’eziopatogenesi di ritardo neuromotorio e disturbo dello spettro autistico. Di queste patologie complesse, per le quali è fondamentale la diagnosi precoce, stiamo osservando un progressivo aumento di incidenza negli ultimi anni. Sarebbe utile poter interpretare i dati forniti alla luce di altre potenziali variabili causali quali tireopatia ed età materna, quoziente intellettivo dei genitori e patologie insorte in gravidanza.

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Johannsen TH, Main KM, Ljubicic ML, et al. Sex-differences in reproductive hormones during mini-puberty in infants with normal and disordered sex development. J Clin Endocrinol Metab. 2018 Jun 15. doi: 10.1210/jc.2018-00482.

Importanza: La valutazione e l’interpretazione dei parametri biochimici di funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi/surrene nei primi mesi di vita sono spesso complesse nella pratica clinica, in primis per la mancanza di condivisi e uniformi range di riferimento genere-specifici. Il percorso diagnostico dei disturbi di differenziazione sessuale (DSD) vede però il pediatra endocrinologo impegnato fin dai primi mesi di vita del paziente. 

Obiettivo: Definire le concentrazioni sieriche dei principali ormoni sessuali e surrenalici in un’ampia popolazione di lattanti sani in corso di mini-pubertà, al fine di identificare cut-off genere-specifici e di valutarne l’applicabilità in lattanti con DSD.

Introduzione: Dati precedenti (studi animali e studi clinici condotti in più piccole popolazioni) permettono di ipotizzare la presenza di uno specifico dimorfismo sessuale (in termini biochimici di picco di gonadotropine e successivo aumento degli ormoni gonadici) in corso di mini-pubertà.

Metodi: Studio trasversale condotto in un centro terziario di Endocrinologia pediatrica (University Hospital di Copenhagen). Sono stati arruolati 1840 lattanti sani (nati a termine, 1041 maschi, età media 3.3 mesi) e 27 pazienti con DSD (13 con diagnosi di sindrome di Klinefelter, 8 con mosaicismo 45,X/46,XY, 4 con sindrome di Turner e 2 con diagnosi di CAIS). Le metodiche analitiche utilizzate per ogni singolo parametro biochimico sono così specificate: fluoro-immunoassay per LH, FSH e SHBG, radioimmunoassay per testosterone ed estradiolo, double antibody enzyme-immunometric assay per inibina B e AMH, liquid chromatography-tandem mass spectrometry per gli androgeni.

Outcome principali: Concentrazioni sieriche di LH, FSH, estradiolo, testosterone,  SHBG, AMH, inibina B, DHEA, DHEAS, 17OHP, androstenedione e LH/FSH ratio.

Risultati: Durante la mini-pubertà, i maschi presentano concentrazioni sieriche di LH, testosterone totale e libero, inibina B, AMH e 17OHP maggiori rispetto alle femmine, mentre quest’ultime si caratterizzano per più elevati valori di FSH, estradiolo e DHEA. LH/FSH ratio risulta significativamente maggiore nei maschi rispetto alle femmine (1.40 vs. 0.02, rispettivamente, p < 0.001). L’analisi delle curve ROC permette di identificare i seguenti parametri (con relativi specifici cut-off) quali più accurati e affidabili per la discriminazione del genere maschile: AMH pari a 239 pmol/l (accuratezza 100%), LH/FSH ratio pari a 0.32 (accuratezza 99.8%), testosterone totale pari a 0.31 nmol/l (accuratezza 99%) e testosterone libero pari a 3.04 pmol/l (accuratezza 99.6%).  L’appropriatezza di tali cut-off è dimostrata anche nel gruppo con DSD.

Conclusioni e rilevanza clinica: Un cut-off di LH/FSH ratio pari a 0.32 può essere considerato un eccellente predittore del genere del paziente in corso di mini-pubertà.

Commento: I risultati sono d’indubbia rilevanza clinica. I punti di forza includono la numerosità e l’omogeneità (soprattutto in termini di età) del campione analizzato. Come sottolineato dagli stessi autori, i limiti maggiori dello studio riguardano la mancanza di dati provenienti da pazienti non-caucasici , l’esclusione di neonati (periodo invece durante il quale il work-up per DSD prende inizio) e, secondo il mio parere, l’esiguità del campione DSD. Inoltre, l’applicabilità dei risultati presentati deve essere valutata in ogni singolo centro in base ai metodi analitici locali utilizzati.  Il paper ci spinge a riflettere sull’utilità di riprodurre lo studio nella nostra realtà italiana.

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Prinz N, Schwandt A, Becker M, et al. Trajectories of Body mass index from childhood to young adulthood among patients with type 1 diabetes – A longitudinal group-based modeling approach based on the DPV registry. J Pediatr. 2018 Jun 21. pii: S0022-3476(18)30670-X. doi: 10.1016/j.jpeds.2018.05.014. [Epub ahead of print]

Importanza: In T1DM, l’aumento del BMI è associato ad un peggioramento del controllo metabolico ed a più alto rischio di co-morbidità quali sindrome metabolica e complicanze micro- e macro-vascolari. Sembrerebbe allora utile la descrizione di traiettorie di andamento del BMI al fine di stratificare i pazienti e personalizzare l’approccio terapeutico.

Obiettivo: Identificare specifici pattern longitudinali di variazione del BMI z–score dall’età evolutiva alla giovane età adulta (da 8 a 20 anni) in un’ampia popolazione di pazienti con T1DM e di determinare differenze di genere e covarianti cliniche associate.

Introduzione: Pazienti con T1DM presentano un BMI maggiore rispetto ai coetanei senza T1DM. Un aumento graduale del BMI z-score è descritto nei primi 6 anni dopo la diagnosi, soprattutto nel genere femminile.

Metodi e Outcome principali: Studio longitudinale condotto in 5665 pazienti (51% maschi) con T1DM appartenenti al registro multicentrico Patients with Diabetes Follow-up Registry (www.d-p-v.eu). Sono stati inclusi tutti i pazienti con una durata di T1DM di almeno 1 anno all’età di 8 anni, con BMI documentato dagli 8 ai 20 anni. E’ stato utilizzato il metodo LCGM (Latent Class Mixture Model) per descrivere le traiettorie del BMI nel tempo e per identificare gruppi con simile pattern (Nagin DS. Group-based modeling of development. Cambridge: Harvrad University Press; 2005).

Risultati: In accordo con l’andamento del BMI z-score, la popolazione è stata suddivisa in: “low stable” (6.7%) (con BMI z-score stabilmente basso con tendenza al sottopeso durante la pubertà), “near-normal” (22%), “increasing BMIz” (19.7%) (con BMI normale al baseline con incremento durante la pubertà),“decreasing BMIz” (16.5%)(con BMI moderatamente elevato al baseline, con tendenza alla riduzione nel tempo),“stable high” (25.1%) e “chronic overweight” (9.9%). L’analisi condotta nei 2 generi, ha identificato gli stessi pattern nel genere femminile (con % di distribuzione sovrapponibili), mentre nel genere maschile sono state identificate solo 5 traiettorie con meno variabilità nel tempo. La presenza di disturbi del comportamento alimentare è risultata maggiore nel genere femminile rispetto ai maschi, con maggiore frequenza nel gruppo “low-stable”.  

Conclusioni e rilevanza clinica: Viene dimostrata un’ampia eterogeneità delle traiettorie di BMI z-score. Questo sottolinea l’importanza di interventi personalizzati soprattutto nei soggetti a rischio.

Commento: La care del paziente con T1DM non include esclusivamente il suo controllo metabolico, ma anche la gestione di tutte quelle variabili modificabili quali BMI, salute mentale, abitudini di vita che possono influenzarlo. Questo paper è il primo sull’argomento condotto in maniera longitudinale (i precedenti erano cross-sectional) e ricorda al clinico di porre attenzione all’andamento del BMI nel tempo del proprio paziente al fine di personalizzare gli interventi.   

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