12/2018

 

A cura di: Giulia Genoni (Novara) e Martina Biagioni (Pesaro)

Wasserman JD, Sabbaghian N, Fahiminiya S, Chami R, Mete O, Acker M, Wu MK, Shlien A, de Kock L, Foulkes WD. DICER1 mutations are frequent in adolescent-onset papillary thyroid carcinoma. J Clin Endocrinol Metab. 2018 May 1;103(5):2009-2015. doi: 10.1210/jc.2017-02698.

Importanza: Variazioni somatiche o fusioni geniche in oncogeni noti vengono identificate in oltre l’80% dei carcinomi tiroidei negli adulti. Tuttavia, studi recenti, hanno mostrato una bassa frequenza di tali mutazioni nei carcinomi tiroidei in età pediatrica, i cosiddetti casi “dark-matter”.

Obiettivo: Definire la prevalenza di mutazioni nel gene DICER1 in 40 campioni (30 maligni, 10 benigni) consecutivi di tiroidectomie pediatriche.

Soggetti e metodi: Sono stati inclusi pazienti di età inferiore a 18 anni che hanno subito tiroidectomia parziale o totale in assenza di una storia personale o familiare di sindromi neoplastiche. È stata effettuata la genotipizzazione per le 17 più comuni alterazioni geniche associate a carcinoma tiroideo dei geni BRAF, HRAS, KRAS, NRAS, RET e PAX8 e il sequenziamento completo di DICER1.

Risultati: Mutazioni “convenzionali” associate al tumore papillare della tiroide (PTC) sono state identificate in 12/30 (40%) lesioni maligne: 5 mutazioni di BRAFV600E, 3 di RET/PTC1, e 4 di RET/PTC3. Il sequenziamento di DICER1 ha evidenziato la presenza di mutazioni patogeniche in 3/30 (10%) PTC, i quali presentavano tutti assenza di altre mutazioni, rappresentando quindi il 16.7% dei casi “dark-matter”. I 3 tumori maligni mostravano ciascuno 2 mutazioni somatiche di DICER1. Inoltre, un altro tumore presentava una variante sinonima e altri 2 casi mostravano dei polimorfismi di DICER1. Infine, in 2/10 (20%) lesioni benigne sono state identificate mutazioni di DICER1.

Il follow-up post-operatorio è stato di 22.4 mesi, senza differenze tra i pazienti portatori di mutazioni di DICER1 o di geni “convenzionali”. Tutti i pazienti con mutazioni di DICER1 hanno mostrato “nessuna evidenza di malattia” (NED) durante il follow-up mentre 5 pazienti con mutazioni di altri oncogeni hanno presentato malattia strutturalmente persistente e 1 soggetto malattia persistente dal punto di vista biochimico.

Conclusioni e rilevanza clinica: le mutazioni del gene DICER1 sono frequenti nei PTC in età pediatrica. Essendo DICER1 coinvolta nella processazione del microRNA, tale dato suggerisce il ruolo di quest’ultima nella carcinogenesi tiroidea e potrebbe avere ripercussioni importanti sia dal punto di vista prognostico che di sviluppo di nuovi approcci terapeutici.

Commento: L’articolo di Wasserman et al. mostra come mutazioni del gene DICER1 siano circa 30 volte più frequenti nei tumori papillari della tiroide in età pediatrica rispetto ai precedenti lavori su popolazioni adulte. Questi risultati suggeriscono di eseguire l’analisi di tale gene in tutti i PTC pediatrici che non presentano mutazioni degli oncogeni “convenzionali”, anche in assenza di una storia personale o familiare di sindromi neoplastiche. Questo lavoro fornisce inoltre al clinico importanti informazioni riguardo alla prognosi dei PTC DICER1-mutati. Infatti, tutti i casi riportati sono stati classificati come a basso rischio di persistenza/ricorrenza secondo la più recente classificazione dell’American Thyroid Association e tutti i pazienti si presentavano liberi da malattia per l’intera durata del follow-up. Essendo DICER1 una endoribonucleasi responsabile della processazione del RNA in small interfering RNA e microRNA, questo lavoro suggerisce il possibile ruolo patogenetico del microRNA nella carcinogenesi tiroidea in età pediatrica offrendo un’importante prospettiva per studi futuri di medicina traslazionale e per lo sviluppo di nuove terapie.

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Adgent MA, Umbach DM, Zemel BS, Kelly A, Schall JI, Ford EG, James K, Darge K, Botelho JC, Vesper HW, Chandler DW, Nakamoto JM, Rogan WJ, Stallings VA.

A longitudinal study of estrogen-responsive tissues and hormone concentrations in infants fedsoy formula. J Clin Endocrinol Metab. 2018 May 1;103(5):1899-1909. doi: 10.1210/jc.2017-02249.

Importanza: L’esposizione precoce a sostanze “endocrine-disruptors” (EDs) può alterare lo sviluppo del sistema riproduttivo e influenzare il rischio di malattia in età adulta. La genisteina, un fitoestrogeno presente nella soia, è in grado di legarsi e attivare i recettori degli estrogeni (ERs), in particolare ER-b.

Obiettivo: Caratterizzare lo sviluppo postnatale dei tessuti estrogeno-responsivi e le concentrazioni sieriche di estradiolo e di FSH in base alla tipologia di allattamento, confrontando in particolare bambini allattati con formule a base di soia rispetto a formule vaccine.

Soggetti e metodi: Si tratta di uno studio osservazionale multicentrico. Tra il 2010 e il 2014 sono stati arruolati 410 bambini di cui 283 allattati esclusivamente con formule a base di soia (LS, 102 soggetti), di latte vaccino (LV, n=111) e latte materno (LM, n=70) per l’intera durata dello studio (dalla nascita a 28 e 36 settimane di vita per i maschi e le femmine, rispettivamente). Sono state effettuate misure ripetute di: Indice di Maturazione (IM) delle cellule epiteliali vaginali e uretrali utilizzando metodiche citologiche standard, volume uterino e del bottone mammario valutati ecograficamente, livelli sierici di estradiolo (E2) e di FSH.

Risultati: Nelle femmine, in tutti i gruppi di allattamento, dopo la nascita l’IM presentava un iniziale declino; tuttavia, la traiettoria del IM, con l’aumentare dell’età, divergeva significativamente verso l’alto nel gruppo allattato con LS. Nei maschi, l’iniziale declino del IM dopo la nascita era presente solo nei gruppi allattati con LM e LV mentre era assente nel gruppo di neonati allattati con LS. Il volume uterino mostrava un’involuzione più lenta nelle lattanti allattate con LS rispetto agli altri due gruppi. Il diametro del bottone mammario nelle femmine presentava un picco a 4 settimane di vita, rimanendo successivamente stabile, senza differenze tra i vari gruppi. I maschi presentavano un picco simile con una successiva involuzione, maggiore nei soggetti allattati con LM rispetto agli altri due gruppi di allattamento. I livelli di E2 nel tempo differivano significativamente tra le femmine allattate con LM e con LS mentre nessuna differenza tra i gruppi era presente nei livelli di FSH.

 

Conclusioni e rilevanza clinica: I lattanti allattati con formule a base di soia presentano alterazioni tissutali degli organi estrogeno-responsivi paragonabili a quelle riscontrate in seguito all’esposizione a estrogeni esogeni potendo avere importanti ripercussioni sulla salute a lungo termine.

Commento: Lo studio riportato presenta dei risultati interessanti e una metodologia attenta. Limitazioni di questo studio sono: la mancanza di randomizzazione, come esplicitato dagli autori, che lo rende suscettibile a bias di selezione, la possibile esposizione a estrogeni esogeni e l’elevato drop-out rispetto alla popolazione inizialmente arruolata. Inoltre, il 70% dei soggetti aveva una mamma di etnia afroamericana e questo potrebbe rendere i risultati difficilmente generalizzabili a tutte le popolazioni. Tuttavia, i risultati del lavoro di Adgent et al. lo rendono particolarmente importante e attuale, visto l’aumento crescente di neonati allattati con formule prive di proteine di origine animale, contribuendo ad aumentare la conoscenza sui possibili effetti a breve termine di un’esposizione precoce agli estrogeni.

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Arianne Aslamy, Eunjin Oh, Miwon Ahn, Abu Saleh Md Moin, Mariann Chang, Molly Duncan, Jeannette Hacker-Stratton, Mohamed El-Shahawy, Fouad Kandeel, Linda A. DiMeglio, and Debbie C. Thurmond. Exocytosis Protein DOC2B as a Biomarker of Type 1 Diabetes. JClinEndocrinolMetab103: 1966–1976, 2018

 

Il diabete tipo 1 (DT1) è caratterizzato dalla distruzione autoimmune delle beta cellule, e la fase preclinica è segnata dal declino della funzione beta cellulare. I tentativi di preservare le beta cellule nella fase preclinica del DT1 sono limitati dalla scarsa disponibilità di markers che predicono accuratamente la distruzione beta cellulare e la conseguente progressione alla malattia clinica. I livelli proteici di DOC2B sono stati valutati in piastrine e in isole pancreatiche sia di topi NOD prediabetici che di soggetti pediatrici non affetti e affetti da DT1 a esordio recente. Sono stati reclutati 17 pazienti neodiagnosticati di età compresa tra 8 e 14 anni e confrontati con 14 soggetti non diabetici. Inoltre, i livelli di DOC2B sono stati valutati in isole umane stimolate da citochine ex vivo e in piastrine di soggetti con DT1 prima e dopo il trapianto di isole. DOC2B è risultata sostanzialmente ridotta nelle piastrine di topo prediabetico NOD, così come nelle isole pancreatiche degli stessi topi. Allo stesso modo, i livelli di DOC2B nelle piastrine dei soggetti pediatrici con DT1 a esordio recente sono risultati ridotti di oltre 2 volte e questa riduzione è stata riscontrata anche nelle isole. In particolare, i livelli rimangono bassi fino a 7-10 settimane dopo la diagnosi, nonostante il miglioramento della glicemia dopo l’inizio dell’insulina. La stimolazione con citochine delle isole normali riduceva l'espressione di DOC2B ex vivo. Sorprendentemente, i livelli DOC2B nelle piastrine aumentavano dopo trapianto di isole di pazienti con DT1.

Conclusioni

La riduzione di DOC2B è una delle prime caratteristiche del DT1 e l'abbondanza di DOC2B può servire come un prezioso indicatore in vivo della massa delle cellule beta e del biomarker precoce del DT1.

I livelli di DOC2B nelle piastrine vengono ripristinati dopo il trapianto di isole negli umani DT1.

Commento: la possibilità di identificare markers precoci che predicono la diagnosi del DT1 potrebbe aprire la strada verso una possibile prevenzione del DT1, quindi sicuramente molto utile. Interessante sarebbe vedere come sono i livelli di questa proteina su una popolazione a rischio di diabete ma che ancora sono normoglicemici.

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Maaret Turtinen, MD, Taina Härkönen, PhD, Anna Parkkola, MD, Jorma Ilonen, MD, PhD, Mikael Knip, MD, PhD and the Finnish Pediatric Diabetes Register. Sex as a determinant of type 1 diabetes at diagnosis. Pediatr Diabetes. 2018 Jun 3. doi: 10.1111/pedi.12697.

 

In vari studi di follow-up si è vista una differenza nel controllo metabolico del diabete di tipo 1 (DT1) nei due sessi, in particolare le femmine risultano avere un controllo glicemico peggiore e un fabbisogno maggiore di insulina esogena, soprattutto durante l’adolescenza. Questo fenomeno potrebbe in parte essere spiegato con i cambiamenti ormonali che avvengono in pubertà, in particolare l’aumentata secrezione di GH nelle femmine. Un’altra possibile causa potrebbe essere il maggiore numero di problemi psicologici e depressivi che colpiscono le femmine rispetto ai maschi.

Tuttavia sono poche le informazioni sulle differenze di sesso al momento della diagnosi di DT1. Lo scopo di questo studio è di analizzare l’impatto del sesso sulla aggressività della malattia al momento della diagnosi di diabete. Sono stati analizzati i dati di 4993 bambini e adolescenti con diabete diagnosticati tra gennaio 2003 e dicembre 2016; in particolare sono stati confrontati nei due sessi al momento della diagnosi i seguenti parametri: caratteristiche demografiche, sintomi clinici, fattori metabolici, profilo HLA e autoanticorpi. E’ stato ipotizzato che le femmine abbiano uno scompenso metabolico più severo e segni di un’autoimmunità più aggressiva rispetto ai maschi già alla diagnosi. Nella coorte analizzata si è vista una prevalenza maschile (56.6%) e i maschi avevano un’età maggiore rispetto alle femmine alla diagnosi. Inoltre le femmine avevano uno scompenso metabolico più severo rispetto ai maschi alla diagnosi. Relativamente agli autoanticorpi si è visto che i maschi avevano una più frequente positività per anticorpi anti insulina (IAA),anti antigene2  (IA-2A) e anti trasportatore dello zinco (ZnT8A), mentre le femmine per anti GAD ed un più alto titolo per anti GAD e ICA. Non sono state trovate differenze nel profilo HLA

Commento: questo studio evidenzia come le femmine hanno uno scompenso metabolico più severo rispetto ai maschi già alla diagnosi e questo indipendentemente dall’età; questo potrebbe essere associato con un maggior declino della funzione beta cellulare e un controllo glicemico peggiore dopo la diagnosi. Tuttavia la diversa frequenza e titolo dei vari autoanticorpi nei due sessi sottolinea la complessità del meccanismo autoimmunitario.

 

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