9/2018

A cura di:

Nicola Improda (Napoli), Gerdi Tuli (Torino)

Castagna MG et al. MicroRNA expression profile of thyroid nodules in fine needle aspiration cytology: a confirmatory series. J Endocrinol Invest. Marzo 2018

 

Data la crescente attenzione della comunità scientifica sull’utilità dei micro-RNA nella pratica clinica, vi propongo questo studio che ha come scopo quello di confermare l’utilità della valutazione dell’espressione di alcuni specifici micro-RNA nella diagnosi differenziale tra noduli tiroidei maligni e benigni, in particolare nei casi con esame citologico indeterminato.

In questo studio, gli autori hanno analizzato l’espressione di 11 miRNAs (miRNA197; -187; -181b-3p; -181b-5p; -224; -181a; 146b; -221; -222; -155 and miRNA183) in 174 esami citologici su 168 pazienti con noduli tiroidei. Secondo la classificazione di Bethesda la citologia ha permesso di suddividere i campioni in: 16 Bethesda I (esclusi dallo studio);140 casi Bethesda II; 7 casi Bethesda III-IV e 11 casi Bethesda V–VI.

L’espressione dei miRNA 146b, -222 and -221 è risulata maggiore nei campioni maligni o con sospetto di malignità, rispetto a quelli benigni. Inoltre, utilizzando come cut-off un aumento di espressione di più di 5 volte di almeno 2 miRNA, si ottenevano una sensibilità del 90.9%, una specificità del 98.5%, ed un valore predittivo negativo di 99.3%.

Analizzando separatamente i campioni il cui citologico risultava indeterminato (Bethesda III e IV), il cut-off non veniva raggiunto in 6 su 7 casi, permettendo quindi di classificare tali campioni come benigni e avviandoli esclusivamente ad un follow up ecografico.

In conclusione, in accordo con i precedenti studi, questo studio conferma l’utilità di un limitato numero di miRNA (146b, -222 and -221) nella diagnosi pre-operatoria dei noduli tiroidei, che sembrano avere un ruolo non soltanto come differenza di espressione tra noduli benigni e maligni, ma anche nella classificazione dei noduli indeterminati.

 

Isidori AM et al. Effect of once-daily, modified-release hydrocortisone versus standard glucocorticoid therapy on metabolism and innate immunity in patients with adrenal insufficiency (DREAM): a single-blind, randomised controlled trial.  Lancet Diabetes Endocrinol Marzo 2018

 

Questo studio randomizzato e controllato in singolo cieco ha coinvolto 89 pazienti (età 18-80 anni) con insufficienza surrenalica primaria o secondaria, provenienti da 2 centri di Terzo livello e un gruppo di controlli sani appaiati per età e sesso.

I pazienti venivano assegnati in maniera random (stratificando i pazienti per tipo di insufficienza surrenalica e BMI) ad un gruppo che continuava la terapia standard con glucocorticoidi (n=43) oppure ad un gruppo che riceveva Idrocortisone a rilascio modificato (Plenadren) (n=46).

Dopo 24 settimane veniva osservata una riduzione del peso corporeo maggiore nel gruppo che assumeva l’idrocortisone a rilascio modificato, rispetto ai pazienti trattati con terapia convenzionale, parallelamente ad una riduzione del colesterolo HDL.

I pazienti in terapia con Plenadren mostravano inoltre un profilo immunitario migliore, con riduzione dei monociti pro-infiammatori (CD14+CD16-), e della concentrazione del CD16 solubile e di ADAM17 e un aumento delle cellule CD16+CD14– e delle cellule NK CD16+.  Infine il gruppo che assumeva Idrocortisone a rilascio modificato mostrava una riduzione della suscettibilità alle infezioni (valutata mediante total infection score) e un miglioramento della qualità della vita (valutata mediante questionario AddiQoL). Non si osservavano differenze significative per quanto riguarda gli eventi avversi tra i 2 gruppi.

Gli autori concludevano quindi che, rispetto alla terapia convenzionale con dosi multiple di Idrocortisone, il trattamento con Idrocortisone a rilascio modificato si associa ad un miglioramento della funzione immunitaria e dello stato metabolico e pro-infiammatorio dei pazienti con insufficienza surrenalica.

 

Yamada S et al. Therapeutic outcomes of transsphenoidal surgery in pediatric patients with craniopharyngiomas: a single-center study. J Neurosurg Pediatr. 2018 Mar 30:1-14. doi:10.3171/2017.10.PEDS17254. [Epub ahead of print]

 

Il craniofaringioma è un tumore cerebrale di origine embrionale con una elevata percentuale di sopravvivenza (90-95%) ma che è associato ad una qualità di vita condizionata da severe sequele neuroendocrine data la prossimità anatomica della lesione tumorale con il nervo ottico e l’asse ipotalamo-ipofisario. Gli autori hanno riportato l’outcome neuroendocrino in una casistica di 65 pazienti pediatrici operati per via trans-sfenoidale, di cui 40 operati per la prima volta e 25 pluri-operati, con resezione macroscopica totale raggiunta rispettivamente nel 98% e nel 75% dei casi. Nel periodo pre-operatorio il 22% dei pazienti operati per la prima volta presentava bassa statura, il secondo segno più frequente dopo il deficit visivo (27%) e il 4.6% presentava diabete insipido centrale.  Nel periodo post-operatorio è stata riscontrata una normale funzionalità ipofisaria nel 9% dei casi, mentre l’ipopituitarismo parziale e il panipopituitarismo con o senza diabete insipido centrale è stato rilevato rispettivamente nel 43% e nel 31% dei casi. Il diabete insipido era presente nell’11% dei casi operati per la prima volta e nel 80% dei casi pluri-operati. Il peggioramento della funzionalità ipofisaria nel periodo post-operatorio è stato osservato nel 80% dei pazienti operati per la prima volta e nel 100% di quelli pluri-operati, nonostante nella maggior parte dei pazienti il peduncolo ipofisario fosse morfologicamente intatto dopo l’intervento neuro-chirurgico. La resezione macroscopica radicale offre il miglior risultato per evitare la ricaduta per cui l’atteggiamento degli autori è di rimanere chirurgicamente aggressivi nei pazienti con età inferiore ad 8 anni, nei quali gli effetti della radioterapia sarebbero ancora più devastanti. Nessuno dei pazienti che presentavano diabete insipido o altri deficit endocrini ha migliorato la funzionalità ipofisaria dopo l’intervento ma nonostante questa evidenza, l’intervento neuro-chirurgico deve essere il più conservativo possibile, soprattutto in caso di funzionalità ormonale preservata prima dell’intervento stesso, perché l’esordio in età pediatrica e l’associazione con endocrinopatie aumenta la mortalità e la morbilità in età adulta.

 

Banigé M et al. Prediction of Neonatal Hyperthyroidism. J Pediatr. 2018 Mar 28. pii: S0022-3476(18)30158-6. doi: 10.1016/j.jpeds.2018.01.071. [Epub ahead of print]. PMID: 29605392

L’incidenza dell’ipertiroidismo neonatale è di circa 1-5% di tutti i neonati nati da madri con attivo o pregresso Morbo di Graves (MG). La mortalità in caso di ipertiroidismo neonatale non trattato o nei rari casi in cui è severo, risulta essere circa 25%. In questo studio retrospettivo multicentrico francese sono stati valutati i neonati da 415 madri con MG e positività per anticorpi anti-recettore del TSH (TRAb) durante la gravidanza. In questo studio, il 5.5% dei neonati da madri con MG attivo in gravidanza ha presentato ipertiroidismo neonatale e nell’87% dei casi la madre stava assumendo farmaci anti-tiroidei nell’ultimo trimestre di gravidanza. I neonati affetti da ipertiroidismo neonatale presentavano sia età gestazionale che peso neonatale significativamente inferiore rispetto ai neonati nati da madre con MG ma che non sviluppavano ipertiroidismo. Gli autori tramite un modello di regressione logistica multivariata hanno valutato il valore predittivo dei livelli di TRAb, TSH ed fT4 nei primi giorni di vita. I valori di TRAb sono un buon fattore predittivo in caso di titolo positivo tra il 1° e il 5° giorno di vita, mentre la predittività del valore di TSH aumenta tra il 3° e il 7° giorno di vita. Il valore di fT4 è un biomarker meno sensibile in questo senso anche se valori superiori al 97° centile identificano il 52.2% dei neonati con ipertiroidismo. Gli autori concludendo indicano un cut-off per il valore di TSH < 0.9 mUI/L per avviare ulteriori indagini ormonali e iniziare il monitoraggio clinico endocrinologico indipendentemente dai valori di TRAb ed fT4. Se necessaria, la terapia deve essere iniziata in epoca precoce per evitare le sequele neurologiche e cardiologiche.