2/2017

A cura di

Maria Loredana Marcovecchio (Chieti) e Rita Ortolano (Bologna)

 

  • Lubin JH, Adams MJ, Shore R et al. Thyroid cancer following childhood low dose radiation exposure: a pooled analysis of nine cohorts. J Clin Endocrinol Metabol 2017, 08 March. doi.org/10.1210/jc.2016-3529

 

Questo recente lavoro ha valutato l’associazione tra esposizione a basse dosi di radiazioni (dosi <0.2 gray) durante l’infanzia e l’adolescenza e il rischio successivo di sviluppare tumori della tiroide.

Sono stati analizzati dati di 9 coorti esposte in età pediatrica a basse dosi di radiazioni per trattamento di tumori, patologie benigne varie (tinea capitis, emangiomi) o soggetti sopravvissuti dell’esplosione della bomba atomica in Giappone.

Sono stati analizzati 242 casi di tumore della tiroide post-irradiazione, ed è stato documentato un aumento lineare del rischio per dosi sia <0.1 che <0.2 gray. Il rischio è risultato maggiore quanto minore è stata l’età all’esposizione e tale rischio persiste fino a oltre 45 anni di follow-up.

Questi risultati sottolineano l’importanza di non sottovalutare il potenziale cancerogeno anche di basse dosi di radiazioni su un tessuto particolarmente radiosensibile, quale quello tiroideo.

 

  • Dabelea D, Stafford JM, Mayer-Davis EJ et al. Association of Type 1 Diabetes vs Type 2 Diabetes Diagnosed During Childhood and Adolescence With Complications During Teenage Years and Young Adulthood. JAMA. 2017 Feb 28;317(8):825-835. doi: 10.1001/jama.2017.0686.

 

Questo lavoro riporta i risultati di uno studio prospettico condotto tra il 2002 e 2015 negli USA, che ha avuto l’obiettivo di valutare la frequenza del diabete di tipo 1 (T1D) e di tipo 2 (T2D) in soggetti di età minore di 20 anni, e la prevalenza delle complicanze vascolari ad esso associate.

Sono stati reclutati 2018 giovani pazienti con diabete, di cui 1746 casi di T1D e 272 casi di T2D. Dopo 7.9 anni dalla diagnosi, il 72% dei pazienti con T2D presentava almeno una complicanza vascolare vs il 32% dei soggetti con T1D. In particolare, il T2D si associava ad una maggiore frequenza di nefropatia, retinopatia e neuropatia periferica, anche dopo aggiustamenti per potenziali fattori confondenti.

Tali risultati sono allarmanti e reiterano il concetto che il T2D con esordio in età pediatrica sembrerebbe avere un decorso più aggressivo delle forme diagnosticate in età adulta e anche del T1D ad esordio nella stessa fascia di età.

 

  • Hiort O, Marshall L, Birnbaum W et al. Pubertal Development in17Beta-Hydroxysteroid Dehydrogenase Type 3 Deficiency. Horm Res Paediatr. 2016 Dec 12. [Epub ahead of print]

 

Questo interessante articolo riguarda la gestione dei pazienti con differenze dello sviluppo sessuale (DSD) e cariotipo maschile (46,XY DSD) da deficit di 17Beta-Hydroxysteroid Dehydrogenase Tipo 3 (17β-HSD type 3). Tale categoria di pazienti presentano un difetto di conversione del Δ4Androstenedione in Testosterone con conseguente ipovirilizzazione in utero e frequente assegnazione di sesso femminile alla nascita ma potenziali virilizzazione in epoca puberale.

Gli autori presentano 4 pazienti valutati con indagini genetiche e ormonali in epoca puberale riportando che pazienti con mutazioni meno severe del gene HSD17B3 per la 17β-HSD type 3 e dunque attività enzimatica residua si evidenzia uno spontaneo sviluppo puberale maschile tanto da indurre una riassegnazione del sesso di allevamento da femminile in maschile in uno di questi. Inoltre gli autori sostengono che la produzione di testosterone sia in parte dovuta all’attività enzimatica residua della 17β-HSD type 3 e in parte anche alla conversione degli elevati livelli di Δ4Androstenione in Testosterone da parte della 17β-HSD type 5 attraverso una via alternativa. In conclusione viene sottolineata l’importanza di non sottoporre tale categoria di pazienti a gonadectomia e chirurgia dei genitali esterni in età evolutiva ma di procrastinare tali procedure in epoche di vita successive quando il paziente è capace di prendere una scelta consapevole. Seppur presenta un numero esiguo di pazienti questo lavoro ha a mio avviso un’estrema rilevanza scientifica per coloro che si occupano di pazienti con DSD considerando la rarità di tali condizioni e nello specifico di questo deficit enzimatico che come pochi altri (es. il deficit di 5α-reduttasi2) presentano un “rischio” di virilizzazione in età puberale e possibile disforia di genere.

 

  • Baronio F, Mazzanti L, Girtler Y, et al. The influence of GH treatment on glucose homeostasis in girls with Turner Syndrome: a 7 years study. J Clin Endocrinol Metab. 2016 Dec 2:jc20163179. [Epub ahead of print]

 

Scopo del presente studio è stato valutare se il trattamento con GH nelle pazienti con sindrome di Turner determina un’alterazione del metabolismo glucidico. Il GH riduce la sensibilità all’insulina attraverso meccanismi indiretti (attiva la lipolisi, riduce up-take glucosio da parte del muscolo) e diretti sul fegato. Normalmente questo comporta una risposta compensatoria da parte delle beta-cellule pancreatiche, con conseguente aumento della produzione di insulina. Quando ciò non avviene compare il diabete. I pazienti trattati con GH e in particolare quelli trattati a dosi farmacologiche, come le pazienti con sindrome di Turner sarebbero a maggiore rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2.

Questo studio retrospettivo è stato eseguito su 104 paziente con sindrome di Turner in follow-up presso 2 centri italiani di endocrinologia pediatrica trattati con dosi farmacologiche di GH.

Lo studio è molto rilevante perché è uno studio longitudinale in cui tutte le pazienti sono state sottoposte a curva da carico orale di glucosio (OGTT) prima dell’inizio del trattamento con GH e 1 volta l’anno per tutta la durata del follow-up (7 anni) e perché utilizza dei parametri dinamici per lo studio della glicoregolazione in accordo con i criteri dell’American Diabetes Association quali: HOMA-S (homeostasis model assessment- che valuta l’insulino-sensibilità), l’IGI (insulogenic index-  che valuta la secrezione insulinica) e l’ODI che valuta la capacità compensatoria delle beta-cellule in base alla sensibilità insulinica e data dal prodotto di questi indici (HOMA-S x IGI). Inoltre non ci sono recenti lavori clinici a riguardo.

I risultati dimostrano che in nessun caso è comparso diabete 2 e che all’aumento della resistenza insulinica corrisponde un aumento dell’IGI (ODI costante) nel tempo. Gli autori concludono che nelle loro pazienti con sindrome di Turner il trattamento con GH a dosi farmacologiche non ha indotto diabete e che non è necessario sottoporre tale categoria di pazienti regolarmente ad OGTT ma che è sufficiente monitorare glicemia ed emoglobina glicata riservando OGTT  a casi selezionati e riducendo pertanto i costi e migliorando la qualità di vita di tali pazienti.