Numero 9/2016

A cura di

Domenico Corica (Messina) e Giulia Genoni (Novara)

 

  • Twig G, Yaniv G, Levine H, et al. Body-Mass Index in 2.3 million adolescents and cardiovascular death in adulthood. N Engl J Med. 2016 Apr 13. [Epub ahead of print]

 

L’obiettivo di questo studio epidemiologico era quello di dimostrare l’associazione tra il BMI nella tarda adolescenza e la mortalità per eventi cardiovascolari (patologie coronariche, stroke, morte improvvisa da causa sconosciuta, o una combinazione delle tre cause) in età adulta (considerando soggetti “young adulthood or mid-life”, cioè non oltre i 50 anni). Tra i punti di forza dello studio sono da considerare l’ampiezza e l’omogeneità della popolazione studiata (2,3 milioni di adolescenti, principalmente maschi, tutti di origine Israeliana), i cui dati auxologici sono stati raccolti, tra il 1967 ed il 2010, ad una età media di 17.3 ± 0.4 anni durante la valutazione medica fatta un anno prima del servizio militare obbligatorio. Gli Autori dimostravano non solo che il sovrappeso (BMI compreso tra 85° e 94° centile) e l’obesità (BMI ≥ 95° centile) durante l’adolescenza erano fortemente correlati con l’aumentata mortalità per eventi cardiovascolari in età adulta, ma sottolineavano inoltre come un BMI compreso tra il 50° ed il 74° centile durante l’adolescenza, considerato normale, fosse già associato ad un aumentato rischio di morte per patologia cardiovascolare in età adulta. Un limite dello studio può essere considerato il fatto che non esiste un vero e proprio follow-up dei pazienti, e dunque alcuni importanti fattori di rischio per le patologie cardiovascolari (fumo, sedentarietà, BMI in età adulta) non venivano considerati, il che non permetteva loro di dimostrare un effetto indipendente del BMI durante l’adolescenza sulle morti per cause cardiovascolari in età adulta.

 

  • Wang Y, Gong C, Cao B, et al. Influence of initial insulin dosage on blood glucose dynamics of children and adolescents with newly diagnosed type 1 diabetes mellitus. Pediatr Diabetes. 2016 Mar 6. doi: 10.1111/pedi.12374. [Epub ahead of print]

 

L’obiettivo dello studio era quello di valutare, in pazienti di età compresa tra 0 e 18 anni, l’effetto di tre diversi dosaggi di insulina all’esordio di diabete di tipo 1 sul controllo glicemico, sui valori di C-peptide e Hb1Ac, sull’insorgenza e durata della luna di miele, e sullo stress ossidativo. Sono stati reclutati 60 pazienti, randomizzati in tre gruppi uniformi per età, sesso, BMI, Hb1Ac, C-peptide, durata dei sintomi, glicemia all’esordio, pH, numero di pazienti con DKA all’esordio (questi ultimi sono stati inclusi nello studio dopo la correzione della DKA). Ogni gruppo è stato trattato con un diverso dosaggio giornaliero iniziale di insulina (sia insulina basale che boli) somministrata in maniera continuativa per via sottocutanea: 0.6 ± 0.2 UI/kg/die (gruppo 1), 1.0 ± 0.2 UI/kg/die (gruppo 2), 1.4 ± 0.2 UI/kg/die (gruppo 3). Ogni paziente è stato sottoposto al monitoraggio continuativo della glicemia per i primi 10 giorni e successivamente gli ultimi 3 giorni di ogni settimana, per un totale di 3 settimane. La dose insulinica giornaliera rimaneva invariata nei tre gruppi durante la prima settimana, senza che si verificassero ipoglicemie severe, anche se nei gruppi 2 e 3 l’insorgenza di ipoglicemie era più frequente e precoce. Successivamente i pazienti dei gruppi 2 e 3 hanno necessitato la riduzione della dose insulinica giornaliera (alla fine della terza settimana nessun paziente era rimasto nel gruppo 3). Alla fine della seconda e terza settimana di monitoraggio dinamico della glicemia non risultavano differenze significative tra i valori glicemici dei tre gruppi, né per quanto riguardava la glicemia espressa in DS, l’ampiezza media dell’escursione glicemica, i valori urinari di 8-iso-PG-F2α (marcatore dello stress ossidativo), le caratteristiche della luna di miele, ed i valori di C-peptide e Hb1Ac (misurati a 0, 1, 6 e 12 mesi). Gli Autori concludevano che un elevato dosaggio iniziale di insulina non mostrava vantaggi relativamente al controllo glicemico, ai valori di C-peptide e Hb1Ac, né un effetto protettivo sulla beta-cellule o sull’insorgenza di complicazioni microangiopatiche.

 

  • Isik-Balci Y, Agladioglu S, Agladioglu K, et al. Impaired Hemorheological Parameters and Increased Carotid Intima-Media Thickness in Children with Subclinical Hypothyroidism. Horm Res Paediatr 2016 Mar 3 [Epub ahead of print]

 

In questo elegante studio, gli autori hanno valutato la presenza di alterazioni in alcuni parametri emoreologici e lo spessore intima-media carotideo (Carotid Intima-Media Thickness, CIMT) in un gruppo di 53 bambini con ipotiroidismo subclinico (SH) vs. 31 controlli sani eutiroidei.

I pazienti non differivano rispetto ai controlli per età, sesso, statura, peso, BMI e stadio puberale. I valori medi (±DS) di TSH e fT4 erano 8.79±6.82 μIU/ml e 1.20±0.17 ng/dl nei casi e 2.38±1.10 μIU/ml e 1.24±0.20 ng/dl nei controlli.

La deformabilità eritrocitaria (misurata a 0.53 e 1.69–30 Pa) era inferiore nel gruppo con SH rispetto ai controlli mentre l’amplitudine di aggregazione e la concentrazione di emoglobina corpuscolare media (MCHC) era significativamente più elevata nei casi rispetto ai controlli. Una correlazione negativa tra i valori di TSH e quelli di deformabilità era presente. La CIMT era significativamente più elevata nei pazienti rispetto ai controlli.

Gli autori concludono che l’aumento dell’aggregazione eritrocitaria e la riduzione della deformabilità dei globuli rossi associati all’aumento della CIMT suggeriscono la presenza di un aumentato rischio cardiovascolare nei pazienti con ipotiroidismo subclinico.
 

  • Li L, Yin J, Cheng H, et al. Identification of Genetic and Environmental Factors Predicting Metabolically Healthy Obesity in Children: Data From the BCAMS Study. J Clin Endocrinol Metab 2016; 101: 1816-1825 

In questo studio cross-sectional, gli autori hanno valutato i fattori genetici e ambientali coinvolti nella condizione di obeso metabolicamente sano (metabolically healthy obesity, MHO).

Un totale di 1213 bambini e adolescenti obesi (età 6-18 anni) appartenenti alla coorte del Beijing Child and Adolescent Metabolic Syndrome study sono stati inclusi nello studio. 329 pazienti sono stati classificati come MHO sulla base dell’assenza di fattori di rischio cardiovascolare (MHO-CR) e di insulinoresistenza (MHO-IR). L’associazione con 22 varianti genetiche coinvolte nell’obesità e nel diabete precedentemente riportate e con fattori ambientali è stata valutata.

La prevalenza di MHO-IR e MHO-CR era del 27.1% e 37.2%, rispettivamente. La circonferenza vita era un predittore indipendente di MHO. Camminare a scuola e KCNQ1-rs2237897 erano predittori indipedenti di MHO-CR mentre l’ acanthosis nigricans, il peso alla nascita, il consumo di bevande zuccherate, il livello di istruzione materna e KCNQ1- rs2237892 erano predittori indipendenti di MHO-IR.

Gli autori concludono che circa un terzo dei bambini analizzati possono essere classificati obesi metabolicamente sani e che vari fattori, sia genetici che ambientali, sono coinvolti nell’eziologia di tale condizione.