1/2021

A cura di Valentina Assirelli

Newborn Screening for Congenital Hypothyroidism: the Benefit of Using Differential TSH Cutoffs in a 2-Screen Program

S. Caiulo, C. Corbetta, M. Di Frenna, E. Medda, S. De Angelis, D. Rotondi, G. Vincenzi, T. De Filippis, MG. Patricelli, L. Persani, G. Barera, G. Weber, A. Olivieri, MC. Vigone.

J Clin Endocrinol Metab. 2021 Jan 1;106(1):e338-e349.

doi: 10.1210/clinem/dgaa789. PMID: 33124651.

 

Dall’introduzione dello screening neonatale per l'ipotiroidismo congenito (IC) negli anni ‘70, il cambiamento dei limiti del TSH, l’aumento della sopravvivenza dei nati pretermine, il cambiamento demografico e l’introduzione di un re-screening nei neonati a rischio, hanno portato a un aumento dell’incidenza di questa condizione, che interessa 1:2000-4000 neonati. Le linee guida Europee consigliano l’esecuzione di un secondo campionamento a 15 giorni di distanza nelle seguenti situazioni: nascita pretermine, basso peso alla nascita, esecuzione de test nelle prime 24 ore di vita, gemellarità, terapia steroidea o farmaci contenenti iodio.

In Italia, il limite del TSH utilizzato al primo test di screening è compreso tra 6,0 e 10,0 mU/L, mentre per quanto riguarda il secondo screening solo 3 dei 16 laboratori (Lombardia, Veneto e Calabria), utilizzano un cut-off di TSH inferiore rispetto al primo test, pari a 5 mU/L.

Lo scopo di questo studio è quello di caratterizzare i neonati con IC risultati negativi al primo test di screening, e quindi identificati attraverso il secondo test eseguito a 15 giorni di vita, e di confrontare le caratteristiche di quelli che, in questa indagine, mostrano livelli di TSH compresi tra 5,0 e 9,9 mU/L rispetto a coloro che mostravano valori di TSH > 10,0 mU/L.

Si tratta di uno studio retrospettivo, svoltosi presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, tra Gennaio 2007 e Dicembre 2014. Il primo spot veniva eseguito tra le 49 e le 120 ore di vita, con limite di TSH >10 mU/L. La presenza di TSH >20 mU/L richiedeva un richiamo immediato, mentre pazienti con valori compresi tra 10 e 20 mU/L venivano richiamati per eseguire un secondo test di screening tra i 7 e i 9 giorni di vita, con un valore limite di TSH > 5 mU/L.

Il trattamento con Levo-tiroxina (L-T4) veniva iniziato con valori sierici di TSH > 20 mU/l, in caso di TSH sierico tra 10 e 19.9 mU/l con valori normali di FT4 confermati in due occasioni, oppure in caso di FT4 sotto i limiti della norma.

Un protocollo di ripetizione routinaria del secondo test di screening a 15 giorni di vita è stato eseguito regolarmente nei neonati pretermine (EG<37 settimane), in quelli con basso peso alla nascita ≤ 2000g, con patologie che hanno richiesto accesso in Terapia Intensiva Neonatale (TIN), nei gemelli, nelle sospette sindromi e/o malformazioni, in caso di uso di steroidi durante la gravidanza e per malattia tiroidea materna. Un ulteriore fascia di rischio, compresa nella selezione, era rappresentata da quei neonati con valori di TSH al primo screening tra 6.5 e 9.9 mU/L, con i seguenti fattori di rischio: nati da madre diabetica, trattamento materno con amiodarone, esposizione allo iodio materno/neonatale, peso elevato alla nascita (>4500g) ed età gestazionale > 40 settimane.

Durante il periodo analizzato nello studio, sono stati sottoposti a screening 767.157 neonati, di cui 842 pazienti con diagnosi di IC confermato (permanente o transitorio) e successivo inizio di terapia con L-T4. Dei 842 totali, 273 erano risultati negativi al primo test di screening e quindi sono stati diagnosticati attraverso la rilevazione routinaria del secondo test di screening o perché nelle categorie a rischio.

Sono stati inclusi nello studio 119/273 pazienti (43.6%), in quanto diagnosticati presso il Centro di Endocrinologia Pediatrica dell’Ospedale San Raffaele di Milano.

Il campione può essere distinto in due gruppi in base al livello di TSH all’esecuzione del secondo test di screening:

  • Gruppo A: TSH low – 52 (43,7%) pazienti con valori di TSH compresi tra 5,0 e 9,9 mU/L
  • Gruppo B: TSH high – 67 (56,3%) pazienti con TSH ≥10,0 mU/L

Alla diagnosi, il Gruppo A presentava valori medi di TSH sierico significativamente più bassi rispetto al Gruppo B (16.5 vs 55.4 mU/L, P<0.001) e, come prevedibile, valori di FT4 più elevati (14.7 + 3.8 vs 9.1 + 5.1 pmol/L, P<0.001).

Il Gruppo A, TSH low, rispetto al Gruppo B, mostrava una percentuale significativamente più elevata di neonati pretermine (57,7% vs 23,9%, P<0,001), con una più elevata percentuale di ammessi in TIN (50,0% vs.  17,9%, P<0,001), con trattamento materno con glucocorticoidi (11,5% vs 1,5%, P =0,042) e ipotiroidismo materno (26,9% vs 10,4%, P =0,036).  

Secondo la classificazione delle linee guida Europee, in base ai livelli di FT4, i bambini con ipotiroidismo grave, moderato e lieve alla diagnosi erano 0/48 (0%), 4/48 (8,3%) e 24/48 (50%) nel Gruppo A rispetto al 14/67 (20,9%), al 25/67 (37,3%) e al 20/67 (29,9%) nel Gruppo B.

I risultati della ecografia tiroidea e/o della scintigrafia non hanno mostrato differenze significative nella frequenza delle diverse eziologie e in particolare, sono stati trovati in entrambi i gruppi, pazienti con disgenesia tiroidea (tra cui 1 emiagenesia e 1 ectopia nel Gruppo A).

La frequenza delle forme permanenti (25,0% e 14,0%) e transitorie (43,2% e 59,7%) era simile nei due Gruppi, così come la frequenza dell'ipertireotropinemia persistente (31,8% e 26,3%).

L'analisi genetica è stata eseguita nei pazienti con familiarità per patologia tiroidea e in soggetti con caratteristiche fenotipiche suggestive, per un totale di 23 pazienti (tutti con tiroide in sede): 13 nel gruppo A e 10 nel gruppo B. Nel gruppo A, sono state riscontrate 3 varianti patogene in DUOX2 e 2 varianti patogene in TSHR. Nel gruppo B sono state riscontrate varianti patogene di PAX8, GLIS3 e SLC26A4 nelle forme permanenti, e DUOX2 in quello transitorio.

I risultati di questo studio evidenziano come l’utilizzo di un limite di TSH inferiore per il secondo test di screening consenta di diagnosticare con maggiore sensibilità i casi di IC (43.7% dei bambini inclusi nello studio), portando però a un aumento dei costi di laboratorio e anche del costo psicologico-assistenziale per le famiglie. Uno dei punti di criticità di questo studio è rappresentato senza dubbio dall’esecuzione di un secondo test di screening in un campione molto ampio della popolazione considerata. Sarebbe interessante conoscere, attraverso questa nuova selezione dei pazienti, la variazione in percentuale dei richiami al test di screening e il rapporto tra il numero totale dei bambini esaminati a 15 giorni e quelli risultati positivi e quindi trattati con L-T4. I risultati di questo studio forniscono dati che possono rappresentare la base per una discussione costruttiva sulla sua possibile utilizzazione all’interno del percorso diagnostico dell’ipotiroidismo congenito.

https://academic.oup.com/jcem/article-abstract/106/1/e338/5943484?redirectedFrom=fulltext

 

 

A cura di Marta Bassi

Standardized Hybrid Closed-Loop System Reporting

Shah VN, Garg SK.  Diabetes Technol Ther. 2020 Nov 25. doi: 10.1089/dia.2020.0622. Epub ahead of print. PMID: 33252264.

Questo studio ha come obiettivo quello di creare le basi per un sistema di reportistica standardizzata per tutti gli Hybrid Loop Closed (HCL) Systems, che potrebbe portare a una migliore diffusione e facilità di utilizzo di tali sistemi.

È stato ampiamente dimostrato che i sistemi HCL migliorano il controllo glicemico e riducono gli episodi di ipoglicemia nei pazienti affetti da diabete di tipo 1. Se da una parte risulta fondamentale per i team diabetologici essere costantemente aggiornati sugli sviluppi tecnologici, la mancanza di linee guida sulla presentazione standardizzata dei dati dei sistemi HCL può portare ad un utilizzo ridotto o non appropriato di tali dispositivi. L’utilizzo ideale dei sistemi HCL richiede una corretta interpretazione dei dati relativi ai valori glicemici e alle dosi di insulina utilizzate e un’ottimizzazione delle impostazioni. La standardizzazione dei Reports renderebbe più facile l'interpretazione dei dati, indipendentemente dal software utilizzato.

L’obiettivo dello studio è quello di creare un modello di Report dei dati HCL in una sola pagina, denominato "AP Dashboard - dashboard del pancreas artificiale", che contenga tutte le informazioni più importanti per ottimizzare la gestione del diabete. È stata quindi revisionata la letteratura riguardante le esigenze e preferenze di providers e pazienti in merito al download dei reports dei dati. Viene quindi proposta una Dashboard suddivisa in sette componenti fondamentali.

1 – Monitoraggio glicemico: glicemia media, standard deviation (SD) e/o coefficient of variation (CV), glucose management indicator (GMI); tali dati sono associati ad un grafico a barra che mostra le metriche CGM (percentuali di TIR, TAR e TBR)

2 – Ipoglicemia: tempo medio in ipoglicemia (minuti al giorno) e numero medio di episodi al giorno; tali dati sono associati ad un grafico a torta per visualizzare la frequenza di episodi ipoglicemici pre-pasto, dopo il pasto o notturni. Un report dettagliato degli eventi ipoglicemici può favorire le azioni necessarie per ridurli.

3 – Insulina: dose totale giornaliera (percentuale di basale e boli), numero di boli pre-pasto non erogati, dose di insulina media ai pasti per identificarne la variabilità, dose media di insulina utilizzata per boli di correzione (percentuale dell’insulina totale usata per boli). Tali informazioni permettono di gestire al meglio la terapia insulinica, individuando problematiche nella gestione del timing dei boli, permettendo di ottimizzare il rapporto insulina-carboidrati e il controllo glicemico post-prandiale

4 - Esperienza dell'utente: valutazione dell’utilizzo della tecnologia (in termini di percentuale di utilizzo di pompa insulinica, CGM e HCL in modalità automatica, numero e durata delle sospensioni di utilizzo, numero di cambi set, numero di boli modificati rispetto ai suggeriti), valutazione degli alerts (in termini di numero medio di alerts giornalieri, al fine di identificarne la frequenza e rimodularli se necessario in modo da favorire l’aderenza al sistema), dati sul consumo di carboidrati (introito medio giornaliero, introito medio la pasto), dati sull’esercizio fisico (tempo di esercizio giornaliero e percentuale di tempo in cui viene utilizzata modalità HCL) e dati sul sonno (tempo medio di durata del sonno e percentuale di utilizzo notturno di HCL)  

5 – Iperglicemia: percentuale di tempo in iperglicemia; tali dati sono associati ad un grafico a torta per visualizzare la frequenza di episodi iperglicemici pre-pasto, dopo il pasto o notturni

6 - Profilo giornaliero del glucosio: grafico che rappresenta l’andamento glicemico giornaliero medio in base ai dati di minimo due settimane; al di sotto del grafico vengono inoltre elencate alcune variabili modificabili, per meglio comprenderne la relazione tra di esse e l’andamento glicemico

7 – Insight: riassunto delle caratteristiche base del sistema HCL e indicazione dei pattern riconosciuti automaticamente dal sistema associati a suggerimenti per migliorare il controllo glicemico

Nello studio vengono anche descritti la durata del campionamento ottimale per il download dei dati HCL (2-3 settimane) e la codifica a colori in base ai valori glicemici per facilitare la visualizzazione dei target raggiunti.

L’utilizzo di AP Dashboard potrebbe facilitare enormemente la pratica clinica (rendendo più agevole l’interpretazione dei dati per providers, medici e pazienti), ottimizzando l’utilizzo dei dispositivi HCL e migliorando quindi il controllo glicemico dei pazienti.

https://www.liebertpub.com/doi/10.1089/dia.2020.0622?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%20%200pubmed

 

 

A cura di: Marianna Rita Stancampiano

Premature Adrenarche in Girls Characterized By Enhanced 17,20-Lyase and 17β-Hydroxysteroid Dehydrogenase Activities

Marco Janner, Grit Sommer, Michael Groessl and Christa E. Flu?ck

The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2020, Vol. 105, No. 12, e4439–e4451. doi:10.1210/clinem/dgaa598

L’adrenarca precoce (PA) viene tradizionalmente definito come la comparsa di peluria pubica e/o ascellare prima dell’età di 8 anni nella femmina e 9 anni nel maschio. Le cause di PA possono essere differenti; compito dell’endocrinologo è quello di escludere la presenza di iperandrogenismo legato ad iperplasia surrenalica congenita in forma non classica, o alla presenza di tumori androgeno secernenti. Escluse queste cause di iperandrogenismo, la diagnosi sarà quella di adrenarca precoce “isolato”.

Scopo di questo studio monocentrico, prospettico osservazionale, è stato quello di comparare i metaboliti urinari surrenalici (analizzati su campione della 24 ore tramite GC-MS) di bambine con adrenarca precoce “isolato” vs bambine con normale timing dell’adrenarca.

Sono state incluse nello studio 23 bambine con adrenarca precoce isolato (età media 7 anni) vs 22 controlli sani appaiati per età.

L’escrezione urinaria degli androgeni era significativamente maggiore nelle bambine con PA rispetto alle bambine con timing normale dell’adrenarca (p<0.001). Dall’analisi dei rapporti dei metaboliti urinari maggiormente rappresentati nelle ragazzine con PA, è emerso un significativo incremento dell’attività degli enzimi 17,20 lyase e 17b-hydroxysteroid-dehydrogenase, determinanti la produzione degli androgeni sia attraverso il pathway classico della steroidogenesi, che attraverso il cosiddetto backdoor pathway

Nella zona reticolare della ghiandola surrenalica infatti, il colesterolo viene convertito a pregnenolone (CYP11A1) e quindi in 17-hydroxyprenolone e DHEA (CYP17A1); l’attività della 3b-hydroxysteroid dehydrogenase 2 è relativamente bassa e la maggior parte del DHEA viene solfatato e trasformato in DHEAS. Tuttavia, recentemente, è stato descritto nell’uomo un pathway alternativo, denominato backdoor pathway, attraverso il quale il 17OHP sarebbe direttamente convertito in androsterone (CYP17A1), ridotto in androstenediolo (17bHSD3/5) e quindi DHT (17bHSD6).

I risultati di questo studio sembrano indicare che l’adrenarca precoce “isolato” potrebbe non essere una variante normale dell’adrenarca dovuto ad una semplice comparsa precoce di pubarca e/o ircarca; al contrario esso potrebbe essere determinato da un differente pathway della steroidegenesi, caratteristico dei soggetti.

L’interrogativo che ci si pone, ancora oggetto di discussione nella comunità scientifica, è se le ragazzine con adrenarca precoce possano essere a maggior rischio di iperandrogenismo, con fenotipo PCOS-like in età adolescenziale e/o adulta. Da studi di letteratura emerge infatti che le donne affette da PCOS avrebbero un profilo ormonale sovrapponibile, caratterizzato da un significativo incremento dell’attività degli enzimi 17,20 lyase e 17b-hydroxysteroid-dehydrogenase.

https://academic.oup.com/jcem/article-abstract/105/12/e4439/5899560?redirectedFrom=fulltext

 

A cura di Giuseppina Rosaria Umano

Polycystic Ovary Syndrome and Risk of Type 2 Diabetes, Coronary Heart Disease, and Stroke

Tiantian Zhu, Jinrui Cui, Mark O Goodarzi

Diabetes 2021 Feb; 70(2): 627-637

 

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) rappresenta una delle più frequenti endocrinopatie nelle adolescenti e giovani donne in età fertile.

Diversi studi osservazionali hanno individuato un’associazione significativa tra PCOS ed altre patologie cardio-metaboliche quali diabete mellito di tipo 2 (DM2), ipertensione e rischio di eventi cardiovascolari. Ciononostante, la causalità di tale associazione non è stata chiarita. Inoltre, nonostante la PCOS colpisca più frequentemente le adolescenti in sovrappeso od obese, anche le pazienti normopeso affette da PCOS presentano una riduzione dell’insulino-sensibilità rispetto alle pazienti non affette.

Questo studio di randomizzazione mendeliana si pone l’obiettivo di chiarire l’eventuale direzionalità dell’associazione tra PCOS e patologie metaboliche, valutando se la presenza di un background genetico associato a PCOS sia associato ad un aumentato rischio di DM2 e patologie cardiovascolari. Nello studio sono stati inclusi 14 polimorfismi individuati da un genome-wide association study (GWAS) condotto su soggetti di origine Europea e 13 polimorfismi individuati nella popolazione Asiatica associati con lo sviluppo di PCOS. Sono stati inoltre inclusi i polimorfismi associati allo sviluppo di DM2 (in popolazioni europee ed asiatiche), patologia cardiovascolare e stroke (popolazione europea). Dall’analisi di Randomizzazione Mendeliana non emerge alcuna associazione statisticamente significativa tra i tratti genetici della PCOS ed il DM2, la patologia cardiovascolare e lo stroke. Tali risultati appaiono sorprendenti se si considerano le numerose evidenze scientifiche a supporto di un’alterata tolleranza glicemica nelle donne affette da PCOS. Secondo gli autori, tale incongruenza potrebbe essere spiegata considerando che non la PCOS di per sé ma alcune caratteristiche tipiche delle pazienti affette (quali sovrappeso, iperandrogenismo, e ridotti livelli di SHBG) sottendano tale associazione. Ne consegue che gli sforzi terapeutici (quali intervento nutrizionale e metformina) volti alla prevenzione del rischio di diabete debbano essere rivolti verso queste categorie di pazienti.

Link https://diabetes.diabetesjournals.org/content/70/2/627.full-text.pdf