14/2019

A cura di: Marco Marigliano (Verona)

Sotagliflozin Added to Optimized Insulin Therapy Leads to Lower Rates of Clinically Relevant Hypoglycemic Events at Any HbA1c at 52 Weeks in Adults with Type 1 Diabetes

Thomas Danne, Jeremy Pettus, Andrea Giaccari, Bertrand Cariou, Helena Rodbard, Stuart A. Weinzimer, Mireille Bonnemaire, Sangeeta Sawhney, John Stewart, Stella Wang, Rita de Cassia Castro and Satish K. Garg, MD

Diabetes Technol Ther. 2019 Sep;21(9):471-477. doi: 10.1089/dia.2019.0157.

Si tratta di una recente pubblicazione su Diabetes Technology and Therapeutics (Settembre 2019) riguardante la terapia farmacologica aggiuntiva alla terapia insulinica in pazienti DT1 adulti. Si è visto come è possibile ridurre in maniera significativa il numero e la frequenza delle ipoglicemie aggiungendo alla terapia insulinica intensificata la terapia farmacologica con sotagliflozin. Questo dato risulta particolarmente interessante perché apre nuove strade nella terapia del DT1 che vadano oltre la terapia insulinica e la tecnologia. Non ci sono ancora dati su studi pediatrici.

Nei pazienti con Diabete Mellito di Tipo 1 (DT1) la terapia insulinica intensificata utilizzata per cercare di migliorare il controllo glicemico spesso determina un aumento della frequenza delle ipoglicemie. In questo studio è stata analizzata la frequenza di ipoglicemia in pazienti adulti con DT1 che aggiungevano sotagliflozin alla terapia insulinica, in due studi clinici di fase 3 di 52 settimane (in Tandem 1 e 2; NCT02384941 e NCT02421510). Sotagliflozin è un doppio inibitore di due proteine responsabili della regolazione del glucosio, il co-trasportatore di glucosio dipendente dal sodio di tipo 1 e 2 (SGLT1 e SGLT2). SGLT1 è responsabile dell'assorbimento del glucosio nel tratto gastrointestinale, mentre SGLT2 è responsabile del riassorbimento del glucosio da parte del rene.

 

Materiali e Metodi

Sono stati analizzate le frequenze di ipoglicemia lieve (livello 1, glicemia >= 54 e <70 mg/dl) e ipoglicemia grave (livello 2, glicemia <54 mg/dl) in un'analisi aggregata (n = 1362) usando un modello binomiale negativo aggiustato per i valori di emoglobina A1c (HbA1c) a 52 settimane in pazienti trattati con placebo, sotagliflozin 200 mg e sotagliflozin 400 mg.

Le percentuali di eventi di ipoglicemia lieve (livello 1) per paziente/anno sono state 58,25 (intervallo di confidenza al 95%: 50,26- 67,50) con placebo, 44,86 (38,83-51,82; P = 0,0138 vs. placebo) con sotagliflozin 200 mg e 45,68 (39,52- 52,81; P = 0,0220) con sotagliflozin 400mg. Le percentuali di eventi di ipoglicemia grave (livello 2) per paziente/anno sono state: 15,95 (14,37-17,70), 11,51 (10,39-12,76; P <0,0001) e 11,13 (10,03-12,35; P <0,0001) per placebo e sotagliflozin 200 e 400 mg, rispettivamente. La differenza nelle percentuali di ipoglicemia con sotagliflozin rispetto al placebo è più rilevante alla diminuzione dell'HbA1c.

Al termine dello studio dopo 52 settimane, gli eventi di ipoglicemia di livello 1 e 2 erano diminuiti dal 22% al 30% nei pazienti che assumevano sotagliflozin aggiunta alla terapia insulinica a prescindere il livello di HbA1c, con maggiori differenze a valori di HbA1c più bassi. Si osserva una diminuzione globale degli episodi di ipoglicemia, notturna e grave a tutti i livelli di HbA1c. Questo approccio potrebbe consentire a più pazienti di raggiungere il loro target di controllo glicometabolico (HbA1c) senza incorrere in un aumentato rischio di ipoglicemia. I dati presentati in questo studio supportano l'uso di sotagliflozin in combinazione con insulina per il trattamento di DT1.

Figura 1
Numero stimato di eventi di ipoglicemia per paziente/anno in funzione della HbA1c alla 52ma settimana.
(A) Ipoglicemia di livello 1, definita come glucosio plasmatico compreso tra 54 mg/dl e <70 mg/dl.
(B) Ipoglicemia di livello 2, glicemia <54 mg/dl. In grigio i pazienti con placebo, in verde i pazienti con sotagliflozin 200 mg e in blu i pazienti con sotagliflozin 400 mg. Il grafico indica il tasso di ipoglicemia a ciascun valore di HbA1c e le corrispondenti aree ombreggiate rappresentano l'IC al 95%.

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Clinical Targets for Continuous Glucose Monitoring Data Interpretation: Recommendations From the International Consensus on Time in Range

Battelino T, Danne T, Bergenstal RM, Amiel SA, Beck R, Biester T, Bosi E, Buckingham BA, Cefalu WT, Close KL, Cobelli C, Dassau E, DeVries JH, Donaghue KC, Dovc K, Doyle FJ 3rd, Garg S, Grunberger G, Heller S, Heinemann L, Hirsch IB, Hovorka R, Jia W, Kordonouri O, Kovatchev B, Kowalski A, Laffel L, Levine B, Mayorov A, Mathieu C, Murphy HR, Nimri R, Nørgaard K, Parkin CG, Renard E, Rodbard D, Saboo B, Schatz D, Stoner K, Urakami T, Weinzimer SA, Phillip M.

Diabetes Care 2019;42:1593–1603 | https://doi.org/10.2337/dci19-0028

In questo articolo, pubblicato su Diabetes Care nel mese di Agosto 2019, vengono riportate le prime raccomandazioni all’utilizzo del monitoraggio in continuo della glicemia (CGM) e all’interpretazioni dei dati glicemici secondo una metrica unitaria.  L’articolo presenta tutta la metodica utilizzata per standardizzare tali raccomandazioni e da indicazioni interessanti per i team di diabetologia in base al tipo di paziente che si trovano a trattare.


Introduzione

I miglioramenti nell'accuratezza del sensore in continuo per la glicemia (CGM) e una maggiore praticità e facilità d'uso, hanno portato alla crescente adozione di questa tecnologia nella terapia dei pazienti con Diabete Mellito di Tipo 1 (DT1). Tuttavia, l'utilizzo efficace della CGM nella pratica clinica è ancora piuttosto scarso e molto variabile. Ciò può essere dovuto, in parte, alla mancanza di obiettivi glicemici chiari e concordati su cui sia il team diabetologico sia gli stessi pazienti con DT1, possano lavorare. Sebbene siano state stabilite raccomandazioni unificate per l'uso delle principali metriche dei CGM (time-in-range, media glicemia, time-in-hypo, etc) manca l'adozione formale e la guida nell'applicazione nella pratica clinica di queste stesse metriche. In questo articolo vengono riassunte le principali raccomandazioni relative a questo argomento, redatte da un gruppo di esperti del settore allo scorso congresso ATTD (Advanced Technologies & Treatments for Diabetes) del Febbraio 2019.

 

La necessità di avere nuove metriche oltre la HbA1c

L’emoglobina glicosilata (HbA1c) è attualmente riconosciuta come il marcatore chiave per identificare il rischio di sviluppo di complicanze micro e macro-vascolari a lungo termine in pazienti affetti da Diabete Mellito di Tipo 1 e di Tipo 2. Mentre HbA1c riflette il valore medio della glicemia negli ultimi 2-3 mesi, il suo limite è la mancanza di informazioni sulle escursioni glicemiche acute e sulle complicanze acute dell'ipo e dell'iperglicemia. A differenza della misurazione della HbA1c, l'uso del CGM consente l'osservazione diretta di escursioni glicemiche anche molto rapide e di analizzare i profili glicemici giornalieri, dando informazioni per prendere decisioni immediate su eventuali modifiche alla terapia insulinica e/o sullo stile di vita. L’utilizzo del CGM fornisce anche la capacità di valutare la variabilità della glicemia e di identificare dei pattern ripetuti di ipo e iperglicemia.

 

Time in Ranges

La tecnologia CGM espande notevolmente la capacità di valutare il controllo glicemico durante il giorno, presentando dati critici per informare le decisioni di trattamento quotidiane e quantificare il tempo al di sotto, all'interno e al di sopra degli obiettivi glicemici stabiliti.

Le nuove metriche proposte includono tre misurazioni CGM chiave: la percentuale di letture e quanto tempo al giorno all’interno dell'intervallo target di glicemia (TIR), tempo al di sotto dell'intervallo target di glicemia (TBR) e tempo al di sopra dell'intervallo target di glicemia (TAR). L'obiettivo principale per un controllo efficace e sicuro del glucosio è aumentare il TIR riducendo al contempo il TBR. Sono stati identificati differenti obiettivi di TIR, TBR e TAR in base alla tipologia di paziente affetto da diabete (Tipo 1, Tipo 2, ad alto rischio e gestazionale) e sono riassunti nella Figura 1.

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