4/2019

A cura di: Anna Grandone (Napoli) e Laura Penta (Perugia)
 

Varimo T, Huopio H, Kariola L, Tenhola S, Voutilainen R, Toppari J, Toiviainen-Salo S, Hämäläinen E, Pulkkinen MA, Lääperi M, Tarkkanen A, Vaaralahti K, Miettinen PJ, Hero M, Raivio T. Letrozole versus testosterone for promotion of endogenous puberty in boys with constitutional delay of growth and puberty: a randomised controlled phase 3 trial. Lancet Child Adolesc Health. 2019 Feb;3(2):109-120. doi: 10.1016/S2352-4642(18)30377-8. Epub 2019 Jan 4.

Il ritardo costituzionale di crescita e sviluppo puberale costituisce un frequente motivo di consulto per l’endocrinologo pediatrica. La corrente strategia di trattamento si basa sulla vigile attesa o sulla somministrazione di testosterone a basse dosi. Il lavoro di Varimo et al descrive i risultati di uno studio multicentrico, open-label, randomizzato controllato che compara l’efficacia dell’inibitore dell’aromatasi letrozolo (alla posologia di 2,5 mg/die per os per 6 mesi) con il trattamento con testosterone im (una iniezione di 1mg/kg ogni 4 settimane per 6 mesi) per indurre la pubertà in 30 ragazzi con ritardo costituzionale di crescita e sviluppo puberale. Gli autori mostrano che la crescita del volume testicolare nel gruppo trattato con letrozolo era statisticamente maggiore dopo 6 mesi e che le concentrazioni di gonadotropine, testosterone e inibina B erano aumentate in questi ultimi pazienti. La crescita staturale risultava sovrapponibile nei due gruppi. La densità minerale ossea apparente a livello lombare risultava altresì sovrapponibile. Gli autori concludono quindi che il letrozolo potrebbe probabilmente rappresentare un’alternativa di facile somministrazione al trattamento con testosterone dei ragazzi con ritardo costituzionale di crescita anche se la vigile attesa rimane la strategia più sicura. Gli effetti a lungo termine comunque di tali terapie sono ancora da definire.

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Plachy L, Strakova V, Elblova L, Obermannova B, Kolouskova S, Snajderova M, Zemkova D, Dusatkova P, Sumnik Z, Lebl J, Pruhova S. High prevalence of growth plate gene variants in children with familial short stature treated with growth hormone. J Clin Endocrinol Metab. 2019 Feb 7. doi: 10.1210/jc.2018-02288.

Questo interessante studio descrive I risultati dell’applicazione della tecnologia NGS ad una coorte di bambini con bassa statura familiare severa trattati con GH per deficit di GH o per nascita SGA.

Una causa monogenica è stata identificata in 17 dei 33 bambini studiati (52%) ed è interessante che i geni implicati siano in gran parte regolatori delle cartilagini di accrescimento (COL2A1, COL11A1, ACAN [in due], FLNB, FGFR3, and IGF1R). Gli altri geni implicati sono risultati IGFALS e HMGA2, TRHR, MBTPS2, GHSR, NF1, PTPN11, e SOS1.

I risultati di questo studio sottolineano come sia eterogenea l’eziologia genetica dei pazienti affetti dalla così detta “bassa statura familiare”, se questa è severa (<-2.5SDS), ed anche i limiti della diagnosi di GHD che spesso nasconde un’eziologia complessa. La conoscenza di tale eziologia può essere però utile per personalizzare il follow-up e la terapia.

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Schwimmer JB, Ugalde-Nicalo P, Welsh JA, Angeles JE, Cordero M, Harlow KE, Alazraki A, Durelle J, Knight- Scott J, Newton KP, Cleeton R, Knott C, Konomi J, Middleton MS, Travers C, Sirlin CB, Hernandez A, Sekkarie A, McCracken C, Vos MB.Effect of a Low Free Sugar Diet vs Usual Diet on Nonalcoholic Fatty Liver Disease in Adolescent Boys: A Randomized Clinical Trial. JAMA. 2019 Jan 22;321(3):256-265.

Nel periodo compreso tra il 1988 e il 2010 la prevalenza della steatosi epatica non alcolica (NAFLD) in eta? pediatrica negli USA e? indubbiamente incrementata, rappresentando in questa fascia di età la malattia epatica piu? frequente, con maggiore incidenza tra i maschi di etnia ispanica. Per la NAFLD non esistono terapie farmacologiche approvate: sicuramente le linee guida pediatriche ritengono fondamentali gli interventi focalizzati sulle modifiche del lifestyle, migliorando l’alimentazione ed incrementando l’attività fisica, senza fornire tuttavia indicazioni per una specifica dieta rispetto ad un’altra; la raccomandazione piu? diffusa e? rappresentata dalla riduzione calorica, soprattutto in termini di restrizione della quota dei carboidrati. Questo studio si prefigge di valutare negli adolescenti con NAFLD gli effetti della restrizione dell’apporto di zucchero libero, limitazione dietetica possibile in quanto lo zucchero non rappresenta un nutriente necessario.

Sono stati pertanto arruolati 40 soggetti maschi con eta? compresa tra 11 e 16 anni con diagnosi di NAFLD tramite RM-PDFF (magnetic resonance imaging–estimated proton density fat fraction) maggiore o uguale al 10% e ALT maggiore o uguale a > 45 UI/L e suddivisi random in due gruppi da 20: un gruppo avrebbe continuato ad alimentarsi secondo lo schema abituale e l’altro gruppo avrebbe invece seguito per 8 settimane una dieta low–sugar che prevedeva cioè un apporto di zucchero inferiore al 3% delle calorie totali. L’obiettivo primario dello studio era il cambiamento (istologico) in percentuale della steatosi epatica misurata tramite una nuova valutazione RM-PDFF; erano presenti inoltre anche 12 obiettivi secondari, tra cui i valori di AST, ALT, insulina, gamma GT, colesterolo, glicemia e anche l’aderenza alla dieta e la percezione del gusto dolce. Rispetto all’obiettivo primario nel gruppo di intervento la riduzione media della steatosi epatica misurata con RM-PDFF e? risultata significativamente maggiore; rispetto ai 12 outcome secondari, nel gruppo di intervento la riduzione della ALT e? risultata significativamente maggiore.

Lo studio, che presenta sicuramente dei punti di forza (tra i quali per esempio la misurazione della steatosi epatica tramite una valutazione precisa con RM-PDFF), dimostra che una dieta a basso contenuto di zucchero possa ridurre i biomarkers di NAFLD almeno nel breve termine; lo studio tuttavia presenta anche dei limiti, tra i quali aver selezionato solo soggetti di sesso maschile prevalentemente di etnia ispanica, aver ottenuto riduzione della NAFLD e dei valori della ALT, ma non il ripristino della normalità e non avere dati provenienti da biopsie epatiche. Inoltre, tali risultati andrebbero verificati con ulteriori studi per avere dati relativi all’ outcome a lungo termine.

Il lavoro dimostra pertanto come una dieta low-sugar possa rappresentare uno strumento terapeutico efficace per ottenere risultati concreti e a breve termine negli adolescenti affetti da NAFLD; infatti, evidenzia come ad un solo cambiamento dietetico possa in breve tempo seguire una modifica reale e questo, nella gestione del bambino/adolescente con NAFLD, ha un importante riscontro, soprattutto in termini di aderenza al patto terapeutico con il bambino e la sua famiglia.

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SwerdlowAJ,Cooke R,Beckers D,Butler G,Carel JC,Cianfarani S,Clayton P,Coste J,Deodati A,Ecosse E, Hokken-Koelega ACS, Khan AJ, Kiess W, Kuehni CE, Flu?ck CE, Pfaffle R, Sa?vendahl L, Sommer G, Thomas M, Tidblad A, Tollerfield S, Zandwijken GRJ.Risk of Meningioma in European Patients Treated With Growth Hormone in Childhood: Results From the SAGhE Cohort. J Clin Endocrinol Metab. 2019 Mar 1;104(3):658-664

Lo studio si prefigge l’obiettivo di valutare il rischio di meningioma in relazione alla terapia con GH; i dati derivano dallo studio SAGhE (Safety and Appropriatness of Growth hormone treatments in Europe), in particolare dall’analisi di una coorte di 10,403 pazienti provenienti da 5 nazioni in confronto ai dati attesi dai rispettivi registri nazionali tumori.

E’ noto che il GH aumenti le concentrazioni sieriche di IGF-1 e che l’IGF-1 dimostri in vitro un’attività antiapoptotica e mitogena; inoltre, negli adulti sono descritte associazioni tra i livelli di IGF-1 ed il rischio di neoplasia maligna. In relazione a queste considerazioni, sono emerse preoccupazioni riguardo la possibilità che la terapia con GH possa realmente aumentare il rischio tumorale.

In uno studio di coorte americano tra i childhood cancer survivors e? emerso che una seconda neoplasia risulta significativamente piu? comune nei pazienti sottoposti a terapia con GH rispetto a coloro non trattati e tra le seconde neoplasie la piu? frequente e? rappresentata appunto dal meningioma (stimata intorno al 40% di tutte le seconde neoplasie).

I risultati precedenti erano relativi a studi effettuati su campioni meno numerosi, mentre i dati derivanti dal SAGhE forniscono la possibilità di analizzare il suddetto rischio su una casistica piu? ampia.

Nel periodo di osservazione, tra i 10,403 pazienti che hanno formato la coorte dello studio, sono stati diagnosticati 38 meningiomi: in 37 pazienti su 38 la diagnosi iniziale era di patologia tumorale; di questi, 30 pazienti avevano ricevuto radioterapia cranio-spinale.

Dai dati appare un rischio di sviluppo di meningioma significativamente aumentato nella coorte rispetto a quanto atteso nella popolazione generale; questo in relazione al fatto che il rischio risulta maggiore in chi aveva ricevuto terapia con GH dopo una diagnosi iniziale di patologia neoplastica e tra questi un rischio maggiore era presente tra coloro che erano stati sottoposti a radioterapia cranio-spinale. Non e? presente tuttavia un rischio aumentato di meningioma nei pazienti che avevano ricevuto terapia con GH senza pregressa diagnosi di patologia tumorale.

Il rischio di meningioma inoltre non e? significativamente correlato alla durata della terapia, alla dose giornaliera di GH e alla dose totale ricevuta; l’analisi di tali varabili e la numerosità del campione rappresentano sicuramente i punti di forza dello studio.

Pertanto i dati complessivamente non supportano l’ipotesi per cui il GH possa influenzare il rischio di meningioma; ricerche successive potrebbero migliorare tali dati con informazioni aggiuntive sui livelli di IGF-1, fornendo cioè indicazioni se i livelli di IGF-1 durante la terapia possano correlare con il successivo rischio di meningioma.

Il principale motivo per la presenza di un aumentato rischio e? verosimilmente l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, pertanto questo studio sottolinea l’importanza di questo aspetto nel follow-up dei pazienti che ricevono terapia con GH dopo radioterapia per patologia maligna. Inoltre i dati suggeriscono che la terapia con GH non ha aumentato ulteriormente il rischio legato alla radioterapia.

L’articolo quindi, fornendo dati provenienti da uno studio ottenuto su un largo numero di pazienti, rappresenta per il pediatra endocrinologo (peraltro insieme ai dati dello studio GeNeSIS riportati nel precedente Journal Club) un contributo prezioso per il colloquio informativo con i genitori in merito alla terapia con GH.

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