Priming: indispensabile per aumentare la specificità del test da stimolo. Intervista a Stefano Cianfarani

Secondo Stefano Cianfarani, attuale presidente SIEDP, che ha assistito al dibattito, la controversia sull'argomento in realtà "è  pretestuosa e non basata sull’evidenza", sottolineando come il priming non sia solo utile ma indispensabile. In questa intervista, ci spiega perché, come e quando.  

D: Professore, secondo lei può essere utile eseguire un priming?

R: Non solo utile ma indispensabile, per ridurre il tasso di risposte falsamente positive ai test di stimolo per la secrezione ipofisaria di GH. È un dato di fatto che nel periodo puberale gli steroidi sessuali (estrogeni) contribuiscono in maniera determinante al controllo neurosecretorio del GH permettendone una normale secrezione ipofisaria. Così come è un fatto che molti bambini in età puberale che non hanno ancora iniziato a produrre steroidi sessuali presentano una risposta insufficiente ai test di stimolo, risposta che si normalizza durante la pubertà o dopo somministrazione esogena di steroidi sessuali. Quindi la probabilità di risposte falsamente basse ai test di stimolo è particolarmente elevata in fase puberale soprattutto nei bambini con ritardo costituzionale di crescita e pubertà. Questi bambini vengono spesso messi inutilmente in terapia con GH per un ritardo staturale (dovuto al ritardo di pubertà) ed una risposta insufficiente ai test di stimolo effettuati senza priming steroideo. Queste false diagnosi rappresentano purtroppo una larga parte delle diagnosi di deficit di GH come dimostrano i dati epidemiologici –vedi studio europeo SAGhE [1]– e l’evidenza che più del 70% dei “pazienti” diagnosticati GHD in età pediatrica presentano una normalizzazione delle risposte ai test di stimolo per il GH quando vengono ritestati al termine della crescita. Quindi sia la fisiologia sia la clinica depongono con certezza a favore dell’utilizzo del priming steroideo per i test di funzionalità ipofisaria.

D: Non c'è accordo su come fare il priming. Lei che formulazione utilizza nella pratica clinica, per quanti giorni e quanto prima del test?

R: Il suggerimento contenuto nelle ultime linee guida proposte nell’articolo di Grimberg et al. [2], mi sembra in linea con quello che da sempre viene eseguito nei maggiori centri di endocrinologia pediatrica al mondo, compreso il nostro. Effettuare cioè il priming nei soggetti che sono ancora prepuberi dopo i 10 anni (bambine) o 11 anni (bambini). Si potrebbe discutere se prendere come riferimento l’età ossea invece dell’età anagrafica, che resta però sicuramente il parametro di riferimento più semplice. Comunque il priming dovrebbe essere effettuato anche qualora la risposta ad un primo test non sia convincente (per esempio non in linea con la velocità di crescita o con il valore di IGF-I) anche in bambini prepuberi in età peripuberale. Gli schemi di esecuzione possono essere diversi. Personalmente, anche per antica ed efficace tradizione boscheriniana, utilizzo nei maschi 125 mg di testosterone enantato per via intramuscolare in unica somministrazione 3 giorni  prima dell’esecuzione del test. Nelle bambine 6 mcg di estradiolo pari a 1/4 di cerotto da 25 mcg applicato nei 3 giorni prima del test.

D: Il sostenitore del priming propone addirittura di eseguirlo di routine nel prepubere, e non solo nella fascia peripuberale in cui viene per lo più utilizzato. Qual è la sua opinione?

R: Anche qui ci viene in aiuto la conoscenza della fisiologia e della clinica. Prima dell’età puberale l’effetto degli steroidi sessuali sulla regolazione neurosecretoria del GH è trascurabile, non ritengo dunque utile un loro uso di routine a qualunque età. Questo non toglie che comunque vi sia un elevatissimo numero di risposte falsamente positive ai test anche nella fascia di età prepubere ma questo è dovuto alla intrinseca debolezza diagnostica dei test di stimolo per il GH. La diagnosi di deficit di GH deve basarsi su una valutazione complessiva basata sulla auxologia, sulla clinica, sulla biochimica, sulla corretta valutazione endocrina, sulla radiologia e neuroradiologia ed in casi selezionati sulla genetica. Solo così si può ridurre la probabilità di diagnosi sbagliate e di lunghe terapie inutili, fastidiose, costose e potenzialmente pericolose.

La ringrazio professore per l’intervista!

Sara Ciccone

 

Riferimenti

1. Swerdlow A, et al. Horm Res Paediatr. 2015;84:172-83.
2. Grimberg A, et al. Horm Res Paediatr. 2016;86:361-397.