10/2018

A cura di:

Clara Bonura  (Milano), Ilenia Panasiti (Messina)

Araújo-Vilar D, Santini F. Diagnosis and treatment of lipodystrophy: a step-by-step approach. J Endocrinol Invest. 2018 Apr 27.

In questa interessante review viene ripercorso l’iter diagnostico e terapeutico delle lipodistrofie mediante un approccio step-by step. Le sindromi lipodistrofiche sono dei disordini eterogenei caratterizzati da un deficit di tessuto adiposo sottocutaneo. Questi disordini sono spesso associati a deficit di leptina e, invariabilmente, ad anomalie metaboliche più o meno gravi che comprendono insulino-resistenza, diabete mellito e dislipidemia di vario grado.

In questa review le sindromi lipodistrofiche vengono classificate in accordo alla ereditarietà (lipodistrofie genetiche o acquisite) ed in base alla distribuzione del deficit di tessuto sottocutaneo (lipodistrofie generalizzate o parziali). Pertanto esistono quattro maggiori sottotipi di sindromi lipodistrofiche 1) forma congenita generalizzata (CGL); 2) forma acquisita generalizzata (AGL); 3) forme familiari parziali (FPLD)i; 4) forma acquisita parziale (APL). Nelle forme generalizzate si osserva la quasi totale assenza del tessuto adiposo sottocutaneo in tutto il corpo, nelle forme parziale la perdita di tessuto sottocutaneo interessa aree più o meno estese del corpo (ad es. arti inferiori e superiori) talvolta con accumulo di tessuto adiposo in altre regioni (ad es. tronco e viso). Gli autori propongono inoltre una interessante flow-chart per la corretta caratterizzazione diagnostica delle sindromi lipodistrofiche e una tabella aggiornata con i geni principalmente noti per essere associati a queste patologie.

Il riconoscimento delle sindromi lipodistrofiche è di fondamentale importanza per il clinico e per il paziente, infatti, trattandosi di patologie estremamente rare, risulta necessaria la corretta caratterizzazione fenotipica e genetica. Tra gli standard di terapia viene riportato il trattamento con leptina, soprattutto in casi di forme generalizzate al fine di migliorare l’outcome metabolico dei pazienti.

 

Bjerregaard LG, Jensen BW, Ängquist L, Osler M, Sørensen TIA, Baker JL. Change in Overweight from Childhood to Early Adulthood and Risk of Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2018 Apr 5;378(14):1302-1312.

Lo scopo di questo lavoro dal grande spessore scientifico è valutare la correlazione tra sovrappeso in età infantile e diabete tipo 2 in età adulta e inoltre valutare come la remissione dal sovrappeso raggiunta prima del raggiungimento dell’età adulta possa ridurre tale rischio.

Gli autori hanno studiato 62,565 soggetti danesi di sesso maschile, di cui sono stati rilevati i parametri antropomorfici (peso, altezza, BMI) a 7 ed a 13 anni di età e nella prima età adulta (da 17 a 26 anni di età). Il sovrappeso è stato definito in accordo ai criteri dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention). I dati sulla condizione del diabete tipo 2 dai 30 a 60 anni di età (6710 soggetti) sono stati ottenuti grazie ad un registro nazionale sulla salute.

Il primo dato sicuramente interessante è quello della prevalenza del sovrappeso nella popolazione in studio. Infatti tale prevalenza si attesta attorno al 5.5% (5.4% nei soggetti di anni 7 e  5.5% nei soggetti di anni  13), mentre in età giovane adulta tale dato è del 8.2%. Il sovrappeso a qualsiasi età è fortemente associato al rischio di diabete tipo 2 ma l’associazione risulta più forte nel caso in cui un soggetto risulti sovrappeso in età giovane adulta.  I soggetti che presentavano sovrappeso a 7 anni ma hanno raggiunto la condizione di normopeso entro i 13 anni fino all’età adulta presentano un rischio di sviluppare diabete di tipo 2 dai 30 ai 60 anni simile agli individui che si sono mantenuti normopeso per tutto il periodo di follow up (hazard ratio, 0.96; intervallo di confidenza 95% [CI], tra 0.75 e 1.21).

Rispetto ai pazienti normopeso gli individui risultati sovrappeso a 7 e 13 anni di vita ma normopeso in età giovane adulta presentano un rischio maggiore di diabete tipo 2 (hazard ratio, 1.47; intervallo di confidenza 95% [CI], tra 1.10 e 1.98); tuttavia il loro rischio risulta minore rispetto ai soggetti persistentemente sovrappeso (hazard ratio, 4.14; intervallo di confidenza 95% [CI], tra 3.57 e 4.79).

Da questo studio si capisce come il raggiungimento del normopeso prima dell’età puberale sia cruciale al fine di ridurre il rischio di diabete tipo 2 in età adulta. Dai risultati di questo studio longitudinale su larga scala si evidenzia come campagne di prevenzione sull’obesità rivestano un ruolo fondamentale soprattutto in età infantile ed adolescenziale e possano essere un concreto strumento al fine di arrestare l’epidemia di diabete di tipo 2 in età adulta, con significativa riduzione dei costi economici e sanitari.

 

Hampson S., Stephens D., Wasserman JD. Young Age Is Associated With Increased Rates of Residual & Recurrent Pediatric Differentiated Thyroid Carcinoma. Clin Endocrinol (Oxf). 2018 Apr 19. doi: 10.1111/cen.13720. [Epub ahead of print]

Il carcinoma tiroideo è una neoplasia rara in età pediatrica, con un’incidenza pari a 1 su 10.000, nella maggioranza dei casi è rappresentato da un Carcinoma Differenziato della Tiroide (DTC) comprendente le forme Papillare e Follicolare.

Gli autori di questo studio retrospettivo hanno valutato le caratteristiche cliniche, il trattamento e l’outcome del carcinoma tiroideo in una popolazione totale di 177 soggetti, di età media alla diagnosi di 13.8 anni, con un rapporto M:F pari a 1:2,5, distinti in due categorie in relazione all’età: infanzia (età < 12 aa, 44 soggetti) ed adolescenza (12-18 anni, 133 soggetti).

Non sono state trovate differenze statisticamente significative tra i due gruppi d’età ed il sesso in relazione all’esame citologico effettuato mediante agoaspirazione, all’approccio chirurgico, alle dimensioni del tumore, all’istologia, alla presenza di metastasi linfonodali cervicali centrali e laterali.

E’ stato invece riscontrato un incremento del tasso di interessamento linfonodale (rapporto linfonodi maligni/linfonodi totali) nel gruppo di età < 12 anni (64% vs 48%), assieme ad una maggiore frequenza di recidive e presenza di malattia residua, in media a circa 3,2 anni dalla diagnosi. Il gruppo di età < 12 anni ha ricevuto una dose cumulativa di Iodio Radioattivo più alta degli adolescenti (97.6 mCi/m2 vs 75.9 mCi/m2), con una maggiore incidenza di metastasi polmonari (nonostante non vi siano differenze significative).

Inoltre 6 pazienti con apparente Stadio N0/Nx alla diagnosi hanno poi presentato delle recidive rispetto al gruppo degli adolescenti con lo stesso stadio linfonodale, questo riscontro potrebbe suggerire la presenza di una malattia extratiroidea subclinica presente già alla diagnosi. Quanto detto riflette dunque una maggiore aggressività della neoplasia in questa fascia d’età che potrebbe essere spiegato dall’incremento dell’ormone della crescita e degli altri fattori mitogeni circolanti durante la pubertà.

Il razionale dei dati ottenuti depone quindi per un outcome sfavorevole per i soggetti in età infantile rispetto agli adolescenti, per tale motivo gli autori proporrebbero un approccio più aggressivo, con eventuale dissezione centrale profilattica dei linfonodi del collo, e tali pazienti dovrebbero essere considerati a rischio “intermedio” o “alto” secondo le più recenti linee guida ATA.

I limiti principali dello studio: approccio terapeutico non standardizzato per tutti i soggetti, mancanza di informazioni riguardo lo stadio puberale.

 

Hanna P, Grybek V, de Nanclares GP, Tran LC, de Sanctis L, Elli F, Errea J, Francou B, Kamenicky P, Linglart L, Pereda A, Rothenbuhler A, Tessaris D, Thiele S, Usardi A, Shoemaker, AH, Kottler ML, Jüppner H, Mantovani G, Linglart A. Genetic and epigenetic defects at the GNAS locus lead to distinct patterns of skeletal growth but similar early-onset obesity. J Bone Miner Res. 2018 Apr 25. doi: 10.1002/jbmr.3450. [Epub ahead of print]

In questo studio longitudinale sono stati raccolti i dati di Francia, Spagna, Italia e USA di una popolazione di 526 soggetti affetti da Pseudoipoparatiroidismo (PHP). I pazienti sono stati distinti in relazione al tipo di mutazione del gene GNAS: perdita di funzione (306 pazienti) che, se di origine materna causerà uno PHP di tipo 1A, se di origine paterna uno PseudoPHP (PPHP), oppure un difetto di metilazione (220 pazienti) responsabile di uno PHP di tipo 1B (20% trasmesso con modalità autosomica dominante–ADPHP1B-, 70% sporadico con mutazione de novo – sporPHP1B, 10% isodisomia uniparentale paterna).

In relazione ai dati alla nascita è emerso che il 21%, 20% e 12% dei pazienti rispettivamente affetti da PHP1A, PPHP e spor-PHP1B sono nati prematuri; il 37% e 95% degli affetti da PHP1A e PPHP è nato SGA, questi ultimi mostravano inoltre un severo ritardo di crescita intrauterino. Di contro i pz con ADPHP1B e sporPHP1B presentano un’incrementata crescita fetale e macrosomia alla nascita.

Riguardo la crescita postnatale, i soggetti con PHP1A e PPHP hanno un progressivo declino della velocità di crescita e dello spurt puberale con bassa statura finale. I pazienti con difetti di metilazione di GNAS sembrano avere invece un incremento della crescita nei primi 3 anni di vita raggiungendo poi una normale statura finale.

L’obesità early-onset caratterizza tutte le diverse mutazioni del gene, con un rapporto femmine/maschi in favore delle prime. Le alterazioni della crescita potrebbero essere spiegate da una accelerazione della differenziazione dei condrociti con conseguente precoce fusione delle cartilagini di accrescimento in presenza di un’aploinsufficienza della Gsa (sub-unitàα della proteinaG stimolatoria). La mutazione di origine paterna di XLas (proteina di regolazione di Gsa) sembra correlata con un severo ritardo di crescita intrauterino mentre l’allele materno sembra responsabile dell’incremento ponderale precoce, poiché maggiormente espresso nella regione dorsomediale ipotalamica, regione implicata nei meccanismi di fame e sazietà.

Il limite principale del lavoro è l’incompletezza nella raccolta dei dati, saranno quindi necessari ulteriori studi al fine di caratterizzare questa selezionata popolazione di pazienti.