8/2018

A cura di:

Laura Lucaccioni  (Modena), Claudia Ventrici (Locri-Reggio Calabria) e Laura Cannavò (Messina)

 

Jaakko J Koskenniemi et al. Postnatal Changes in Testicular Position Are Associated with IGF-I and Function of Sertoli and Leydig Cells. JCEM Volume 103, Issue 4, 1 April 2018, Pages 1429–1437.

Il significato della attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi nel periodo prenatale e durante i primi mesi di vita (minipubertà) non è ancora del tutto chiaro, ma l’aumento progressivo di gonadotropine, con picco a tre mesi, sembra influire sullo sviluppo gonadico in entrambi i sessi. In particolare, nelle femmine tale incremento provoca una maturazione dei follicoli ovarici con incremento dei livelli di estradiolo e crescita di ghiandola mammaria e utero, mentre nei maschi l’aumento di testosterone e androgeni si associano ad una progressione della maturazione di testicoli e asta peniena, a manifestazioni cutanee androgine e ad un diverso assetto neurocomportamentale. Un recentissimo studio nato dalla collaborazione dei gruppi Finlandese e Danese, pubblicato solo pochi giorni fa su JCEM, analizza i cambiamenti della posizione testicolare durante l’infanzia, correlandoli alla concentrazione plasmatica degli ormoni riproduttivi e di IGF1 a tre mesi di vita. In una popolazione di 2545 bambini maschi è stata misurata a 3, 18, 36 mesi e 7 anni la distanza media tra il margine superiore della sinfisi pubica e il polo superiore dei testicoli e a 3 mesi di vita sono stati dosati su plasma IGF1, Testosterone, LH, FSH, INSL-3 e inibina B. Secondo lo studio la distanza pubico-testicolare (TDP) risulterebbe aumentare in modo considerevole dalla nascita ai 3 mesi di vita, presentando poi un successivo decremento. I livelli di IGF1, i rapporti Inibina B/FSH e Testosterone/LH sono stati identificati tutti come indipendentemente e positivamente correlati ad una TDP maggiore. La dinamicità della posizione testicolare durante l’infanzia sembrerebbe dunque riflettere la funzionalità delle cellule di Sertoli e di Leydig e la concentrazione sierica di IGF1 durante la minipubertà, rendendo ipotizzabile l’utilizzo di tale misura come marker dello sviluppo e della funzionalità testicolare.

 

James E, Wood CL, Nair H, Williams TC. Preterm birth and the timing of puberty: a systematic review. BMC Pediatr. 2018 Jan 8;18(1):3.

Non è perfettamente chiaro quale sia il ruolo della nascita pretermine sullo sviluppo puberale. Partendo dalla minipubertà, secondo recenti dati longitudinali, nei pretermine l'attività postnatale dell'ipofisi declina all’incirca alla stessa età post-mestruale dei neonati a termine, suggerendo una regolazione “programmata” dell’attività dell’asse ipotalamo ipofisi gonadi. Tuttavia l’incremento di gonadotropine tipico della minipubertà avviene, subito dopo la nascita, con le stesse tempistiche del nato a termine, risultando dunque in un mantenimento più lungo di livelli elevati di gonadotropine nel pretermine. Come questo possa eventualmente influenzare l’esordio e il successivo sviluppo puberale rimane sconosciuto. Una recente review sistematica di James e collaboratori, ha valutato proprio l’eventuale correlazione tra prematurità e inizio della pubertà. Dei 1051 studi presi in esame, soltanto 16 hanno rispecchiato i criteri di valutazione. I dati al momento disponibili non mostrano una chiara associazione tra la nascita pretermine e l’anticiparsi della pubertà. Potrebbe esserci una sottile tendenza nelle femmine ex-premature a giungere prima al menarca (riscontrato in 5 dei 16 studi) con un intervallo temporale di effetto compreso tra -0,07 e - 0,94 anni. Tuttavia, oltre la metà degli studi non ha dimostrato alcun effetto dell'età gestazionale sulle tempistiche del menarca. I dati sulla popolazione maschile sono ancor meno attendibili, vista la eterogeneità delle misure di outcome utilizzate per valutare lo sviluppo puberale nei diversi studi. Tale review ci pone dunque di fronte alla necessità di approfondire questo aspetto, in modo da poter fornire dati attendibili ai nostri pazienti.

 

Hussain Alsaffar, Lucy Turner, Zoe Yung, Mohammed Didi and Senthil Senniappan. Continuous Flash Glucose Monitoring in children with Congenital Hyperinsulinism; first report on accuracy and patient experience. International Journal of Pediatric Endocrinology (2018) 2018:3

L'iperinsulinismo congenito (CHI) è la più comune causa di grave e persistente ipoglicemia durante l'infanzia che aumenta il rischio di danno neurologico, inibendo la chetogenesi e privando il cervello di glucosio e di corpi chetonici. A tal proposito è utile sottolineare come tale condizione richieda un intenso monitoraggio glicemico soprattutto in fase diagnostica. La maggior parte dei pazienti con CHI è costituita da neonati o bambini in età prescolare e, solitamente, i livelli di glucosio nel sangue sono monitorati regolarmente dai genitori utilizzando i glucometri standard. Sono disponibili pochissime informazioni sull'utilizzo dei sistemi di monitoraggio continuo della glicemia (CGMS) e del FreeStyle Libre (FSL), che recentemente è stato introdotto nella quotidianità dei pazienti affetti da Diabete Mellito. In questo studio prospettico è stata analizzata l’accuratezza del FSL confrontandolo con il metodo di rilevazione della glicemia capillare dal dito (CBG) per un periodo di due settimane (epoca di durata del sensore) nei pazienti con CHI, incentrandosi anche sulla valutazione espressa dai genitori riguardo l’uso del FSL. Sono stati reclutati undici pazienti [di età compresa tra 0,5 e 5 anni (7 M); età media 2 anni], che hanno avuto CHI persistente per più di 6 mesi, richiedendo terapia con diazossido.  Ad ogni rilevazione della CBG è stato consigliato di strisciare il FSL per le letture della glicemia, monitorando la glicemia pre-prandiale almeno 4 volte al giorno e trattando gli episodi ipoglicemici secondo il piano di assistenza clinica standard. Durante tale periodo sono state valutate 467 CBG e le corrispondenti rilevazioni dal FSL e, alla fine del periodo di prova, sono stati consegnati dei questionari ai genitori dai quali sono emersi dati discordanti riguardo l’utilità sulla prevenzione delle ipoglicemie e l’impatto sulla qualità della vita. È stata documentata una notevole variabilità tra i due metodi di misurazione glicemica nei pazienti con CHI, soprattutto nella rilevazione delle ipoglicemie, probabilmente correlata alla natura della condizione sottostante e alla loro giovane età con un possibile impatto sul rapporto muscolo / grasso rispetto alla coorte di pazienti più anziana con diabete mellito. I limiti dello studio includono una piccola dimensione del campione e una breve durata e, quindi, è necessario uno studio prospettico più ampio nei pazienti con CHI prima che il FSL sia raccomandato come metodo alternativo di routine per misurare i livelli glicemici.

 

Dieuwke C. Broekstra, Henk Groen, Sanne Molenkamp, Paul M. N. Werker, Edwin R. van den Heuvel. A Systematic Review and Meta-Analysis on the Strength and Consistency of the Associations between Dupuytren Disease and Diabetes Mellitus, Liver Disease, and Epilepsy. Plast Reconstr Surg. 2018 Mar; 141(3): 367–379.

 

Oggetto della revisione sistematica è l’associazione fra diabete mellito, malattie epatiche e epilessia quali fattori predisponenti l’insorgenza della malattia di Dupuytren. La correlazione tra diabete mellito e malattia di Dupuytren è documentata in numerosi articoli i cui risultati sono spesso in contrasto con altri. Vi è anche una stretta associazione fra malattia di Dupuytren e consumo eccessivo di alcol e dunque patologie epatiche, utilizzo di droghe e anticonvulsivanti quali, per esempio, i barbiturici. Estrapolando i dati dai 1309 articoli emersi durante la ricerca, spiccava una stretta associazione tra diabete mellito e malattia di Dupuytren, probabilmente correlata a una comune patogenesi biochimica. Tra le complicanze del diabete mellito sono rilevanti quelle causate dalla glicosilazione non enzimatica delle proteine, così come documentato in letteratura, con una crescente evidenza del ruolo patogenetico della stessa glicosilazione non enzimatica nelle malattie fibrotiche associate al diabete mellito, come la cardiomiopatia quale conseguenza dello stress ossidativo e successiva formazione dei prodotti finali della glicazione. Questi ultimi, interagendo con i rispettivi recettori presenti sulla superficie cellulare, causano la iperproduzione di TGF-beta che a sua volta gioca un ruolo importante nella patogenesi delle malattie fibrotiche, così come riscontrato anche nella malattia di Dupuytren, dove determina la sintesi di collagene di tipo III, predominante nei tessuti dei pazienti affetti. Oltretutto, studi biochimici, hanno dimostrato che i metaboliti associati al diabete mellito stimolano lo sviluppo dei mio-fibroblasti, principali cellule presenti nei noduli della malattia di Dupuytren. Non è stata riscontrata una differenza statisticamente significativa tra diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2.

 

Kulkarni A. et al. Left ventricular remodelling and vascular adaptive changes in adolescents with obesity. Pediatr Obes. 2018 Mar 22. doi: 10.1111/ijpo.12278.

 

È noto che l'obesità sia un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari (CVD) e insufficienza cardiaca (HF) negli adulti. È noto inoltre che l’ipertensione e la dislipidemia siano più comuni nei bambini obesi. Pertanto, è probabile che la predisposizione per CVD e HF negli adulti obesi inizi dall'infanzia. Questo studio valuta la meccanica del ventricolo sinistro (LV) in 64 bambini obesi in confronto a 60 bambini normopeso. Gli autori hanno dimostrato che l’obesità nei bambini è causa di alterazioni del sistema cardio-vascolare.  L'obesità, infatti, è associata ad un aumento del volume circolante del sangue che provoca l'ipertrofia ventricolare sinistra (LVH) eccentrica, ma d’altra parte, i cambiamenti vascolari e la rigidità arteriosa innescano, invece, un’LVH concentrica. Inoltre, il volume di eiezione totale è più alto nei soggetti con obesità. Il follow-up longitudinale di questi bambini potrebbe aiutare a determinare le implicazioni cliniche a lungo termine di questi risultati ed a trovare strategie di prevenzione e terapeutiche appropriate.

 

Ishii T et al. Incidence and Characteristics of Adrenal Crisis in Children Younger than 7 Years with 21-Hydroxylase Deficiency: A Nationwide Survey in Japan. Horm Res Paediatr. 2018 Feb 16. doi: 10.1159/000486393.

Questo recente studio multicentrico di 83 centri ha valutato l'incidenza e le caratteristiche della crisi surrenaliche nei bambini giapponesi con deficit di 21-idrossilasi (21-OHD). La popolazione era numerosa, composta da 378 bambini di età inferiore a 7 anni con almeno due sintomi, segni e/o anomalie biochimiche suggestivi per crisi surrenalica. Tutti i pazienti erano stati istruiti sulla necessità di raddoppiare o triplicare la dose di idrocortisone in caso di episodi infettivi o eventi stressanti. Il 57% dei bambini con crisi surrenalica aveva meno di 2 anni. Le infezioni respiratorie e gastrointestinali sono state i fattori precipitanti più comuni, mentre nel 12.5% dei pazienti non è stato osservato nessun fattore precipitante. I sintomi di esordio più comuni sono stati febbre e vomito (> 70% dei casi). L’ipokaliemia è stata più frequente nei bambini più piccoli mentre alterazioni elettrolitiche quali iponatriemia ed ipoglicemia non correlavano con l’età dei pazienti. L'ipoglicemia si è presentata in contemporanea nel 27,4% ed è stata causa di decesso in un caso. Le crisi surrenaliche non sono rare e possono facilmente evolvere verso quadri drammatici fino a causare la morte del paziente. Tutt’oggi è una sfida prevenire e trattare adeguatamente la crisi surrenaliche nei pazienti con 21-OHD, specialmente durante i primi anni di vita.