Numero 5/2016

A cura di

Roberto Franceschi (Trento) e Chiara Mameli (Milano)

 

  • Vaidya A, Curhan GC, Paik JM, Wang M, Taylor EN. Physical Activity and the Risk of Primary Hyperparathyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2016 Jan 26:jc20153836. [Epub ahead of print]

 

L’iperparatiroidismo primitivo è una condizione abbastanza comune nelle donne in menopausa.
Da questo ampio studio di coorte è emerso come un maggior livello di attività fisica settimanale (in termini di MET ore/settimana) sia associato ad un significativo minor rischio di sviluppare un iperparatiroidismo primitivo. Il dato interessante è che quindi l’attività fisica regolare sembra ridurre la produzione di PTH, secondo un meccanismo che però non è noto e questo effetto viene amplificato se si ha un corretto apporto di calcio (> 1000mg/die) e una normale pressione arteriosa.

  • Mazaika PK, Weinzimer SA, Mauras N, et al.; Diabetes Research in Children Network (DirecNet). Variations in Brain Volume and Growth in Young Children With Type 1 Diabetes. Diabetes 2016 Feb;65:476-85

In questo studio è stata eseguita una risonanza magnetica cerebrale a 141 bambini con diabete di tipo 1 (4-10 anni di età all'inizio dello studio) e 69 soggetti di controllo di pari età, al tempo 0 e dopo 18 mesi. Rispetto ai soggetti di controllo, i bambini con diabete presentavano un minor sviluppo e crescita della materia grigia corticale e della superficie complessiva della corteccia stessa, così come della materia bianca corticale e del cervelletto. Le fluttuazioni della glicemia erano correlate negativamente con le fluttuazioni del volume cerebrale. Questi risultati dimostrano che il diabete di tipo 1 ad esordio precoce ha effetti sullo sviluppo della materia grigia e bianca, seppur con valori glicemici all’interno degli standard raccomandati e ripone l’attenzione sull’importanza delle fluttuazioni glicemiche in età pediatrica.

  • Norman G, Huang J, Davila EP, et al. Outcomes of a 1-year randomized controlled trial to evaluate a behavioral 'stepped-down' weight loss intervention for adolescent patients with obesity. Pediatr Obes 2016 Feb;11:18-25

Questo studio si è posto come obiettivo la valutazione dell’approccio “stepped-down” in adolescenti obesi, americani, di età compresa tra 11 e 13 anni. L’intervento consistenza in 3 step da 4 mesi ciascuno (secondo le linee guida per il trattamento dell’obesità redatte dell’American Academy of Pediatrics) e prevedeva contatti molto frequenti tra personale medico e paziente nelle fasi iniziali della presa in carico, che si riducevano progressivamente man mano che gli obiettivi di riduzione ponderale venivano raggiunti (l’obiettivo era la perdita di almeno 4 libbre in 4 mesi). Al termine del follow-up è stato evidenziato  un effetto clinicamente significativo di questa strategia sul BMI dei  ragazzi, ma non per le ragazze.  Alla base della differenza tra i due sessi possono esserci diversi fattori. Viene ipotizzato che le ragazze potrebbero necessitare di una maggior durata del trattamento, maggior supporto e incoraggiamento per la gestione del peso rispetto ai ragazzi. I risultati di questo studio sottolineano ancora una volta l’importanza di personalizzare le strategie e gli interventi di riduzione del peso corporeo in adolescenti obesi.