9/2021

A cura di Ilaria Brambilla

Metabolic and Hormonal Profile of Adolescent Girls with Polycystic Ovary Syndrome with Concomitant Autoimmune Thyroiditis

Karolina Joanna Skrzyn´ ska*, Agnieszka Zachurzok and Aneta Monika Gawlik

ORIGINAL RESEARCH article. Front. Endocrinol., 02 July 2021 | https://doi.org/10.3389/fendo.2021.708910

 

Illustro i dati relativi a uno studio retrospettivo inerente il rapporto esistente tra due delle più comuni endocrinopatie del sesso femminile, la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e la tiroidite autoimmune (AT).

L’obiettivo primario dello studio consiste infatti nella caratterizzazione ormonale e metabolica di adolescenti affette da PCOS con associata diagnosi di AT; secondariamente, viene valutato il potenziale rischio aggiuntivo di sviluppare complicanze metaboliche e cardiovascolari sulla base della contestuale presenza di tiroidite autoimmune e policistosi ovarica.

A tal proposito, sono state incluse nello studio 80 pazienti di età compresa tra 12.33 e 18 anni (età media 16.54 ± 1 anno) con recente diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico, 18 delle quali affette anche da tiroidite autoimmune (gruppo di studio) e 62 con esclusiva patologia ovarica (gruppo di controllo). Gli Autori, nella descrizione del campione, precisano inoltre che 7 pazienti del gruppo di studio e 9 pazienti del gruppo di controllo assumevano levotiroxina per un quadro di ipotiroidismo preesistente rispetto alla diagnosi di PCOS. Dallo studio sono state escluse pazienti con disturbi del comportamento alimentare, iperprolattinemia, alterazioni della funzionalità surrenalica, inadeguati livelli di TSH, assunzione di farmaci interferenti con la normale secrezione di steroidi sessuali negli ultimi tre mesi.

Ciascun soggetto arruolato è stato sottoposto ad anamnesi focalizzata sull’andamento mestruale e sugli aspetti della vita ginecologica, auxometria (peso, altezza, BMI), esame obiettivo generale con attenzione al quadro di iperandrogenismo clinico (score di Ferriman-Gallwey), assetto metabolico ed ormonale (steroidi gonadici e surrenalici, funzionalità tiroidea ed auto-anticorpi associati a tireopatia autoimmune, assetto gluco-lipidico comprensivo di curva da carico orale di glucosio) e a ecografia di tiroide/paratiroidi.

Dal punto di vista ormonale, il gruppo di studio e il gruppo di controllo mostravano una differenza statisticamente significativa soltanto per quanto riguardava il valore di estradiolo, significativamente più elevato nel gruppo di pazienti con AT (p= 0.02); inoltre, la concentrazione di estradiolo sembrava correlare in modo significativo con la AT. Infine, i livelli di deidroepiandrosterone solfato (DHEA-S) risultavano maggiormente incrementati nelle adolescenti con AT rispetto a quelle senza AT (p=0.04).

Dal punto di vista metabolico, nessuna differenza statisticamente significativa è stata riscontrata tra i due gruppi, sebbene il lavoro rilevi una glicemia a 120’ dalla assunzione della soluzione glucosata, in corso di curva da carico orale di glucosio, marcatamente più elevata nel gruppo di pazienti con PCOS e AT (p=0.08).

Questi risultati si allineano a quanto in letteratura viene riportato a proposito dell’influenza degli estrogeni nel determinismo di malattie autoimmuni; meno intuitiva invece appare la correlazione esistente tra il riscontro di livelli più elevati di DHEA-S nelle pazienti affette da PCOS e AT rispetto al gruppo di controllo, in considerazione delle note proprietà immuno-modulanti, anti-ossidanti e anti-infiammatorie del DHEA-S che contribuiscono a migliorare il controllo metabolico e immuno-infiammatorio nelle adolescenti con PCOS. In merito alla più alta glicemia a 120’ si può desumere che queste pazienti possiedano un aumentato rischio di sviluppare in futuro diabete mellito di tipo 2.

Questo lavoro ci consente di porre l’attenzione su quanto risulti attualmente ancora controversa la diagnosi di PCOS in adolescenza, soprattutto in quanto alcuni criteri diagnostici impiegati nell’adulto (irregolarità mestruali, acne cistica, morfologia policistica delle ovaie) possono essere considerati caratteristiche parafisiologiche dipendenti dalla tipica immaturità funzionale dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie al debutto menarcale e nelle prime epoche di vita ginecologica.

Al di là della ristretta numerosità campionaria, che indubbiamente costituisce un limite per il raggiungimento risultati statisticamente significativi, questo articolo consente di sottolineare l’importanza, nei quadri di PCOS con o senza obesità e/o alterazioni metaboliche associate, di una precoce profilassi comportamentale, mirata a far aderire l’adolescente a regime dietetico normocalorico e variegato ed a praticare regolarmente attività fisica aerobica, al fine di ridurre le possibilità di insorgenza o di peggioramento di condizioni pre-esistenti come l’insulino-resistenza, strettamente correlata alla gravità della meta-infiammazione e del rischio cardio-vascolare futuro. Prima di un intervento farmacologico specifico, in età pediatrica, in prima istanza, deve essere incoraggiato l’impiego di un approccio comportamentale al fine di ridimensionare l’estensione di quelle alterazioni del profilo ormonale e immuno-infiammatorio, ad azione peggiorativa su quadri esistenti, quali la PCOS e l’AT, e che gettano le basi per complicanze future.

Link articolo: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fendo.2021.708910/full

 

A cura di Raffaele Buganza

Safe and persistent growth-promoting effects of vosoritide in children with achondroplasia: 2-year results from an open-label, phase 3 extension study

Savarirayan R, Tofts L, Irving M, Wilcox WR, Bacino CA, Hoover-Fong J, Ullot Font R, Harmatz P, Rutsch F, Bober MB, Polgreen LE, Ginebreda I, Mohnike K, Charrow J, Hoernschemeyer D, Ozono K, Alanay Y, Arundel P, Kotani Y, Yasui N, White KK, Saal HM, Leiva-Gea A, Luna-González F, Mochizuki H, Basel D, Porco DM, Jayaram K, Fisheleva E, Huntsman-Labed A, Day JRS

Genet Med. 2021 Aug 2: 1–5. doi: 10.1038/s41436-021-01287-7 [Epub ahead of print]

L'acondroplasia è una displasia scheletrica con bassa statura sproporzionata causata da mutazioni nel gene FGFR3. Ha una prevalenza di 1:25000 nati vivi e comporta molteplici complicanze mediche e funzionali. Il vosoritide, un peptide natriuretico di tipo C ricombinante, inibisce il “signaling” mediato da FGFR3, stimolando l'ossificazione endocondrale. L’uso del vosorotide era stato testato inizialmente su modelli murini e, in seguito, in uno studio di fase 2 con pazienti di età compresa tra 5 e 14 anni [Savarirayan R, N Engl J Med. 2019]. I dati di sicurezza ed efficacia ottenuti avevano portato all'uso di vosoritide alla dose di 15.0 μg/kg/die in uno studio di fase 3 di 52 settimane [Savarirayan R, Lancet. 2020], randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo su 121 pazienti con acondroplasia di età compresa tra 5 e 18 anni. Nel gruppo con vosoritide la velocità di crescita media era risultata di 1.57 cm/anno superiore al gruppo con placebo.

Questo nuovo articolo di Savarirayan et al. riporta i dati dello studio di estensione di fase 3 per documentare l'efficacia e la sicurezza fino a due anni del trattamento con vosoritide in pazienti con acondroplasia di età compresa tra 5 e 18 anni. Dopo il completamento dello studio controllato con placebo, nello studio di estensione tutti i partecipanti hanno ricevuto vosoritide a una dose di 15.0 μg/kg/die. Nei soggetti inizialmente randomizzati a vosoritide, la velocità di crescita è aumentata da 4.26 cm/anno basale a 5.39 cm/anno a 52 settimane e 5.52 cm/anno alla settimana 104. Nei soggetti che nello studio di estensione sono passati da placebo a vosoritide, la velocità di crescita è aumentata da 3,81 cm/anno alla settimana 52 a 5.43 cm/anno alla settimana 104. È stata anche evidenziata, nei soggetti trattati con vosoritide, rispetto ai non trattati, una riduzione delle sproporzioni corporee, mentre l'età ossea durante il periodo di osservazione ha mantenuto una progressione regolare in tutta la popolazione dello studio. La maggior parte degli eventi avversi è stata lieve (prevalentemente reazioni transitorie nel sito di iniezione) e nessun grave evento avverso è stato attribuito alla terapia con vosoritide.  

Questi dati suggeriscono che un inizio precoce della terapia e periodi più lunghi di trattamento possano portare significativi benefici staturali e funzionali ai pazienti. Per avere dati più esaurienti sugli effetti complessivi, occorrerà attendere follow up più prolungati e che i pazienti raggiungano la statura finale, valutando anche lo scatto puberale, che nell’acondroplasia è generalmente ridotto. Andrà inoltre valutata l’efficacia sulle complicanze mediche e funzionali e sulla qualità di vita. Altri studi sono in corso, inoltre, per valutare l’uso di vosoritide dai 3 mesi di vita e nei neonati a rischio di andare incontro a intervento chirurgico di decompressione cervico-midollare.

A fine agosto 2021 la Commissione Europea, dopo il parere favorevole dell’EMA, ha autorizzato l’uso di Voxzogo® (vosoritide) in pazienti con acondroplasia dai due anni di età e prima della chiusura delle cartilagini di accrescimento.

Link all’articolo: https://www.nature.com/articles/s41436-021-01287-7

 

A cura di Alberto Casertano

Tubular injury in diabetic ketoacidosis: Results from the diabetic kidney alarm study.

Piani F, Melena I, Severn C, Chung LT, Vinovskis C, Cherney D, Pyle L, Roncal-Jimenez CA, Lanaspa MA, Rewers A, van Raalte DH, Obeid W, Parikh C, Nelson RG, Pavkov ME, Nadeau KJ, Johnson RJ, Bjornstad P.

Pediatr Diabetes. 2021 Aug 26.doi: 10.1111/pedi.13259. Epub ahead of print. PMID: 34435718.

Lo studio osservazionale condotto presso il dipartimento di emergenza del Children's Hospital Colorado nel triennio 2017 - 2019 mira a valutare il danno tubulare renale in corso di chetoacidosi diabetica e dopo tre mesi dall’evento. Sono stati reclutati pazienti di età compresa tra 3 e 17 anni con DM1 noto o all'esordio, in chetoacidosi (DKA), mentre venivano esclusi soggetti con nefropatia nota, in terapia con ACE inibitori, sartani o inibitori di SGLT1. Sono stati dosati a 0-8 ore, 12- 24 ore e 3 mesi dalla DKA i marcatori di danno tubulare renale validati su individui adulti: NGAL (neutrophil gelatinase associated), KIM-1 (kidney injury molecule 1), YKL-40 (chitinase 3-like 1), IL-18 (interleukin 18), e MCP-1 (monocyte chemoattractant protein-1).  I suddetti marcatori, standardizzati per il filtrato glomerulare, sono stati correlati alla funzionalità renale (creatininemia e filtrato glomerulare), ai livelli sierici di acido urico (SUA) e copeptina (peptide derivato dalla vasopressina, COP), alla severità della DKA e alla condizione di esordio o diagnosi pregressa di DM1.

Sono stati arruolati 40 soggetti di 11± 4 anni (52% maschi) il 48% all’esordio di DM1. Il 40,0% aveva DKA lieve, il 37,5% moderata ed il 22,5% grave.

Si evinceva che

  1. SUA e COP erano maggiormente elevati nelle prime 8 ore con riduzione a tre mesi, e nei soggetti con insufficienza renale acuta (IRA).  COP era maggiore nelle DKA moderate e severe.
  2. N-GAL ed YKL-40 erano maggiori nelle DKA severe e moderate, con significatività statistica solo nelle moderate; entrambi correlavano positivamente con COP e SUA così come IL-18 solo con COP e KIM-1 solo con SUA.
  3. N-GAL, YKL-40, KIM-1 e IL-18 sono risultati significativamente più elevati in caso di IRA solo nelle prime 8 ore, mentre MCP-1 risultava significativamente maggiore dopo tre mesi. 
  4. I pazienti di nuova diagnosi avevano livelli più bassi di creatinina e SUA a 8 e 12-24 ore e maggiori di COP e filtrato glomerulare a 12-24 ore. Tali differenze non persistevano a tre mesi. Tra le diagnosi note, coloro con almeno una pregressa DKA avevano SUA maggiore a 8 e 12-24 ore e YKL-40 maggiore a 8 ore.

Lo studio conferma per SUA e COP un ruolo di markers predittivi di nefropatia diabetica e suggerisce un loro ruolo nella patogenesi della DKA. Questi risultati evidenziano inoltre la presenza di danno tubulare acuto in corso di DKA in una popolazione pediatrica, maggiormente rilevante in caso di IRA. Tale danno appare reversibile a 3 mesi ma in parte irreversibile dopo DKA ricorrenti.

Si tratta del primo studio in cui viene valutata la tubulopatia acuta in corso di DKA in epoca pediatrica e come tale presenta alcuni limiti, quali il campione ristretto e la durata di soli 3 mesi oltreché la mancanza di valori di riferimento standardizzati per età dei marcatori di danno tubulare. Tuttavia, lo studio ha il merito di analizzare una componente della nefropatia ancora oggi poco esplorata in epoca pediatrica, che si ipotizza essere più precoce del danno glomerulare; infatti la proteinuria tubulare precede spesso la microalbuminuria. Studi futuri, di maggiore durata e su coorti più ampie, potrebbero confermare tali dati preliminari e fornire maggiori elementi sulle fasi precoci della nefropatia diabetica al fine di identificare strategie di profilassi secondaria di tale importante complicanza.

Link all’articolo: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34435718/