4/2020

A cura di Chiarito Mariangela
Low Bone Mineral Density at Initial Diagnosis in Children and Adolescents with Graves’ Disease
Hae Sang Lee, Jung Gi Rho, Chang Dae Kum, Jung Sub Lim, and Jin Soon Hwang

J Clin Densitom. 2020;S1094-6950(20)30087-1.

https://doi.org/10.1016/j.jocd.2020.05.006 PMID: 32546346

Gli ormoni tiroidei svolgono un ruolo fondamentale nella crescita e nella maturazione scheletrica. L'ipertiroidismo, la cui principale causa è la malattia di Graves (MG), abbrevia il processo di rimodellamento osseo accelerando sia la deposizione che il riassorbimento di tessuto osseo. In età evolutiva questa condizione può determinare aumento della velocità di crescita ed avanzamento dell’età ossea, mentre in età adulta, soprattutto nelle donne in epoca post-menopausale, può comportare osteopenia, osteoporosi ed aumentato rischio di fratture.

Sebbene questa associazione sia ben nota in età adulta, pochi studi hanno indagato gli effetti dell'ipertiroidismo sulla densità minerale ossea (BMD) in età evolutiva, periodo critico per il raggiungimento del picco di massa ossea che condiziona la salute ossea nel corso della vita.

L'obiettivo di questo studio caso-controllo era quello di valutare gli effetti della MG sulla BMD in bambini e adolescenti.

Sono stati valutati 41 soggetti (9 maschi), di età media di 12.1 ±2.2 anni, con diagnosi di MG e 172 controlli appaiati per età, sesso ed indice di massa corporea (BMI). Sono stati raccolti dati auxologici quali peso, altezza e stadio puberale, e dati laboratoristici, quali TSH, FT3, FT4, anticorpi anti-recettore del TSH (TSHR-Ab), anti-tireoperossidasi (TPO-Ab), anti-tireoglobulina (Tg-Ab), calcemia, fosforemia e fosfatasi alcalina (ALP). Tutti i soggetti arruolati sono stati sottoposti a densitometria ossea con metodica DEXA; i parametri valutati sono stati la BMD a livello della colonna lombare (LS), del collo femorale (FN) e di tutto il corpo eccetto la testa (TBLH).

I due gruppi non differivano significativamente per età, distribuzione del sesso, peso SDS e BMI SDS, mentre l’altezza SDS del gruppo con MG è risultata significativamente maggiore rispetto al gruppo controllo.

I risultati di questo studio mostrano che bambini e adolescenti alla diagnosi di MG hanno una BMD significativamente più bassa rispetto ai soggetti controllo a livello di tutti i distretti analizzati (LS, FN e TBLH). E’ stato rilevato, inoltre, che 11 soggetti con MG (26.8%) presentavano valori di BMD Z-score inferiori a -2 a livello lombare.

Nel tentativo di individuare i pazienti a maggior rischio di compromissione ossea, è stata valutata la correlazione tra BMD Z-score e livelli sierici di FT3, FT4, TSH, anticorpi anti-recettore del TSH, calcemia e ALP. Gli autori hanno riscontrato una correlazione negativa tra ALP e BMD Z-score a livello di LS e FN, mentre non emergeva alcuna correlazione significativa rispetto agli altri parametri analizzati. Nonostante alcuni limiti, quali la ridotta numerosità del campione e l’assenza di dati relativi al follow-up, questo studio sottolinea l’importanza di una precoce valutazione della BMD alla diagnosi di MG.

Link articolo: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1094695020300871?via%3Dihub

 

A cura di  Di Sessa Anna
Perng W, Francis EC, Smith HA, Carey J, Wang D, Kechris KM, Dabelea D.
Sex-Specific Metabolite Biomarkers of NAFLD in Youth: A Prospective Study in the
EPOCH Cohort.

J Clin Endocrinol Metab. 2020 Sep 1;105(9):dgaa467. doi: 10.1210/clinem/dgaa467. PMID: 32687159; PMCID: PMC7418446.

La non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) è ampiamente riconosciuta come la principale causa di malattia epatica cronica sia in età adulta che pediatrica. Sebbene sia nota la sua aumentata prevalenza nei bambini obesi (fino al 40%), essa può colpire fino al 10% della popolazione generale pediatica.

Ad oggi, non sono riportati in letteratura accurati biomarker per stratificare il rischio di NAFLD, né sono disponibili robusti studi di metabolomica in questo campo. Lo studio si prefigge, pertanto, di identificare biomarkers metabolomici specifici per sesso in una coorte pediatrica sana. Si tratta di uno studio prospettico che ha esaminato 395 bambini ed adolescenti sani di diverse etnie appartenenti alla coorte EPOCH (Exploring Perinatal Outcomes among Children), arruolati in Colorado tra il 2006 e il 2009 (T1) e seguiti per 5 anni (T2).  In aggiunta ai dati clinici e biochimici, alla valutazione basale (T1) sono stati analizzati 767 metaboliti al fine di identificare i maggiori determinanti della frazione di grasso epatico (HFF) al follow-up (T2), separatamente per maschi e femmine. Al follow-up (T2) i pazienti sono stati sottoposti a risonanza magnetica per quantificare il grasso epatico (HFF), al fine di valutare la capacità dei metaboliti identificati di predire la NAFLD (intesa come HFF>5%) e la sua severità (4° quartile vs. 1° quartile dell’HFF), rispetto fattori di rischio convenzionali (quali sovrappeso/obesità, insulinemia, glicemia, HOMA-IR ed ipertransaminasemia),

 La prevalenza della NAFLD nella coorte esaminata è stata pari al 7.9%. Sono stati identificati 13 metaboliti nelle femmine e 10 nei maschi, risultati tutti implicati nei pathway del metabolismo lipidico, aminoacidico e dei carboidrati. Alla valutazione basale (T1), è stata evidenziata una maggiore capacità dei metaboliti rispetto ai fattori di rischio convenzionali di predire un’alta HFF ma non la NAFLD. Al follow-up (T2), i metaboliti si sono dimostrati superiori nel predire un’alta HFF sia nei maschi che nelle femmine (p=0.02) con un trend simile per quanto riguarda la NAFLD; tuttavia le differenze non sono risultate statisticamente significative. Inoltre, sebbene i biomarker metabolomici si siano dimostrati in entrambi i sessi significativamente superiori rispetto ai fattori di rischio convenzionali nel predire un’alta HFF, tale capacità è risultata maggiore al follow-up (T2), ossia quando la misurazione dei metaboliti era concomitante a quella della HFF. L’analisi metabolomica, evidenziava che nei maschi, a T1 e T2, il 2-aminoadipato (2-AAA) rappresentava il composto maggiormente associato coi fattori di rischio metabolici convenzionali. L’associazione di tale metabolita con l’ HFF rimaneva significativa anche dopo correzione per i citati fattori di rischio. Tale risultato suggerisce che il 2-AAA, considerato predittore di diabete mellito tipo 2 negli adulti, rappresenti un marker dell’omeostasi glucidica anche negli adolescenti.

La natura osservazionale dello studio non consente di stabilire nessi di causalità in merito al reale ruolo patogenetico dei nuovi biomarker, ulteriori studi di metabolomica sono necessari per chiarire la forza di tali associazioni.

Link articolo:

https://academic.oup.com/jcem/articleabstract/105/9/dgaa467/5873863?redirectedFrom=fulltext


A cura di Di Frenna Marianna
Fertility in adolescents with Klinefelter Syndrome: A survey of current clinical practice.
Zganjar A, Nangia A, Sokol R, Ryabets A, Samplaski MK.
J Clin Endocrinol Metab. 2020 Apr 1; 105(4):e1883–e1891

DOI: 10.1210/clinem/dgz044  PMID: 31608942

Backgoround: La Sindrome di Klinefelter (SK) è un’aneuploidia cromosomica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma Y e due o più cromosomi X in un maschio fenotipico. La SK è caratterizzata da ipogonadismo ipergonadotropo associato ad infertilità. Solo nel 50% dei pazienti sottoposti a biopsia testicolare secondo tecnica micro-TESE (microscopic testicular sperm extraction) viene raccolto sperma adeguato per le tecniche di fecondazione assistita (ICSI). Al momento non esistono linee guida per i protocolli di fertilità nel pazienti SK.

Disegno dello studio: E’ stato somministrato un questionario anonimo composto da 24 domande a professionisti delle specialità di endocrinologia pediatrica, urologia ed endocrinologia dell’adulto. L’obiettivo è stato valutare le scelte cliniche e terapeutiche riguardanti la fertilità per i pazienti adolescenti affetti da SK.

Risultati: sono state raccolte 232 risposte, da un campione di specialisti così composto: 57% endocrinologi dell’adulto, 26% endocrinologi pediatri e 17% urologi. Circa il 70% dei professionisti lavorava in ambito accademico universitario con esperienza clinica > 10 anni.

Gli specialisti di tutti e 3 i gruppi incoraggiavano la preservazione del seme durante la tarda pubertà (14-16 anni d’età), rispetto alle fasi iniziali della pubertà (10-13 anni). Circa l’80% era favorevole all’esecuzione della biopsia testicolare in caso di assenza di cellule spermatiche nell’eiaculato. L’età suggerita per l’esecuzione della biopsia testicolare variava significativamente: dal 42% degli specialisti era consigliataad un’età  >16 anni, mentre il 93% dei professionisti sconsigliava la procedura sotto gli 8 anni d’età.

Il 91% dei professionisti era concorde nel condividere la scelta della biopsia testicolare con la famiglia e soprattutto con il paziente. La presenza di sintomi compatibili con ipogonadismo (28%), l’incremento dei livelli di gonadotropine (16%) e la riduzione dei livelli di testosterone (15%) erano le indicazioni principali dei professionisti per intraprendere la terapia sostitutiva con testosterone. Il timing ottimale consigliato per l’inizio della terapia sostitutiva con testosterone era compreso tra i 10 e i 13 anni dal 30% dei professionisti e tra i 14 e i 16 anni dal 37%. L’utilizzo di formulazioni topiche (gel) o intramuscolari era consigliata rispettivamente dal 50% e dal 69% degli specialisti. Il 65% dei pediatri endocrinologi consigliava l’utilizzo di testosterone nei bambini KS con micropene.

Conclusioni: Le indicazioni alle tecniche di preservazione della fertilità negli adolescenti affetti da SK variano a seconda dello specialista coinvolto. I risultati dello studio sottolineano la necessità e l’importanza di redigere specifiche linee guida condivise per il management di questi pazienti.

Link articolo: https://jmolecularpsychiatry.biomedcentral.com/articles/10.1210/clinem/dgz044


A cura di Di Stefano Marina
New-Onset Type 1 Diabetes in Children During COVID-19: Multicenter Regional Findings in the UK

Rebecca Unsworth, Susan Wallace, Nick S. Oliver, Shunmay Yeung, Archana Kshirsagar, Harshini Naidu, Ruth Min Wai Kwong, Priya Kumar, and Karen M. Logan

Diabetes Care Publish Ahead of Print, published online August 17, 2020

DOI: https://doi.org/10.2337/dc20-1551

I dati sul diabete mellito di tipo 1 (DM1) all’esordio in età pediatrica durante la pandemia da coronavirus 2019 (COVID-19) sono limitati. L’intenzione degli autori è quella di sensibilizzare su un possibile legame tra il virus SARS-CoV-2 ed il DM1 all’ esordio, essendo stati segnalati casi di DM1 con presentazione simile a piccoli focolai localizzati.

Questo studio riporta dati multicentrici provenienti dal North West London (NWL) sul DM1 all’esordio e sui casi di chetoacidosi diabetica (DKA) registrati in bambini e adolescenti fino a 16 anni di età, durante il picco della pandemia. Sono stati raccolti dati da cinque unità operative ospedaliere, nel periodo compreso tra il 23 marzo (inizio del lockdown nel Regno Unito) e il 4 giugno.

Trenta bambini ed adolescenti, di età compresa tra 23 mesi e 16,8 anni, hanno presentato un esordio di DM1. In due dei cinque ospedali, è stato osservato un aumento dei casi rispetto a quanto riscontrato negli anni precedenti (10 casi per unità rispetto a 2 e 4 casi registrati, rispettivamente, ad aprile/maggio nei 5 anni precedenti).

Un'elevata percentuale di bambini (70%) ha presentato DKA, grave (pH 6,82–7,05) nel 52% dei casi. Dodici bambini hanno presentato shock e quattro sono stati gestiti inizialmente in terapia intensiva.

I tamponi naso-faringei per la ricerca di SARS-CoV-2 sono stati eseguiti in 21 bambini; due sono risultati positivi. Gli anticorpi sierici IgG di SARS-CoV-2 sono stati testati in un sottogruppo di bambini di uno dei due ospedali; 3 su 16 sono risultati positivi. Di questi 5 bambini positivi, tre hanno presentato una grave DKA con ipokalemia refrattaria, ed uno dei bambini positivi al tampone è andato incontro ad arresto cardiaco correlato all'ipokalemia. Solo tre bambini con DM1 noto hanno presentato DKA durante lo stesso periodo.

Il recettore dell'enzima di conversione dell'angiotensina 2 (ACE2) è sito di legame per SARS-CoV-1 e SARS-CoV-2 ed è fortemente espresso nelle cellule endocrine pancreatiche. Evidenze precedenti suggeriscono che il virus SARS-CoV-1 può entrare nelle cellule pancreatiche attraverso il recettore ACE2, danneggiando le beta-cellule e portando all’insorgenza di un diabete transitorio. Anche se i dati non dimostrano un chiaro collegamento, gli autori ipotizzano che l'esposizione al virus SARS-CoV-2 abbia contribuito all'aumento osservato dei casi, precipitando o accelerando l'insorgenza del DM1.

Report provenienti da Cina e Italia hanno osservato un alto tasso di DKA grave nei diabetici all’esordio, attribuendo il fenomeno ad un ritardo della presentazione in pronto soccorso. Gli autori dell’articolo suggeriscono invece che un certo numero di questi casi possa essere dovuto ad una precedente esposizione a SARS-CoV-2. In conformità con i report precedenti, è stato osservato infatti un alto tasso di DKA grave, mentre la presentazione ritardata non sembra essere un fattore significativo, data la durata relativamente breve dei sintomi nella maggior parte dei bambini. 

SARS-CoV-2 colpisce anche il sistema renina-angiotensina-aldosterone attraverso una ridotta espressione di ACE2, portando a una diminuzione del consumo dell'angiotensina II e a maggiore secrezione di aldosterone con perdita di potassio renale. Sebbene l'ipokalemia non sia rara durante il trattamento della DKA, in particolare nei casi di compromissione renale, è possibile che la riduzione dell'espressione di ACE2 possa aver contribuito all’ipokalemia nei casi segnalati.

Questo è il primo report che descrive un apparente aumento dell’insorgenza di DM1 nei bambini durante la pandemia da COVID-19. Tuttavia, saranno necessari ulteriori studi per stabilire un collegamento definitivo ed il possibile impatto del virus sulla gravità della presentazione clinica del DM1.

Link articolo: https://care.diabetesjournals.org/content/early/2020/08/13/dc20-1551.long