12/2019

A cura di: Francesca Cortinovis (Lecco) e Elena De Nitto (Napoli)

Bauer AJ. Thyroid nodules in children and adolescent. Curr Opin Endocrinol Diabetes Obes 2019, 29 jul;  Epub ahead of print

Background: E’ noto che il rischio di malignità  di un nodulo tiroideo in età pediatrica è di 2-3 volte superiore rispetto all’adulto. In seguito alle linee guida  ATA del 2015 sono stati pubblicati diversi articoli sulla valutazione ed il management dei noduli tiroidei in età pediatrica. Questa review è pertanto un aggiornamento sulle ultime indicazioni della letteratura e sulla loro applicazione clinica.

Vengono passate in rassegna le cause, la valutazione diagnostica di laboratorio ed ecografica, l’interpretazione della FNA con valutazione degli oncogeni e il trattamento chirurgico.

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Aversa T, Corica D, Zirilli G, Pajno GB, Salzano G, De Luca F, Wasniewska M. Phenotypic expression of autoimmunity in children with autoimmune thyroid disorders. Frontiers in Endocrinology, 2019 Aug;32(4):373-386.

Importanza: una revisione sistematica della letteratura degli ultimi 15 anni relativamente all’associazione della patologie tiroidee autoimmuni con altre patologie autoimmuni.

Background: La caratteristica delle patologie autoimmuni è la loro tendenza ad associarsi nello stesso paziente e a segregare nella famiglia, suggerendo una base genetica, epigenetica ed ambientale comune. E’ noto che la patologia tiroidea autoimmune (AITD) si associ ad un incrementato rischio di altre patologie autoimmuni (NTAD). Studi recenti hanno evidenziato che la comparsa di altre patologie autoimmuni in soggetti affetti da autoimmunità tiroidea è influenzata anche da altri fattori quali l’età e l’associazione con cromosomopatie.

Obiettivi e metodi: revisione sistematica dei lavori più significativi pubblicati negli ultimi 15 anni inerenti l’associazione tra patologia tiroidea autoimmune e altre patologie autoimmuni

Discussione: la tiroidite di Hashimoto nell’adulto si associa ad un maggior rischio di sviluppo NTAD e ad una maggiore severità di espressione rispetto ai bambini. In età pediatrica la maggior parte degli studi riporta l’associazione della tiroidite di Hashimoto con la celiachia e/o T1DM. Un’altra variabile, oltre all’età, che influenza l’associazione di NTAD con la tiroidite di Hashimoto, è la sindrome di Down, in cui si osserva l’associazione con alopecia areata, vitiligine e celiachia; questa particolare espressione di autoimmunità potrebbe essere associata all’aumentata espressione del gene AIRE. Un’altra cromosomopatia associata ad un aumentato rischio di malattie autoimmuni, in particolare celiachia e tiroidite di Hashimoto, è la sindrome di Turner. Meno numerose sono le evidenze relative all’associazione del morbo di Graves con NTAD in età pediatrica; da un recente studio sugli adulti si evince che la presenza di oftalmopatia si associa ad un incrementato rischio di NTAD rispetto ai pazienti con Graves in assenza di oftalmopatia. Dagli studi pediatrici le patologie più frequentemente associate al Graves sono vitiligine, T1DM, alopecia, gastrite atrofica e artrite reumatoide.

La coesistenza di più patologie autoimmuni è condizionata da fattori ambientali, genetici ed epigenetici che vengono dettagliati nell’articolo. Seppure la tiroidite di Hashimoto e il Graves abbiano fenotipi differenti sembrano condividere molti fattori eziologici suggerendo l’esistenza di un continuum tra le due patologie.

Commento: una revisione della letteratura degli ultimi 15 anni che ci consente di avere lo stato dell’arte sull’associazione tra patologia tiroidea autoimmune ed altre malattie autoimmuni; il clinico può così orientarsi meglio sullo screening delle NTAD, che può probabilmente essere differenziato in base all’età e all’associazione con cromosomopatia.

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Kostopoulou EShah P. Hyperinsulinaemic hypoglycaemia-an overview of a complex clinical condition. Eur J Pediatr. 2019 Aug;178(8):1151-1160. doi: 10.1007/s00431-019-03414-8. Epub 2019 Jun 26.

L’ipoglicemia neonatale è una condizione di emergenza medica, se non riconosciuta e trattata tempestivamente può dare esiti neurologici permanenti o addirittura la morte. L’inappropriata secrezione di insulina provoca l’ipoglicemia in assenza di chetoni (inibizione della secrezione del glucagone e ciclo degli acidi grassi). Oltre all’iperinsulinismo da difetto genetico (ABCC8, KCNJ11) vi sono altre cause di ipoglicemia in epoca neonatale: asfissia perinatale, ritardo di crescita intra uterino, diabete materno, sindrome di Beckwith-Wiedemann. Frequentemente in questi casi l’ipoglicemia è post pasto, oppure in corso di una patologia acuta, o nelle situazioni in cui aumenta il fabbisogno energetico dell’organismo, e si tratta di forme di ipoglicemia per lo più transitorie. Questo articolo è una panoramica sull’ipoglicemia iperinsulinemica (la causa più frequente di ipoglicemia in età neonatale), molto esaustivo nello spiegare le novità sull’utilizzo della 18F-DOPA PET/TC. Descrive in modo schematizzato le vecchie e nuove terapie farmacologiche disponibili: Diazossido come prima linea terapeutica (5-20mg/kg/die ogni 8h); l’Octereotide long-acting (5-80 mcg/kg/die per via sottocutanea) in alternativa al Diazossido; e Lanreotide (analogo della somatostatina) che con un'unica somministrazione mensile migliora la compliance e la qualità di vita dei pazienti. Inoltre, il Sirolimus utile per le forme diffuse di iperinsulinismo non responsivo ad altri trattamenti farmacologici o come farmaco di associazione alle terapie convenzionali. L’articolo accenna anche a farmaci in sperimentazione sugli animali come l’agonista del recettore sottotipo 5 della somatostatina (SSTR5). Un paragrafo dell’articolo è dedicato alla chirurgia e alle terapie complementari come la nutrizione. Pur essendo una condizione rara è sempre utile tenere a mente come poterla trattare al meglio.

 

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Yu MGKeenan HAShah HSFrodsham SGPober DHe ZWolfson EAD'Eon STinsley LJBonner-Weir SPezzolesi MGKing GL Residual β cell function and monogenic variants in long-duration type 1 diabetes patients. J Clin Invest. 2019 Jul 2;130. pii: 127397. doi: 10.1172/JCI127397. eCollection 2019 Jul 2.

 

L’articolo é di complessa interpretazione dei dati descritti, ma con numerosi spunti di riflessione. L’obiettivo dello studio Medalists é definire se c’è una correlazione tra la residua funzionalità beta cellulare e le caratteristiche cliniche dei 1019 diabetici di tipo 1 in terapia insulinica da più di 50 anni.

La prima tabella riassume le caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati. La funzionalità residua Beta cellulare é stata valutata con determinazione del C-peptide, la variazione del C-peptide al MMTT (mixed meal tolerance test) con stimolo iperglicemico ed infusione di Arginina ev. Ai pazienti partecipanti era stato richiesto il consenso a donazione del pancreas nel caso di morte per studio scientifico. 68 pazienti partecipanti allo studio avevano donato il pancreas per scopi scientifici dopo decesso.

Dei 1019 pazienti arruolati e che hanno effettuato la prima visita solo 181pz hanno effettuato la seconda visita dopo circa 4 anni. Tra le due visite è stata osservata una variazione sia nei dosaggi del C-peptide che nel viraggio degli autoanticorpi: 9 pazienti hanno avuto un incremento del C-peptide di 0.21 ng/ml rispetto alla prima visita, altri 91pz hanno avuto un incremento minore del C-peptide, 49 pazienti hanno avuto un decremento del C-peptide del -0.21 rispetto alla prima vista. Di questi 181 pazienti 17 sono passati da autoanticorpi negativi a positivi e 20 pazienti da autoanticorpi positivi a negativi. Non è specificato se tra i 17 diventati autoanticorpi positivi sono compresi i 9 pazienti in cui si é riscontrato un incremento di C-peptide.

Nella tabella 2 vengono confrontati 681 pazienti che alla prima visita avevano C-peptide <0.05 ng/ml e 327 pazienti con C-peptide >0.05 ng/ml. Si evince che il gruppo con C-peptide >0.05ng/ml ha avuto l’esordio del diabete a ridosso della pubertà (12 anni), ha un EGFR più basso, è maggiormente affetto da neuropatia, ha una maggiore positività degli autoanticorpi con un C-peptide mediamente più alto.

516 pazienti sono stati sottoposti a MMT test. 30 pazienti hanno avuto un incremento di C-peptide in modo significativo ed erano più anziani, con un'età all’esordio del diabete più alta, C-peptide basale più alto, ma il dosaggio degli autoanticorpi più basso.

Il terzo dato su cui riflettere è il risultato avuto dall’analisi genetica per la ricerca di mutazioni del diabete monogenico di tutti i partecipanti allo studio. Il 27.5% dei pazienti è risultato portatore di mutazione rara nel suo DNA, di questi 7.9% avevano mutazioni catalogabili come patogenetiche di diabete monogenico.

Il quarto dato: dei 30 pazienti sottoposti al test iperglicemico ed infusione di Ariginina, 10 pazienti avevano una variante monogenica ed hanno avuto una risposta al test migliore (maggior aumento del C-peptide).

Sulla base dei vari dati esaminati gli autori concludono che in un futuro non troppo lontano forse sarà opportune praticare la valutazione genetica ai pazienti per definire meglio i diversi fenotipi di diabete tipo1.

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