Il Diabete 1.5
Dalla sua prima comparsa su The Lancet nel 1991, il termine “double diabetes” o “diabete 1.5” (Teupe B et al., Epidemiological evidence for "double diabetes") si presenta oggi con una definizione chiaramente declinata e universalmente condivisa. Con una bellissima overview sullo stato dell’arte sul diabete 1.5 presentata durante la sessione plenaria del primo giorno di meeting ISPAD, la prof.ssa Ingrid Libman dell’Università di Pittsburgh ha riportato l'attenzione sulla definizione puramente clinica di questa patologia.
Attualmente un paziente con “diabete 1.5” è un paziente con diagnosi di diabete di tipo 1 che presenta delle caratteristiche del diabete di tipo 2, ovvero
- Obesità e/o rapido aumento di peso nel giro di pochi anni
- Familiarità per diabete di tipo 2
- Elevato fabbisogno insulinico
- Segni clinici e biochimici di insulinoresistenza.
È innegabile che nel tempo si è registrato un aumento progressivo del BMI dei nostri bambini e adolescenti con diabete di tipo 1, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo.
Ma quali sono le reali conseguenze del “diabete 1.5” nell’infanzia?
Nel “diabete 1.5” si riscontrano (i) un aumentato rischio di patologia autoimmune, soprattutto tiroidea, (ii) aumento della probabilità di sviluppare ipertensione arteriosa dai primi mesi dopo l’esordio, con un rischio cardiovascolare aumentato, (iii) aumentato rischio di sviluppare malattia coronarica precoce, (iv) minore sensibilità insulinica all’esordio del diabete di tipo 1.
Quale terapia?
Attualmente non vi è alcuna terapia approvata, se non quella di associare il prima possibile all’insulina un cambiamento radicale ed intensivo dello stile di vita. Alcuni Autori hanno valutato l’efficacia della terapia combinata con insulina associata a metformina in soggetti con diabete di tipo 1 con esordio ad età inferiore a 10 anni, BMI uguale o superiore all’85° centile, fabbisogno insulinico 0.8 U/kg/die ed emoglobina glicata compresa tra 7.5% e 9,9%. È stato evidenziato un iniziale beneficio in termine di riduzione dell’emoglobina glicata a 3 mesi dall’inizio della terapia, tale beneficio però scompare dopo 26 settimane di terapia portando a concludere che l’aggiunta di metformina non migliora il controllo metabolico in pazienti con diabete 1.5. Tuttavia il BMI in questi pazienti ha mostrato una significativa riduzione nel tempo dei soggetti trattati con metformina, una lieve riduzione del colesterolo LDL e del fabbisogno insulinico. Per quanto riguarda la sicurezza è stato osservato un numero maggiore di ipoglicemie ed eventi avversi a livello gastrointestinale nel gruppo di pazienti trattati con metformina con profilo di tollerabilità complessivamente buono.