7/2020

A cura di Carmelo Pistone

Kimber M. Simmons, Jay M. Sosenko, Megan Warnock, Susan Geyer, Heba M. Ismail, Helena Elding Larsson, and Andrea K. Steck

One-Hour Oral Glucose Tolerance Tests for the Prediction and Diagnostic Surveillance of Type 1 Diabetes

The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2020, Vol. 105, No. 11, 1-8

DOI: 10.1210/clinem/dgaa592

 

Dal 2001, la rete TrialNet conduce studi focalizzati sulla diagnosi preclinica del diabete mellito di tipo 1 (DMT1) e sulla possibilità di prevenirne o ritardarne farmacologicamente l’esordio. I soggetti reclutati sono perlopiù familiari di pazienti affetti da DMT1 con positività per uno o più auto-anticorpi che precede la diagnosi della malattia. Parallelamente, sono condotte campagne di screening sulla popolazione generale dirette all’identificazione di bambini e adolescenti auto-anticorpi-positivi.

Il monitoraggio del rischio di DMT1 si basa sull’esecuzione del classico test orale di tolleranza al glucosio (OGTT), della durata di 2 ore. L’utilizzo di specifici scores permette, poi, di stimare il livello di rischio di sviluppo di DMT1 negli anni successivi. Tra questi, il Diabetes Prevention Trial-Type 1 Risk Score (DPTRS), formulato nel 2015, si è dimostrato il metodo di misura più accurato nella predizione del rischio, come verificato nei due grandi gruppi di partecipanti al Diabetes Prevention Trial-Type 1 Diabetes Study (DPT-1) e al TrialNet Pathway to Prevention (TNPTP) study. Il DPTRS utilizza le seguenti variabili: il livello sierico di C-peptide a digiuno; i livelli sierici di glucosio e C-peptide a 30, 60, 90 e 120 minuti; l’età; l’indice di massa corporea (BMI).

Sempre nel 2015, lo stesso gruppo di studio ha formulato un secondo score, Index60, volto a identificare, tra i soggetti con elevato DPTRS, quelli a maggior rischio di imminente esordio della malattia. Index60, semplificato rispetto al precedente, prende in esame i valori sierici di C-peptide a digiuno e a 60 minuti e di glucosio a 60 minuti.

Nello studio di Simmons et al., qui presentato, è proposto un nuovo score, chiamato DPTRS60, ricavato da un OGTT di soli 60 minuti. La volontà di eseguire un test “ristretto” nasce dalla necessità di accorciare i tempi di esecuzione e di ridurre il numero di prelievi e di analisi di laboratorio, con il fine di migliorare la compliance dei partecipanti e abbassare i costi della procedura.

L’obiettivo primario dello studio è stato dimostrare una pari efficacia predittiva del nuovo score rispetto al DPTRS classico. Secondariamente, è stata valutata la possibilità di individuare un cut-off glicemico a 60 minuti per la definizione di soglia di rischio di sviluppo di DMT1, con un valore predittivo sovrapponibile allo standard di 140 mg/dL a 120 minuti che notoriamente definisce l’alterata tolleranza glucidica (IGT).

I dati sono stati ottenuti dalle due popolazioni esaminate negli studi DPT-1 e TNPTP, ossia familiari con auto-anticorpi-positivi di soggetti con DMT1. I soggetti erano stati sottoposti ad un OGTT di 120 minuti al baseline e ad intervalli successivi di 6 o 12 mesi, con dosaggio dei livelli sierici di glucosio e C-peptide a 0, 30, 60, 90 e 120 minuti.

Il DPTRS60 è stato calcolato a partire dalle medesime variabili considerate per il DPTRS: in questo caso, tuttavia, accanto ad età, BMI e C-peptide a digiuno, sono stati utilizzati solo i livelli di glicemia e C-peptide a 60 minuti.

Nella valutazione della sua efficacia predittiva, DPTRS60 è stato confrontato con il DPTRS standard e con la soglia dell’IGT. L’analisi delle curve ROC tempo-dipendenti ottenute dai due gruppi di partecipanti ha dimostrato, per i primi due scores, una specificità ed una sensibilità parimenti elevate a 1, 2, 3 e 5 anni dal baseline; la soglia di IGT si è, invece, rivelata meno accurata a partire dai 3 anni dal baseline.

Secondo obiettivo è stato di identificare una soglia glicemica a 60 minuti con significato diagnostico e prognostico simile a quello della soglia di IGT. Un livello di 180 mg/dL ha dimostrato sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e valore predittivo negativo elevati. Tale soglia permetterebbe di escludere, con una probabilità simile a quella dell’IGT, l’esordio di DMT1 nei 6 mesi successivi.

In aggiunta, una glicemia di 180 mg/dL è stata riconosciuta come il valore soglia a 60 minuti che può essere utilizzato per la stima a breve-medio termine del rischio di sviluppo di malattia. Gli Autori propongono, come protocollo operativo delle visite di screening, la misurazione della glicemia 60 minuti dopo il carico orale di glucosio, seguita, per un valore <180 mg/dL, dall’interruzione dell’OGTT o, in caso contrario, dalla prosecuzione dello stesso al fine di escludere una diagnosi di DMT1 conclamato. Al contempo, considerate le similitudini tra la soglia di 180 mg/dL a 60 minuti e quella di 140 mg/dL a 120 minuti, la prima potrebbe a tutti gli effetti essere considerata un criterio per la definizione di IGT, tanto nel percorso diagnostico del diabete mellito di tipo 1 quanto in quello del diabete mellito di tipo 2.

 

Link all’articolo: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32844178/

 

A cura di Gaia Vincenzi

Lain SJ, Wiley V, Jack M, Martin AJ, Wilcken B, Nassar N.

Association of elevated neonatal thyroid-stimulating hormone levels with school performance and stimulant prescription for attention deficit hyperactivity disorder in childhood

Eur J Pediatr. 2020 Oct 14. doi: 10.1007/s00431-020-03828-9. Online ahead of print.PMID: 33057816

 

L’introduzione dello screening neonatale per l’ipotiroidismo congenito (IC) ha permesso di identificare i soggetti affetti e di iniziare precocemente il trattamento con L-Tiroxina al fine di prevenire il ritardo neuromotorio associato. Il dosaggio del TSH su sangue capillare è il metodo più sensibile utilizzato per lo screening dell’IC; tuttavia non vi è consenso internazionale in merito al valore ottimale di cut-off da utilizzare. Inoltre, alcuni programmi di screening hanno progressivamente ridotto il cut-off (6-10 mIU/L) con conseguente aumento di incidenza dei casi identificati. Sebbene sia evidente l’associazione tra forme severe e non trattate di ipotiroidismo neonatale e ritardo psicomotorio, è tutt’ora dibattuto l’impatto di una modesta alterazione della funzionalità tiroidea nel periodo neonatale: i risultati degli studi presenti in letteratura sono contrastanti e presentano limiti tra cui il basso numero di soggetti analizzati e l’inclusione di neonati con anomalie cromosomiche o nati pre-termine. 

 

L’obiettivo di questo studio consiste dunque nel valutare l’associazione tra livelli di TSH modestamente elevati ma ancora nei limiti del cut-off utilizzato dal programma di screening neonatale australiano (cut-off TSH 15 mIU/L) e l’outcome neuromotorio valutato in termini di ridotte performance scolastiche e prescrizione di farmaci psicostimolanti in quadri di disturbo da deficit di attenzione iperattività (ADHD).

 

Lo studio include 232.790 bambini nati a termine in Australia, tra il 2001 e il 2006, con riscontro di valori di TSH allo screening neonatale - effettuato tra la 2° e la 4° giornata di vita <15 mIU/L (valore corrispondente al cut-off) e con disponibilità dei dati relativi alle performance scolastiche all’età di 8-9 anni. Sono stati esclusi i soggetti con Apgar inferiore a 7 a 5 minuti e affetti da cromosomopatie (es. sindrome di Down) o patologie neurologiche associate ad alterazione dello sviluppo neuromotorio. La valutazione delle performance scolastiche viene sistematicamente effettuata sul territorio australiano tramite il programma NAPLAN (National Assessment Program Literacy and Numeracy) che consiste nella valutazione dell’acquisizione di 5 domini (abilità di calcolo, lettura, grammatica, punteggiatura, scrittura e spelling). Tale programma prevede l’esclusione dall’esecuzione di tali valutazioni per quei bambini noti per difetto nello sviluppo psicomotorio.

 

Tra i neonati inclusi nello studio con TSH allo screening <15 mIU/L sono state definite 5 sottocategorie in base al valore di TSH: <5.0 mIU/L, 5.0-5.9 mIU/L,6.0-7.9 mIU/L, 8.0-9,9 mI/L e 10.0-14.9 mIU/L. Per ciascuna sottocategoria sono state quindi analizzate le variabili relative al periodo neonatale, all’anamnesi materna e allo stato socio-economico familiare. Gli autori hanno inoltre valutato per ciascuna sottocategoria la proporzione di soggetti esclusi dal programma NAPLAN o che hanno ottenuto punteggi inferiori allo standard minimo nazionale nel dominio di abilità di calcolo e di lettura o per cui erano stati prescritti degli stimolanti in quadro di ADHD. E’ stata infine effettuata una valutazione degli outcome tra coppie di fratelli “discordanti”, ovvero coppie composte da un fratello con normale funzionalità tiroidea alla nascita (TSH< 5 mIU/L) e un secondo fratello con TSH 8-15 mIU/L, al fine di valutare l’impatto di fattori genetici ed ambientali.

 

Dalle analisi effettuate è emerso che, con l’aumento del valore del TSH rilevato allo screening, si è assistito a un progressivo incremento della proporzione di neonati nati di basso peso (<2500 gr), da taglio cesareo o in un contesto familiare sfavorevole. L’analisi multivariata di regressione, “aggiustando” i dati per fattori prenatali e socio-demografici, ha mostrato che soggetti con TSH neonatale compreso tra 10 e 15 mIU/L presentavano un aumentato rischio di esclusione dai test scolastici (aOR 1.63 (95% CI 1.06-2.69)) e di prescrizione di psicostimolanti per ADHD (aOR 1.57 (95% CI 1.10-2.24). Inoltre, dall’analisi condotta su 460 coppie di fratelli, è emerso che i fratelli con valori di TSH neonatali compresi tra 8 e 15 mIU/L erano a maggior rischio di esclusione dai test scolastici rispetto ai fratelli con normale funzionalità tiroidea, ma non presentavano differenze significative nella performance scolastica né nella prescrizione di psicostimolanti per ADHD.

 

L’elevato numero di soggetti inclusi nello studio ne rappresenta uno dei punti di forza, così come l’ampio range di fattori clinici, sociodemografici e ambientali analizzati come possibili fattori confondenti. Il principale limite dello studio è rappresentato invece dalla mancanza di informazioni   relative alla specifica diagnosi sottostante al ritardo neuromotorio dei bambini esclusi dalla valutazione NAPLAN e dalla non inclusione dei soggetti affetti da ADHD senza prescrizione di farmaco psicostimolante. In conclusione, i risultati di questo studio supportano l’ipotesi di una possibile associazione tra una modesta alterazione del TSH neonatale e ridotti outcome educazionali.

 

Link articolo: https://link.springer.com/article/10.1007/s00431-020-03828-9

 

A cura di Gianluca Piccolo

Alzahrani AS, Alswailem M, Alswailem AA, Al-Hindi H, Goljan E, Alsudairy N, Abouelhoda M. 

Genetic Alterations in Pediatric Thyroid Cancer Using a Comprehensive Childhood Cancer Gene Panel.

J Clin Endocrinol Metab. 2020 Oct 1;105(10). DOI: 10.1210/clinem/dgaa389.

 

Il carcinoma differenziato della tiroide (DTC) è il tumore endocrino maligno più frequente dell'età adulta. La sua incidenza, anche per il sempre maggior utilizzo dell'ecografia, è in costante aumento da oltre quarant’anni in ogni fascia d’età.

Il DTC pediatrico presenta caratteristiche differenti da quello dell'adulto, soprattutto in termini di coinvolgimento linfonodale, metastasi a distanza e mortalità.

Numerosi studi hanno analizzato le principali mutazioni genetiche del DTC dell’adulto, mentre poco è noto sulle caratteristiche genetiche di tali tumori in età infantile.

Questo studio retrospettivo approfondisce le caratteristiche genetiche del DTC in età pediatrica, utilizzando il pannello Oncomine Childhood Cancer Research Assay su piattaforma di next-generation sequencing, si propone l’obiettivo di individuare una correlazione tra genotipo, caratteristiche clinico-patologiche e prognosi.

Sono stati inclusi 48 pazienti (37 femmine, 11 maschi), di età inferiore ai 18 anni (il 37% con meno di 14 anni), sottoposti tra il 2004 ed il 2019 a tiroidectomia presso il King Faisal Specialist Hospital and Research Center di Riyadh, in Arabia Saudita. Il 90% ha ricevuto anche trattamento con iodio-131. I seguenti istotipi sono stati riscontrati: carcinoma papillare della tiroide classico (71%), variante follicolare (8%), variante diffusa sclerosante (8%), a cellule alte (tall cell, 1 caso) e variante colonnare (1 caso); in 4 casi è stato individuato un carcinoma a cellule di Hürthle. I pazienti presentavano multifocalità nel 33% dei casi, metastasi linfonodali nel 71%, coinvolgimento vascolare nel 46%, estensione extratiroidea nel 40%, metastasi polmonari nel 10%.

Tutti i tumori sono stati classificati come stadio 1 secondo l'American Joint Committee on Cancer Tumor Node Metastasis (AJCC TNM), eccetto i 5 casi di metastasi polmonari (stadio 2). Per valutare la risposta alla terapia durante il follow-up (mediana di 129,5 mesi) sono stati adottati i criteri della American Thyroid Association.

L'analisi genetica ha evidenziato mutazioni nel 69% dei campioni analizzati. In particolare: 21 casi con geni di fusione (geni ibridi formati da due geni precedentemente indipendenti), 13 casi con mutazione puntiforme, un caso di doppio gene di fusione (RET-PTC1 e ETV6-NTRK3).

Tra le principali alterazioni identificate vi erano: 

- BRAF V600E (19%): mutazione puntiforme predominante nei DTC degli adulti; in ambito pediatrico è meno diffusa e non si associa ad un istotipo specifico né a prognosi peggiore;

- RET-PTC1 (19%) e RET-PTC3 (8%): geni di fusione associati ad una maggior frequenza di metastasi linfonodali, coinvolgimento vascolare ed extratiroideo; non determinano un peggioramento dell’outcome;

- ETV6-NTRK3 (8%): gene di fusione riscontrato in pazienti in età più avanzata e spesso correlato a radiazioni nei DTC dell’adulto; il presente studio non conferma tale correlazione in età pediatrica.

- EML4-ALK (2%): gene di fusione molto raro nei DTC e comunemente associato ai tumori polmonari non a piccole cellule;

- PTEN (p.Y76*): mutazione nonsenso, primo riscontro in un DTC; in precedenza descritta solo nel glioblastoma multiforme e nel tumore al seno.

Gli Autori sottolineano come nel DTC pediatrico sia stata riscontrata una netta predominanza di geni di fusione, al contrario di ciò che è noto accadere nei DTC dell’adulto dove sono più frequenti le mutazioni puntiformi; non sono state trovate però variazioni statisticamente significative nei parametri analizzati in relazione al tipo di mutazione (puntiforme vs gene di fusione). Inoltre, in questo studio, non vi è una chiara associazione tra alterazioni genetiche e caratteristiche istopatologiche, né con lo stato clinico all'ultimo follow-up.

 

In conclusione, questo studio ha il pregio di aver documentato, per la prima volta, le più frequenti alterazioni genetiche associate al DTC in età pediatrica, evidenziandone le principali differenze rispetto alla genetica del DTC dell’adulto.

Di contro, il numero limitato di pazienti non ha consentito di correlare specifiche mutazioni con istotipo ed outcome. Inoltre, non è stata trovata alcuna differenza statisticamente significativa per sesso, età, istotipo, focalità e prognosi, tra tumori con mutazioni e tumori in cui l’analisi genetica non ne ha evidenziate.

Si rendono quindi necessari ulteriori studi che includano una maggior numerosità campionaria, con un miglior bilanciamento fra gli istotipi analizzati.

Link articolo: https://academic.oup.com/jcem/article-abstract/105/10/3324/5859128?redirectedFrom=fulltext

 

A cura di Giulia Rodari

Stefano Stagi, Salvatore De Masi, Erica Bencini, Stefania Losi, Silvia Paci, Maria Parpagnoli, Franco Ricci, Daniele Ciofi and Chiara Azza

Increased incidence of precocious and accelerated puberty in females during and after the Italian lockdown for the coronavirus 2019 (COVID-19) pandemic.

Italian Journal of Pediatrics (2020) 46:165 https://doi.org/ 10.1186/s13052-020-00931-3

 

É noto come l’età di inizio dello sviluppo puberale si stia progressivamente abbassando, soprattutto nel sesso femminile. Nel contesto della pubertà precoce o anticipata la familiarità rappresenta un importante fattore predisponente; al contrario il ruolo di fattori ambientali non è al momento ancora stato ben definito.

Lo studio si propone di valutare retrospettivamente l’incidenza di nuove diagnosi di pubertà precoce centrale (CPP) e la progressione delle pazienti precedentemente diagnosticate durante e dopo il periodo di lockdown instauratosi in Italia come misura di contenimento del contagio da COVID-19, comparandole con i dati dei precedenti 5 anni. In particolare, lo studio ha valutato l’impatto dell’incremento del BMI e dell’utilizzo di strumenti elettronici nelle pazienti considerate.

Lo studio ha incluso 49 pazienti di sesso femminile con CPP, suddivise in due gruppi: Gruppo 1 comprendente le nuove diagnosi di CPP e Gruppo 2 comprendente pazienti precedentemente identificate come CPP lentamente progressiva, il cui sviluppo puberale subiva però una rapida accelerazione durante e dopo il lockdown.

Di tali pazienti sono stati raccolti dati auxologici, clinici, bioumorali e radiologici che sono stati comparati con i rispettivi due gruppi di controllo seguiti dalla stessa unità operativa nel periodo compreso tra marzo e luglio negli anni dal 2015 al 2019. Inoltre, i genitori delle pazienti sono stati invitati a completare un questionario relativo alla frequenza di utilizzo di dispositivi elettronici prima e durante il lockdown.

Dallo studio sono emerse 37 nuove diagnosi di CPP (Gruppo 1) e l’accelerazione dello sviluppo puberale in 12 pazienti con CPP precedentemente classificata come lentamente progressiva (Gruppo 2). Il numero di nuove diagnosi di CPP è risultato significativamente maggiore della media dello stesso periodo nei 5 anni precedenti (16-19 nuovi casi/medesimo periodo/anno, p<0.0005). Non si sono osservate differenze statisticamente significative tra Gruppo 1 e 2 in termini di intervallo di tempo intercorso tra la comparsa del B2 e la diagnosi di CPP, tuttavia le pazienti del Gruppo 1 hanno mostrato una minore età cronologica al B2 (p<0.005) e alla diagnosi (p<0.0005), uno stadio di Tanner più avanzato alla diagnosi (p<0.05), livelli di LH e E2 basali maggiori, picchi di LH più elevati al test LHRH (p< 0.005), lunghezza uterina maggiore (p<0.005) e maggiore volume ovarico (p<0.0005). Allo stesso modo, il numero di pazienti con precedente diagnosi di CPP lentamente progressiva ed accelerazione dello sviluppo puberale è risultato superiore ai controlli (12 vs 2-3 casi/medesimo periodo anno, p<0.0005). In questo gruppo, i valori di LH basali (p<0.05) e di E2 (p<0.005) sono risultati significativamente aumentati così come il picco di LH al test LHRH (p<0.05). Tali pazienti hanno mostrato inoltre una più rapida progressione clinica in termini di stadi di Tanner (p<0.0005), maggiore lunghezza uterina (p<0.05) e volume ovarico (p<0.05). Infine, in entrambi I gruppi, durante il lockdown, il valore di BMI è aumentato significativamente (p<0.05) ed i genitori hanno riportato un concomitante aumento dell’utilizzo di dispositivi elettronici (p<0.0005).

In conclusione, i dati riportati in questo studio suggeriscono che, durante il lockdown, si sia assistito ad un incremento di incidenza e ad una rapida progressione della CPP. È verosimile che alla base di tale fenomeno vi siano trigger ambientali, quali l’incremento ponderale e l’aumentato utilizzo di dispositivi elettronici. Ulteriori studi multicentrici sono necessari per chiarire quali fattori siano effettivamente implicati ed i meccanismi con cui essi agiscano.

Link articolo: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7609833/