11/2019

Kawashima S, Nakamura A, Inoue T, Matsubara K, Horikawa R, Wakui K, Takano K, Fukushima Y, Tatematsu T, Mizuno S, Tsubaki J, Kure S, Matsubara Y, Ogata T, Fukami M, Kagami M. Maternal Uniparental Disomy for Chromosome 20: Physical and Endocrinological Characteristics of Five Patients. J Clin Endocrinol Metab. 2018;103(6):2083-2088. doi: 10.1210/jc.2017-02780

Da molto gli endocrinologi pediatri sono abituati a prendere in carico coorti di bambini SGA e con caratteristiche che suggeriscono una probabile origine genetico-sindromica. E' comune il sospetto clinico per la sindrome di Silver-Russell ma spesso ci si scontra con una genetica molecolare negativa e con l'assenza dei classici criteri per la diagnosi clinica (Netchine-Harbison scoring system). Questo interessante articolo sottolinea come un disordine dell'imprinting genomico di recente scoperta, la disomia uniparentale materna per il cromosoma 20 (UPD(20)mat), sia responsabile di oltre il 5% di questi casi. Questa alta percentuale deve indurre un cambiamento nella pratica clinica di chi si occupa di malattie rare, endocrinologia e genetica pediatrica. La ricerca di questa anomalia epigenetica deve diventare una prassi in caso di negatività dei test di screening per sindromi di Turner e Silver-Russell.

Essendo il gene GNAS (codificante per la proteina Gs-alpha) localizzato sul cromosoma 20 e soggetto ad espressione differenziale, l'assenza di espressione da parte del cromosoma paterno comporta un fenotipo Silver-Russell-like. Non solo. Il meccanismo molecolare di questo disordine dell'imprinting genomico presenta ulteriori risvolti per chi si occupa di endocrinologia pediatrica causando ipersensibilità recettoriale per i segnali mediati dalla Gs-alpha.

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Robinson C, Estrada A, Zaheer A, Singh VK, Wolfgang CL, Goggins MG, Hruban RH, Wood LD, Noë M, Montgomery EA, Guthrie LC, Lennon AM, Boyce AM, Collins MT. Clinical and Radiographic Gastrointestinal Abnormalities in McCune-Albright Syndrome. J Clin Endocrinol Metab. 2018 Nov 1;103(11):4293-4303. doi: 10.1210/jc.2018-01022

Mutazioni attivati del gene GNAS sono la causa della sindrome di McCune-Albright (MAS) caratterizzata da displasia fibrosa, macchie caffellatte ed endocrinopatie da iperfunzionante ghiandolare. Simili mutazioni sono state anche riscontrate in neoplasie mucinose papillari intraduttali (IPMN) e vari tumori gastrointestinali. In questo studio, gli autori indagano in 54 pazienti con MAS, mediante risonanza magnetica colangiopancreatografica (MRCP), la prevalenza di queste neoplasie del tratto gastroenterico riscontrando che ben il 56% dei pazienti presentava anomalie del tratto e il 46% neoplasie. Queste ultime (e in particolare le IPMN) si presentano ad un'età media nettamente inferiore rispetto a quella riscontrata nella popolazione generale venendo ad includere anche l'età giovanile. Queste anomalie, inoltre, correlano strettamente con una aumentata incidenza di pancreatite acuta e diabete mellito. In conclusione, questo studio amplia lo spettro fenotipo già noto della MAS aggiungendo la propensione allo sviluppo di questi istotipi tumorali. Fornisce interessanti dati sull'evoluzione e sulla storia naturale della malattia in età giovanile e adulta nonché indicazione all'esecuzione di indagini di imaging con una bassa soglia di sospetto se non di un vero e proprio screening.

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Melanie Cree-Green, Bryan C. Bergman, Eda Cengiz, Larry A. Fox,Tamara S. Hannon, Kellee Miller, Brandon Nathan, Laura Pyle, Darcy Kahn, Michael Tansey, Eileen Tichy, Eva Tsalikian, Ingrid Libman, and Kristen J. Nadeau. Metformin Improves Peripheral Insulin Sensitivity in Youth With Type 1 Diabetes. J Clin Endocrinol Metab, August 2019, 104(8):3265–3278

L’incidenza del diabete tipo 1 (DT1) ad esordio giovanile è in aumento in tutto il mondo e a questo, si associa anche un aumentato rischio di malattia cardiovascolare ad esordio precoce. Nella patofisiologia della malattia cardiovascolare in giovani e adulti con diabete tipo 1 è implicata l’insulino-resistenza (IR); è stato dimostrato che l’IR è preminente in adolescenti con diabete tipo 1 normopeso nel tessuto adiposo, fegato e muscolo scheletrico. Inoltre l’obesità, in aumento anche tra i giovani con diabete di tipo 1, peggiora l’IR ed il rischio cardiovascolare. La metformina è un farmaco sicuro che migliora l’insulino resistenza e il BMI in giovani con prediabete e diabete tipo 2 e riduce il rischio cardiovascolare e la mortalità in adulti con diabete tipo 2. È già stato dimostrato dagli stessi autori di questo studio che la metformina abbassa la dose di insulina giornaliera in adolescenti con DT1 sovrappesi/obesi con scarso controllo metabolico, cosi come migliora il BMI. L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’effetto diretto della metformina sulla sensibilità insulinica nel muscolo, fegato e tessuto adiposo in soggetti con diabete tipo 1. Si tratta di uno studio randomizzato controllato in cui sono stati coinvolti 37 ragazzi con DT1 (età 12-19 aa), randomizzati a ricevere per 3 mesi metformina o placebo (in aggiunta al trattamento insulinico) e sottoposti ad un clamp euglicemico iperinsulinemico prima e dopo il trattamento. Dai risultati si è visto che 3 mesi di terapia con metformina migliorano significativamente la sensibilità insulinica a livello periferico (muscolo e fegato) nei soggetti con diabete tipo 1 obesi/sovrappeso. Non è stato possibile valutare la sensibilità insulinica a livello del tessuto adiposo a causa dell'alta richiesta insulinica necessaria per controllare la glicemia notturna.

Commento: le complicanze cardiovascolari nel DT1 sono rare in età pediatrica perché in genere si manifestano dopo diversi anni di malattia quando magari il paziente è già transitato dal diabetologo dell'adulto, ma considerati gli esordi di DT1 sempre in età più precoce e l’aumento dell’obesità dovremmo abituarci anche a vedere e trattare questo tipo di complicanze.

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Andrea K. Steck, Fran Dong, Iman Taki, Michelle Hoffman, Kimber Simmons, Brigitte I. Frohnert, and Marian J. Rewers. Continuous Glucose Monitoring Predicts Progression to Diabetes in Autoantibody Positive Children.  J Clin Endocrinol Metab, August 2019, 104(8):3337–3344

Studi prospettici, come il TEDDY (The Environmental Determinants of Diabetes in the Young) e il DAISY (Diabetes Autoimmunity Study in the Young) hanno dimostrato che nei soggetti a rischio di diabete tipo 1 con autoanticorpi positivi è presente un periodo di disglicemia (alterata glicemia a digiuno: 100-125 mg/dl o alterata tolleranza glucidica: glicemia a 2 ore dopo OGTT 140-199 mg/dl) che precede l'esordio di diabete tipo 1 di diversi mesi o anni. La possibilità di identificare precocemente questo stadio di disglicemia potrebbe aiutare a preservare la secrezione di insulina esogena e prevenire le complicanze del diabete. Il monitoraggio continuo della glicemia (CGM) è in grado di rilevare l'iperglicemia post prandiale anche quando i livelli di emoglobina glicata sono nel range di normalità ovvero di rilevare la presenza di disglicemia prima della diagnosi di DT1. In questo studio sono stati analizzati i dati del CGM che è stato offerto ad un gruppo di partecipanti (n 23) dello studio DAISY che avevano 2 o più autoanticorpi per il diabete e confrontati con la progressione al diabete clinico; in particolare sono stati analizzati vari parametri del CGM per cercare di definire qual è il migliore predittore glicemico di progressione al diabete in soggetti a rischio. Dall’analisi si è visto che dei 23 partecipanti, 8 hanno sviluppato il diabete ad una età media di 13.8 anni durante una mediana di follow-up di 17.7 anni. Rispetto ai partecipanti che non hanno sviluppato il diabete, chi ha sviluppato il diabete aveva una elevata variabilità glicemica (SD, 29 vs 21 mg/dL; P  0.047). In conclusione, si è visto che il cut-off del 18% del tempo speso con glicemia >140 mg/dl predice la progressione al diabete clinico in bambini con autoanticorpi positivi

Commento: la possibilità di prevenire il diabete tipo 1 rappresenta ancora una sfida per il pediatra diabetologo, che ci auguriamo possa avvenire in un prossimo futuro. Nell’attesa, riuscire a identificare precocemente un esordio di diabete, grazie all’utilizzo del CGM, prevenendo cosi la chetoacidosi, preservando il più possibile la secrezione di insulina esogena e di conseguenza prevenendo le complicanze del diabete, sarebbe già un risultato soddisfacente

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